Partite Iva, la metà non supera i 15 mila euro

Presentata a Roma l’indagine Vita da professionisti sulle condizioni del lavoro autonomo in Italia È stata presentata il 15 aprile a Roma, l’indagine “Vita da professionisti”, un’istantanea della condizione del lavoro autonomo in Italia. Realizzata dall’Associazione Bruno Trentin con il contributo e il supporto della Consulta delle Professioni della Cgil e della Filcams Cgil, la
Presentata a Roma l’indagine Vita da professionisti sulle condizioni del lavoro autonomo in Italia

È stata presentata il 15 aprile a Roma, l’indagine “Vita da professionisti”, un’istantanea della condizione del lavoro autonomo in Italia. Realizzata dall’Associazione Bruno Trentin con il contributo e il supporto della Consulta delle Professioni della Cgil e della Filcams Cgil, la ricerca si è rivolta ai professionisti non dipendenti, di qualsiasi settore, che operano come autonomi o con qualsiasi forma contrattuale a termine, discontinua o precaria. La presentazione è stata preceduta da un incontro tra la Cgil, con la partecipazione del segretario generale, Susanna Camusso, e i rappresentanti di diverse associazioni dell’universo del lavoro autonomo, tra cui Confprofessioni.

Secondo i dati emersi dalla ricerca, condotta su un campione di 3,4 milioni di professionisti in Italia, queste figure tengono molto alla propria identità di “professionisti-autonomi” nonostante le scarse tutele, solo il 15,1% sogna infatti il posto fisso.

Questo popolo viene comunemente definito “delle partite Iva”, considerato che il 74% lavora con tale tipologia fiscale, mentre solo il 18% si definisce “parasubordinato”. Il 50%, infatti, lavora con più committenti, il 33% ha un rapporto variegato di cui uno principale e il 17% ha un solo committente. La percentuale con monocommitenza equivale appunto a quella di coloro che si definiscono “parasubordinati” e vivono in una condizione di lavoro dipendente mascherato.

A fronte di un reddito che per il 47% degli intervistati non supera i 15 mila euro annui (solo il 21,7% supera i 30 mila euro), uno su tre desidera avere un compenso più alto, mentre la metà del campione “punta ad avere maggior continuità occupazionale con più tutele”.

Le richieste rivolte al sindacato e alle associazioni professionali riguardano innanzitutto la riforma del sistema previdenziale, seguita da quella relativa al regime agevolato per i redditi più bassi. Per il 79,6%, infine, sarebbe utile istituire un equo compenso in relazione al valore della prestazione sotto il quale il datore di lavoro non deve scendere.