Avvocati in lite con il Fisco per la tutela del contribuente

Il Consiglio Nazionale Forense si schiera dalla parte del contribuente Avvocati dalla parte del contribuente. Uno schieramento netto e senza mezzi termini quello dichiarato dal presidente del Consiglio nazionale forense,
Il Consiglio Nazionale Forense si schiera dalla parte del contribuente

Avvocati dalla parte del contribuente. Uno schieramento netto e senza mezzi termini quello dichiarato dal presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in termini di giustizia tributaria. Gli avvocati individuano nello Statuto del contribuente il testo di riferimento fondamentale . «Negli ultimi anni abbiamo assistito alla frequente disapplicazione delle norme dello Statuto del contribuente – spiega Alpa – e al ricorso a calcoli presuntivi che operano a svantaggio del contribuente, per esempio con l’introduzione di metodi accertativi sintetici come quelli che stanno alla base degli studi di settore. Creando così un pericoloso fattore di incertezza del diritto e delle stesse operazioni che si svolgono sul mercato». Una dichiarazione di guerra in piena regola agli studi di settore e all’eccessiva ampiezza di poteri del Fisco.
A rincarare la dose ci pensano i dati diramati dal presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, Daniela Gobbi: dalla relazione annuale emerge che in primo grado, quando il contribuente impugna un atto, nel 41% dei casi la Pubblica amministrazione soccombe (si fermava al 36% nel 2009). Se poi l’Agenzia ricorre in appello, la percentuale media di soccombenza sale al 56%. Questi numeri spingono il presidente del Cnf ad affermare «l’esigenza di rendere concreto anche nella giustizia tributaria il principio del giusto processo inteso nel senso della parità delle posizioni del contribuente e dello Stato dinanzi al terzo giudice imparziale». Il Consiglio nazionale forense ha stilato anche un elenco di obiettivi da perseguire per una riforma della giustizia tributaria: definire per legge il concetto di abuso del diritto; prevedere l’impossibilità di iniziare un’azione esecutiva sui beni del contribuente prima che intervenga la pronuncia del giudice di primo grado; garantire un corretto e limitato uso dello strumento delle presunzioni. A queste richieste si aggiungono le proteste per l’eccesso di potere in mano all’Agenzia delle entrate. «Spesso – osserva Alpa — le azioni esecutive risultano prive della giusta proporzionalità tra la misura del debito ed il valore dei beni, mettendo a repentaglio la funzionalità delle imprese. Situazione destinata ad aggravarsi con l’entrata in vigore delle nuove norme prevista dal 1 luglio di quest’anno». Nell’infinita «battaglia» tra contribuenti e fisco, i commercialisti sembravano essere l’unica categoria coinvolta. Adesso anche gli avvocati hanno scelto da che parte stare.

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