Aperture: distanti ma vicini

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Antonio Zuliani,
psicologo psicoterapeuta, membro del CEN dell’Associazione Psicologi Liberi Professionisti

Oggi si parla di riapertura di attività in presenza, salvo il mantenimento delle distanze di sicurezza determinate dalla pandemia. Abbiamo appena assistito, con tutte le contraddizioni del caso, alla riapertura degli stadi per gli Europei 2020. A fronte di questa situazione le soluzioni più efficaci sono quelle che aiutano le persone a scegliere comportamenti adeguati, uscendo dalla tentazione di pensare che se ciò non avverrà sarà da attribuire alla loro irresponsabilità. Per fare questo può essere utile riflettere su cosa le persone saranno spinte a fare e, per aiutarci a comprenderlo, prendiamo in considerazione il tatto.

Il tatto è il primo senso attraverso il quale incontriamo il mondo, nonché l’ultimo che ci accompagna alle soglie della morte. Un senso mediato dalla pelle, che caratterizza le relazioni interpersonali. Il tatto vive solo attraverso la reciprocità. Possiamo guardare senza essere guardati, sentire da lontano, ma non possiamo toccare senza essere toccati. Inoltre sappiamo che è ben diverso toccare un oggetto o toccare ed essere toccati da una persona, specie se teniamo a lei.

Con la pandemia il tatto è stato allontanato dall’esperienza quotidiana proprio nel momento in cui avevamo più bisogno di essere toccati e di toccare, perché spaventati dalla paura del contagio.

Non dobbiamo stupirci quindi se il primo desiderio di ognuno, non appena ne abbiamo la possibilità, sia quello di toccare gli altri, tanto più le persone vicine e appartenenti allo stesso gruppo sociale; ci sentiamo letteralmente gettati “gli uni tra le braccia degli altri” soprattutto se stiamo vivendo un momento di gioia condivisa.

Per evitare di cadere nella retorica della irresponsabilità altrui, e per rendere possibile il mantenimento delle distanze, occorre pensare a strategie che ci aiutino a sentirci uniti rafforzando altri riti di appartenenza che caratterizzano ogni gruppo sociale e che confermino il bisogno di sentirsi uniti, pur rinunciano al contatto fisico.

Si tratta di strategie che non potranno mai sostituire il contatto. Ma limitarsi a proibire significa scegliere di essere vissuti come “nemici” e spingere le persone a ribellarsi; questa è la condizione peggiore per gestire una situazione con molte persone presenti. Trovare, magari assieme, una soluzione condivisa può aiutare!