Scuola e famiglia ai tempi del covid 19: convivere con la DAD

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP Elisa Mulone Psicologa e psicoterapeuta Presidente Nazionale PLP       Quando a marzo il lockdown ci ha catapultati in una realtà parallela, che era stata fantasticata solo da Peter May in tempi non sospetti, ci siamo dovuti attrezzare creativamente per continuare a lavorare e a
La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

Elisa Mulone

Psicologa e psicoterapeuta

Presidente Nazionale PLP

 

 

 

Quando a marzo il lockdown ci ha catapultati in una realtà parallela, che era stata fantasticata solo da Peter May in tempi non sospetti, ci siamo dovuti attrezzare creativamente per continuare a lavorare e a studiare da casa. Giusto il tempo di riadattarci alla ripresa delle attività in presenza che molti ragazzi sono stati ricatapultati in casa alle prese con la Didattica a Distanza, in breve DAD. Lo stesso vale per bambini le cui classi finiscono in quarantena e per gli studenti universitari.

La ormai ben conosciuta DAD ha permesso, durante il lockdown, di garantire la prosecuzione e la chiusura dell’anno scolastico, ma ha comportato un riadattamento di spazi, tempi ed esigenze.

 

 

Senza entrare nel merito delle scelte operate, con non poche difficoltà, a livello istituzionale, in un momento in cui di certezze ce ne sono poche una cosa è certa: la DAD non è una mera trasposizione della didattica in presenza.

Una dato importante di cui tenere conto è il divario sociale che la DAD ha generato, limitando o escludendo quella fetta di alunni più fragile per carenze linguistiche, culturali o cognitive. La seconda ondata ci ha trovati un po’ più preparati a livello strumentale, ma permangono ancora delle grandi differenze di base. Non tutti hanno le stesse possibilità: un pc o un tablet dedicato, una buona connessione a internet, uno spazio riservato dove poter seguire le lezioni e svolgere le attività didattiche e, per i più piccoli, un adulto a supporto. Un discorso ulteriore andrebbe fatto per gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, i cosiddetti DSA, per i quali servono strumenti compensativi e dispensativi, ad esempio, software di sintesi vocale che trasformino compiti di lettura in compiti di ascolto, libri o vocabolari digitali, mappe concettuali.

 

 

Inoltre, non sempre vengono considerate le difficoltà di attenzione e di comprensione che le video lezioni comportano se non calibrate con tempi diversi dalle lezioni in presenza. Anche l’utilizzo delle stesse modalità comunicative della lezione in presenza non è funzionale perché non tiene conto dello spostamento dello sguardo, del diverso “calore” della voce e dalla scarsa nitidezza dell’immagine veicolata dallo schermo. Tutti elementi che influenzano in modo significativo le capacità di coinvolgimento e riducono la soglia di attenzione, ancora di più per i più piccoli. Per gli adolescenti è importante monitorare che l’utilizzo massiccio degli strumenti tecnologici per la DAD, in aggiunta all’uso che normalmente ne fanno, non favorisca comportamenti poco salutari, passività e senso di isolamento.

 

 

Dati recenti mostrano che il successo o l’insuccesso della didattica a distanza dipende dall’intreccio di più fattori tra cui le competenze didattiche e tecnologiche dei docenti, le disponibilità di tecnologie ed ambienti, la composizione familiare e il ruolo della valutazione nei processi di insegnamento e di apprendimento.

La DAD è, dunque, una risorsa se progettata e utilizzata adeguatamente ma può avere delle ricadute negative se utilizzata male e impattare pesantemente sulla gestione familiare. È inevitabile che per una certa fascia di età la DAD presuppone la presenza di un adulto a supporto e, spesso, questo si traduce in un impegno aggiuntivo per le madri, già fortemente penalizzate sul piano lavorativo da questa pandemia.