FIMMG Lombardia: apprezzamento per la riforma della sanità regionale

Il segretario regionale Paola Pedrini però avverte: "Non basta una proposta di legge per superare errori decennali di programmazione"

FIMMG Lombardia manifesta apertura nei confronti della proposta della Giunta Lombarda per il riordino del servizio sanitario regionale. “La Regione ha preso atto della necessità di un riordino delle cure primarie, e questo ci permettere di esprimere un sincero apprezzamento” ha dichiarato Paola Pedrini, segretario regionale FIMMG Lombardia. “La nuova organizzazione distrettuale all’interno del Servizio Sanitario Regionale, con risorse finalmente dedicate al territorio, rappresenta un segnale importante, così come un segnale importante è la previsione di poter affidare la direzione del distretto a un medico di famiglia, superando le difficoltà di contrattualizzazione che fino ad ora lo avevano impedito. Altro segnale importante è la possibilità di affidare ai medici di famiglia la gestione delle Case della Comunità, anche per il tramite delle loro cooperative, permettendo tra l’altro alle stesse di continuare  le attività che hanno caratterizzato il loro lavoro, sostanzialmente unico a livello nazionale (piattaforme di telemonitoraggio domiciliare per pazienti Covid e fragili, e gestione di centri vaccinali di prossimità tutti gestiti da medici di famiglia in collaborazione con i Comuni)”.

“Il medico di famiglia rimane un libero professionista e la scelta del proprio medico da parte del cittadino rimane libera, elementi essenziali”, continua Paola Pedrini, “per garantire il mantenimento della caratteristica fondamentale della nostra professione, quella di seguire nel tempo, in modo continuativo e complessivo l’assistito, ciò che viene messo in crisi in questi mesi dal ricambio generazionale, a causa della grave carenza di professionisti”.

La collocazione del dipartimento di cure primarie nell’ASST, garantendo tuttavia la possibilità di svolgere la contrattazione periferica a livello di ATS, senza dover moltiplicare il numero dei tavoli di concertazione aziendale, per la FIMMG Lombardia è una ragionevole sintesi organizzativa. L’associazione esprime inoltre soddisfazione per la prosecuzione e l’affinamento della presa in carico della cronicità, come attività specifica della medicina di famiglia. 

“Non basta però una proposta di legge”, prosegue Paola Pedrini, “per superare le conseguenze di errori decennali di programmazione, anche a livello nazionale”. Per la FIMMG Lombardia infatti è necessario inoltre rendere appetibile la professione per i giovani medici. Il corso di formazione specifica in medicina generale (il corso triennale, gestito dalla regione in quanto di pertinenza del Fondo Sanitario Nazionale, cui si accede per concorso), rischia di perdere qualsiasi interesse per i colleghi che aspirano a diventare medici di famiglia. 

L’aumento del numero delle borse per le scuole di specialità gestite dall’Università, la differenza di retribuzione con quelle del corso per medici di famiglia (1800 euro contro 800 euro mensili), la naturale attrattività del titolo accademico, e la difficoltà da parte dei responsabili regionali di quest’area di trasmettere e valorizzare i contenuti professionali innovativi che hanno caratterizzato l’area della medicina generale della nostra regione, per la FIMMG Lombardia rischiano di relegare il corso di formazione dei medici di famiglia in una sorta di riserva di seconda scelta, che senz’altro non gioverà allo sviluppo della medicina territoriale lombarda. Alcune recenti determinazioni regionali sull’organizzazione del corso, hanno destato più di una preoccupazione nell’organizzazione ed è per questo che è stato chiesto alla Regione una serie di interventi migliorativi, per evitare il rischio di abbandoni del corso e per migliorare la sua organizzazione e siamo in attesa di un riscontro in tempi brevi.

 

“L’istituzione inoltre del comitato d’indirizzo cure primarie che permetterà un continuo coinvolgimento sui temi della formazione specifica e della gestione dei pazienti cronici rappresenta per noi un punto significativo del riconoscimento del ruolo della professione nel miglioramento continuo della sanità territoriale” aggiunge Pedrini. “Se non si coinvolgeranno però i professionisti nelle scelte, continuando a perseguire una politica di task shifting inappropriato (cosa fa il medico, cosa fa l’infermiere, cosa fa il farmacista), se si proseguirà con una programmazione debole e con una gestione top down delle decisioni, se non si costruirà in Assessorato un forte e appassionato supporto tecnocratico dedicato alle cure primarie, il rischio è di veder fallire gli sforzi della politica anche laddove la stessa sembra aver compreso le esigenze del territorio e della gente che lo vive. Senza i medici non si va da nessuna parte, noi medici di famiglia ci siamo”.