Aggregazioni, il tappo è saltato

Dopo il via libera del decreto attuativo della riforma fiscale, che ha introdotto il principio di neutralità fiscale nelle operazioni di conferimenti, fusioni e scissioni relativi a società tra professionisti, si apre una nuova fase per la crescita organizzativa e dimensionale degli studi. Economie di scala, investimenti in tecnologie e sviluppo di competenze multidisciplinari sono le chiavi per rendere il settore professionale più efficiente e competitivo sul mercato

di Corrado Mandirola, founder e AD MpO – da il Libero Professionista Reloaded #24

 

Nell’ultimo quarto di secolo, il settore delle libere professioni in Italia ha subito trasformazioni profonde, dovute principalmente all’intensificarsi della competizione e alle mutate aspettative dei clienti. Un tempo prevalente il modello di professionista autonomo, ora si assiste a una spinta verso strutture organizzative più complesse e interconnesse. Questo spostamento è catalizzato dall’aumento dei professionisti iscritti agli ordini, che ha portato a una maggiore concorrenza e riduzione della clientela per singolo professionista, evidenziando la necessità di adattamento per restare competitivi.

Di fronte a queste sfide, molti studi professionali hanno iniziato a considerare l’aggregazione come strategia essenziale per rimanere rilevanti. Fusioni, acquisizioni e formazione di reti professionali sono diventati strumenti cruciali per migliorare l’efficienza, la redditività e l’ampiezza dell’offerta di servizi. I dati mostrano che anche le motivazioni dietro alle cessioni di studi sono mutate: se prima il pensionamento motivava due terzi delle operazioni, ora meno della metà segue questa tendenza, con l’aggregazione che diventa il driver principale.

Questa tendenza all’aggregazione segna una deviazione significativa dalla tradizione, sfidando le prassi consolidate e richiedendo un nuovo approccio aperto alla collaborazione e alla condivisione delle risorse. Il passaggio a modelli organizzativi simili a quelli aziendali sta rivoluzionando la cultura del settore, costringendo i professionisti a bilanciare l’autonomia individuale con i vantaggi di far parte di entità collettive più ampie.

Nonostante l’evidente bisogno di adattamento e innovazione, il sistema tributario italiano non ha finora supportato adeguatamente lo sviluppo di collaborazioni strutturate tra professionisti, a differenza delle aziende che beneficiano di neutralità fiscale. Questo ha frenato l’evoluzione del settore nonostante la crescente richiesta di servizi multidisciplinari e specializzati.

 

Neutralità fiscale

Dopo anni di richieste da parte dei professionisti, di Confprofessioni e di altre associazioni di categoria, nonché il sostegno di entità come MpO, specializzata in M&A per studi professionali, il recente decreto sulla neutralità fiscale riconosce finalmente la necessità di facilitare le aggregazioni e promuovere le Società tra Professionisti (STP). Ci aspettiamo che questo porti a un’accelerazione senza precedenti delle aggregazioni tra professionisti, catalizzata dalle nuove opportunità che questa riforma introduce. In base ai dati di MpO, osserviamo che un terzo degli studi professionali è pronto a riorganizzarsi sotto questo nuovo regime. In passato, abbiamo visto operazioni fallire per l’eccessiva pressione fiscale; inoltre, molti professionisti non avevano nemmeno considerato l’opzione di aggregarsi a causa del pesante onere fiscale.

In ogni caso, il desiderio di aggregazione nel settore professionale è palpabile. Secondo l’Osservatorio MpO, mentre nel periodo pre-covid due terzi delle operazioni erano guidate dalla necessità di gestire il passaggio generazionale, oggi questa motivazione interessa meno della metà delle operazioni. L’aggregazione sta emergendo come il principale fattore di cambiamento, con un aumento della quota di controparti sotto i 40 anni, che è raddoppiata dal 3% al 6%.

Guardando ai diversi settori professionali, secondo la nostra esperienza, i commercialisti e i consulenti del lavoro saranno tra i più dinamici: rappresentano già oltre due terzi delle operazioni, e sono anche quelli più versati in materia di fiscalità e operazioni di M&A. Anche i dentisti vedranno probabilmente un’accelerazione significativa: il decreto favorirà anche quelle operazioni in cui l’aggregatore è un grande gruppo, spesso supportato da fondi di investimento, dove l’operazione assume la forma di acquisto di quote di società di capitali. In questi contesti, il target professionale deve necessariamente trasformarsi, e ora potrà farlo beneficiando della neutralità fiscale.

Riteniamo inoltre che la neutralità fiscale potrebbe rivelarsi particolarmente vantaggiosa per gli studi più piccoli, riducendo le barriere iniziali all’ingresso nelle operazioni di aggregazione. A differenza degli studi più grandi, che di solito dispongono di maggiori risorse finanziarie e di una pianificazione strategica più robusta e considerano l’onere finanziario più un investimento strategico che un semplice costo, per gli studi più piccoli, anche un onere fiscale relativamente modesto può rappresentare un ostacolo significativo.

 

I vantaggi dell’aggregazione

L’aggregazione è una strategia essenziale per gli studi professionali che aspirano a crescere, condividere competenze e risorse, e navigare le sfide del mercato contemporaneo. Questa strategia consente di ottimizzare le strutture adottando modelli organizzativi più avanzati, aumentando l’efficienza e la competitività. L’aggregazione permette di rispondere alle esigenze di un mercato sempre più competitivo, facilitando economie di scala in attività ripetitive come la gestione di cedolini e il data entry. Inoltre, consente la condivisione dei costi per tecnologie avanzate, distribuendo l’investimento e amplificando l’accesso alle innovazioni. Questo tipo di struttura supporta anche lo sviluppo di competenze complementari, arricchendo l’offerta di servizi dello studio, migliorando la qualità della vita e delle condizioni lavorative dei professionisti e facilitando la gestione del passaggio generazionale dello studio, garantendo una transizione più fluida e strutturata.

Come evidenza dei benefici dell’aggregazione, i dati della Fondazione Nazionale Commercialisti mostrano che i commercialisti che esercitano la professione in forma associata o societaria godono di un reddito medio significativamente più elevato: 125 mila euro di reddito medio con un volume d’affari di 245 mila euro, rispetto ai 49 mila euro di reddito medio e 80 mila euro di volume d’affari di chi opera in forma individuale. Questi numeri sottolineano chiaramente il valore aggiunto dell’aggregazione nel contesto professionale moderno.

 

Le ultime barriere

Nonostante il quadro normativo sia in gran parte favorevole, persistono ancora alcune barriere significative alle aggregazioni, come l’impossibilità per i professionisti di partecipare a più di una Società tra Professionisti (STP) e, specificamente per gli avvocati, la limitazione di esercitare la professione forense all’interno di una STP multidisciplinare.