Sanzionabile il prelievo ingiustificato del professionista

Un comma allo schema di decreto riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo aggira la sentenza della Corte Costituzionale. Sanzioni fino al 50% delle somme prelevate dal bancomat All’articolo 11 del D.Lvo 18 dicembre 1997, n.471, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente comma: 7 bis- «La mancata o inesatta indicazione del soggetto beneficiario
Un comma allo schema di decreto riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo aggira la sentenza della Corte Costituzionale. Sanzioni fino al 50% delle somme prelevate dal bancomat

All’articolo 11 del D.Lvo 18 dicembre 1997, n.471, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente comma: 7 bis- «La mancata o inesatta indicazione del soggetto beneficiario delle somme prelevate nell’ambito dei rapporti e delle operazioni di cui all’articolo 32, primo comma, n. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è punita con la sanzione dal 10 al 50 per cento delle predette somme, salvo che non risultino dalle scritture contabili».  È quanto prevede il comma 7 bis aggiunto all’art. 11 del Dlgs 471/97, che ha reintrodotto la sanzione per prelievo “ingiustificato” dal bancomat. Il blitz è contenuto nello schema di decreto Riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo, contenuto nel pacchetto fiscale approvato da Palazzo Chigi a fine giugno,nonostante la sentenza della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionale ascrivere a compensi professionali (cioè reddito non dichiarato) il denaro prelevato dal conto corrente dal professionista.

Lo schema di decreto prevede infatti una sanzione, variabile in una percentuale dal 10 al 50% della somma prelevata, se il professionista non indica l’esatta indicazione del soggetto beneficiario o comunque senza una spiegazione plausibile risultante dalle scritture contabili. In sostanza, in occasione di accertamenti bancari chi non indica (o indica in modo inesatto) il beneficiario dei prelievi può essere sanzionato. La possibilità di fare accertamenti fiscali sui prelievi dal conto corrente non documentati è nata nel 2005 con il comma 402 della Legge Finanziaria di allora ed era principalmente rivolta alle imprese. Alla possibilità per il Fisco di fare accertamenti, opzione introdotta dal Governo Berlusconi, il Governo Renzi aggiunge la sanzionabilità. L’obiettivo resta quello di combattere l’evasione fiscale e cercare di tracciare accuratamente tutti i pagamenti; in più si cercherebbe di scoraggiare l’uso del contante.

In base al contestato comma 7-bis, in caso di accertamento, gli Uffici delle imposte possono invitare il professionista-contribuente a fornire dati sul soggetto beneficiario dei prelevamenti (e anche degli importi riscossi) e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei suoi confronti; possono poi essere sanzionabili, in quanto compensi se il contribuente non ne ha indicato l’esatto beneficiario, “salvo che non risultino dalle scritture contabili”.

La pretesa sanzionatoria va ad inserirsi in una norma sulla quale c’è stata una recente pronuncia di parziale incostituzionalità. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato incostituzionale ascrivere a compensi professionali (cioè reddito non dichiarato) il denaro prelevato dal conto corrente dal professionista: per la Consulta una siffatta associazione di idee lede il principio di ragionevolezza e di capacità contributiva. Per aggirare la sentenza, sull’uso del contante non scatterebbe più una sorta di ‘presunzione legale’ da parte del fisco, ma tutti i possessori di partita Iva sarebbero costretti a dimostrare attraverso giustificativi l’uso che hanno fatto del denaro contante. Tuttavia, i rilievi emersi a suo tempo sulla costituzionalità del provvedimento potrebbero emergere anche in questo caso.