La salute come risultato multifattoriale

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Elisa Mulone

Psicologa e psicoterapeuta

Presidente Nazionale PLP

L’OMS nel 1948 ha definito la salute come “stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto assenza di malattia o di infermità”. Sempre più ricerche stanno dimostrando che la salute è il risultato di un complesso processo che coinvolge più livelli. La PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia), ad esempio, è una disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra il sistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Nella PNEI convergono, all’interno di un unico modello, conoscenze acquisite dall’endocrinologia, dall’immunologia e dalle neuroscienze dove l’organismo umano viene visto come una unità strutturata e interconnessa e dove i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente.

È stato dimostrato, ad esempio, che la malattia coronarica non si riduce al semplice accumulo di colesterolo all’interno delle arterie, ma si configura come una malattia infiammatoria sistemica. Inoltre, essa è influenzata dalla qualità di vita e dalle abitudini che comportano differenti livelli di stress. Eventi di vita stressanti, come calamità naturali, crisi finanziarie, attacchi terroristici e guerre, così come anche eventi carichi di emozioni positive sono noti trigger per eventi cardiaci acuti.

Generalmente abbiamo una buona capacità di adattamento ai cambiamenti, traducibile con il termine allostasi. Essa è la capacità degli organismi viventi di mantenersi stabili e vitali attraverso il cambiamento, adattando i propri sistemi interni ai cambiamenti che si realizzano nell’ambiente circostante.

Il carico allostatico è l’insieme degli stressor cognitivi e non cognitivi che ci appesantiscono. Gli stressor cognitivi (preoccupazioni affettive, lavorative ecc) sarebbero elementi di stress filtrati dal sistema nervoso, mentre gli stressor non cognitivi (cattiva alimentazione, aria che respiriamo, eccessiva assunzione di farmaci, inquinamento elettromagnetico) sarebbero filtrati dal sistema immunitario. La somma degli stressor ci dà il sovraccarico allostatico, avvero una condizione di stress cronico che genera infiammazione cellulare silenziosa e che mina il nostro sistema immunitario. Esso produce effetti a lungo termine, come insonnia, disturbi mentali (come depressione e ansia) e varie patologie somatiche, in particolare quelle a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio.

Robert Salpolsky, neurobiologo e primatologo statunitense, nel suo recente libro dal titolo “Perché alle zebre non viene l’ulcera?”, risponde a questa domanda spiegando come, di fronte allo stress, il nostro organismo attivi le stesse riposte fisiologiche prodotte dagli animali, senza però essere in grado di disattivarle con la stessa rapidità. Siamo naturalmente attrezzati per rispondere ai cambiamenti ma, poiché questo produce tensioni, è importante riconoscerle per imparare a gestirle e a combatterle.

Concludo questo contributo con un suggerimento tratto dal sopracitato libro di Sapolsky: «Abbiate la saggezza di scegliere le vostre battaglie. E una volta che si ha questa, la flessibilità e l’elasticità delle strategie da usare in quelle battaglie sono sintetizzate in qualcosa che ho udito una volta in una riunione di quaccheri: di fronte a venti forti, fa’ che sia una foglia d’erba. Di fronte a muri forti, fa’ che sia un vento impetuoso. A volte, la reazione allo stress consiste nell’abbattere i muri. Ma a volte consiste nell’essere una foglia d’erba, investita e piegata dal vento ma che è ancora lì quando il vento se n’è andato da tempo».