Il miraggio della parità

Aumenta la presenza femminile nella libera professione, ma il settore continua a essere caratterizzato da profonde disparità di genere in termini di reddito, distribuzione territoriale e settoriale. Ma è il divario retributivo a causare una criticità strutturale, evidenziando la necessità di politiche mirate per favorire l’equilibrio di genere e garantire pari opportunità di crescita professionale

di Ludovica Zichichi e Alessia Negrini – Osservatorio delle libere professioni

 

Negli ultimi quindici anni, la libera professione in Italia ha subito un’evoluzione significativa, sia dal punto di vista numerico sia nella composizione per sesso. In particolare, il numero di libere professioniste è cresciuto sensibilmente con ritmi più sostenuti rispetto ai colleghi uomini, determinando una trasformazione della struttura demografica del settore. Tuttavia, persistono disparità rilevanti in termini di reddito, distribuzione settoriale e territoriale.

Dal 2009 al 2023, il numero di liberi professionisti in Italia è aumentato di circa 211 mila unità (+18,4%), passando da 1,15 milioni a 1,36 milioni. Il contributo femminile a questa crescita è stato preponderante: le donne sono aumentate del 49% (+157.500 unità), mentre gli uomini hanno registrato un incremento più modesto (+6,5%, pari a 53.500 unità). Questo fenomeno ha portato la quota di professioniste a salire dal 28% nel 2009 al 35,3% nel 2023. Nonostante la crisi economica del 2020 ha avuto un impatto negativo, con una riduzione del numero complessivo di professionisti, che ha colpito in misura maggiore la componente femminile, nel 2024 si osserva una ripresa significativa, che potrebbe favorire un recupero della quota di donne nella libera professione.

La professione invecchia

Oltre alla dimensione numerica, è interessante osservare il cambiamento demografico della categoria. L’invecchiamento della popolazione attiva ha avuto un impatto anche sulla libera professione: oggi, metà dei professionisti uomini ha più di 50 anni, mentre nel 2009 la mediana era 44 anni. Per le donne, l’età mediana è passata da 40 a 45 anni. Il segmento femminile della libera professione risulta, dunque, mediamente più giovane rispetto a quello maschile, sebbene anch’esso stia invecchiando. L’analisi delle fasce di età mostra che la crescita più elevata, in termini relativi, si è verificata tra le professioniste over 55.

La ripresa del Mezzogiorno

A livello geografico, il peso della componente femminile nella libera professione varia sensibilmente. Nel 2023, la quota di professioniste era compresa tra il 38% e il 35% nel Centro-Nord, mentre nel Mezzogiorno scendeva al 32,2%. Nonostante il divario storico tra Nord e Sud, negli ultimi anni la crescita della presenza femminile è stata più intensa nel Meridione, contribuendo a ridurre leggermente lo squilibrio. Le regioni con la maggiore incidenza di donne professioniste sono Emilia-Romagna, Molise, Liguria e Lazio, con valori superiori al 39%, mentre Calabria, Sardegna e Campania registrano le quote più basse (circa il 30%).

Camici e toghe in pole position

L’analisi settoriale rivela una distribuzione fortemente polarizzata della presenza femminile. Nel settore “Sanità e assistenza sociale”, le donne rappresentano il 51,9% del totale dei professionisti, mentre nelle professioni legali costituiscono il 43,1%. In ambiti come l’ingegneria, la finanza, il commercio e l’immobiliare, invece, la presenza femminile è significativamente inferiore, oscillando tra il 22% e il 24%. Questo suggerisce una segregazione settoriale, con le donne più concentrate in ambiti tradizionalmente legati all’assistenza e ai servizi alla persona.

Tutti i nodi del pay gap

Un aspetto particolarmente critico riguarda il divario reddituale di genere. Secondo i dati delle Casse previdenziali, nelle denunce del 2023 il reddito medio annuo dei professionisti era di circa 44 mila euro, ma con differenze marcate tra uomini e donne. Il reddito medio maschile si attestava attorno ai 54 mila euro, mentre quello femminile era di circa 29 mila euro, con un gap di 25 mila euro. Le differenze erano evidenti anche su base territoriale: al Nord, i professionisti percepivano mediamente quasi 55 mila euro annui, contro i 30 mila euro del Mezzogiorno. La percentuale di reddito femminile rispetto a quello maschile risultava del 51,5% al Nord, del 51,3% al Centro e del 54,6% al Sud. Anche l’età incide significativamente sul reddito. Il divario di genere è relativamente contenuto nelle fasce più giovani, ma si amplia in età più avanzata. Tra i professionisti di 51-60 anni, il reddito medio femminile era di circa 37.400 euro, rispetto ai 67 mila euro degli uomini, evidenziando una forbice di quasi 30 mila euro. Tra i 41-50enni, la differenza era di circa 27 mila euro, mentre tra i 61-70enni si attestava sui 24 mila euro.

Uno sguardo ai dati della Gestione Separata Inps conferma questo scenario. Tra il 2014 e il 2023, il numero di professionisti iscritti è cresciuto notevolmente, passando da 259 mila a 415 mila. Ancora una volta, le donne hanno guidato questa crescita, arrivando a rappresentare quasi il 48% del totale. Il Nord ha registrato il maggior incremento assoluto, mentre il Mezzogiorno ha segnato la crescita percentuale più alta. Tuttavia, sul piano retributivo, il divario di genere resta evidente: le donne guadagnano in media circa il 71% in meno rispetto agli uomini. Anche per questi professionisti, la differenza è minore tra i giovani e si amplia con l’età.

Il differenziale retributivo

Il confronto tra i redditi dei liberi professionisti e quelli dei lavoratori dipendenti offre ulteriori spunti di riflessione. I dati mostrano che, in tutti i casi, le donne percepiscono compensi inferiori agli uomini. Il divario reddituale a favore degli uomini varia da circa 25 mila euro per i professionisti iscritti alle Casse private a circa 7.300 euro per quelli iscritti alla Gestione Separata Inps. La situazione appare particolarmente critica per le professioniste iscritte alle Casse, con possibili ripercussioni sui percorsi di carriera. Mentre per gli uomini la libera professione può rappresentare un’opportunità per ottenere redditi più elevati, per le donne il settore pubblico offre mediamente compensi migliori.

I professionisti iscritti alle Casse guadagnano in media il 30% in più rispetto ai dipendenti pubblici, mentre le libere professioniste iscritte alle Casse percepiscono un reddito inferiore del 10% rispetto alle lavoratrici pubbliche. Questa differenza di prospettiva reddituale emerge con ancora maggiore evidenza se si osserva la percentuale del reddito femminile rispetto a quello maschile: le donne libere professioniste percepiscono solo il 54% del reddito dei colleghi uomini, mentre tale percentuale sale al 77% per le dipendenti pubbliche. Inoltre, secondo i dati Istat sulle Forze di lavoro, tra il 2018 e il 2023 si registra una tendenza tra le giovani laureate a preferire il lavoro dipendente rispetto alla libera professione, probabilmente per la ricerca di maggiori tutele e stipendi più alti.

 

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