“La realtà economica ha ampiamente superato i tempi della politica, perché nell’ambito del Contratto collettivo nazionale degli studi professionali abbiamo censito 4.633 società che fanno capo a un libero professionista”. Secco il commento di Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, la Confederazione dei professioni italiani, al provvedimento che apre la strada alla costituzione di società tra professionisti, ammettendo anche soci di capitale con quote di minoranza, approvato dal Consiglio dei ministri del 2 novembre scorso.
Secondo i dati elaborati da Cadiprof, la Cassa di assistenza sanitaria integrativa per i dipendenti degli studi professionali, al 30 settembre scorso ben 4.633 società risultano iscritte alla Cassa e rappresentano il 6,6% delle circa 70 mila strutture professionali (unico titolare, studio associato, società, associazioni) aderenti al sistema della bilateralità di Confprofessioni. “Al di là della retorica, i dati confermano come le società di professionisti siano una realtà già ben radicata nel tessuto economico professionale” afferma Stella. “Pensiamo alle società di elaborazione dati dei consulenti del lavoro, alle società di ingegneria, ai laboratori di analisi medica… ciascuna categoria professionale si è già organizzata attraverso forme societarie, anche di capitale, per gestire attività strumentali o comunque direttamente collegate alla prestazione del singolo professionista”.
Nel dettaglio, le professioni più dinamiche nel gestire l’attività sotto forma di societaria sono quelle dell’area sanitaria, dove si contano 620 società che fanno riferimento a dentisti e odontoiatri e 436 a medici e specialisti. Alle spalle dell’area sanitaria, si piazzano commercialisti e consulenti del lavoro che hanno dato vita, rispettivamente, a 390 e 190 strutture societarie. Le società di ingegneria sfiorano invece le 400 unità. “Ben vengano le società tra professionisti, annunciate dal Governo, che sono certamente uno strumento operativo utile e apprezzabile” conclude Stella. “Ma di fronte alla crisi del settore professionale si poteva osare di più, per esempio, allargando i contratti di rete anche ai liberi professionisti per rendere più competitivo il comparto degli studi”.