di Michele Lanzinger. Da il Libero Professionista Reloaded #15
I musei Italiani piacciono sempre di più ai turisti nazionali e internazionali. A dirlo sono i numeri diffusi dal ministero della Cultura in base ai quali nel corso del 2022 gli incassi totali dei musei autonomi hanno superato i 193 milioni di euro, mettendo a segno una crescita del 177% rispetto al 2021. E ad aumentare sono stati anche i visitatori, arrivati a 26 milioni (+210%). Una ripresa che, dopo due anni di chiusure, restrizioni e sospensioni di iniziative importanti, come le domeniche gratuite, porta i numeri sopra i livelli pre Covid, e conferma che le 5.000 strutture museali nazionali (tra quelle gestite direttamente dallo Stato e quelle di appartenenza ad amministrazioni pubbliche, regioni, province e comuni), non hanno nulla da invidiare ai best perfomers stranieri. Anche perché va tenuto in considerazione che il carattere del museo italiano, spesso collocato in meravigliose dimore storiche con evidenti e conseguenti limiti logistico strutturali, non permette di superare determinate soglie numeriche. Inoltre, visto che il nostro territorio per la ricca presenza di borghi, palazzi antichi, opere d’arte a cielo aperto, può essere considerato a tutti gli effetti un museo diffuso, forse sarebbe meglio preferire una modalità di fruizione distribuita sul patrimonio territoriale alla concentrazione in alcuni e pochi “musei di capitale”. I numeri sopra citati la dicono lunga in proposito e confermano che le riforme volute dall’ex ministro della Cultura Dario Franceschini stanno funzionando. L’autonomia gestionale ha infatti introdotto politiche culturali e di management che hanno portato le organizzazioni museali a operare con la dinamicità necessaria per declinare nuovi progetti, nuove strategie di marketing e organizzative che di fatto li stanno posizionando agli stessi livelli di efficienza dei tanto citati musei esteri.
UN BRAND TERRITORIALE
Ma è necessario andare oltre se si vogliono trasformare l’arte e la cultura italiana in una voce sempre più importante del Pil nazionale. Il quadro di partenza sembra essere maturo per dare il via a una più efficace struttura del comparto. Il sistema del turismo incentrato sulle città d’arte, infatti, mostra un allargamento dell’interesse dei turisti verso anche per i musei minori, non più solo per quelli blockbuster come la galleria degli Uffizi di Firenze, il Museo Egizio di Torino, il Parco Archeologico di Pompei di Napoli, solo per fare alcuni esempi. Questo significa che il sistema della fruizione turistica delle città ha ripreso più che bene e i visitatori iniziano a sviluppare una richiesta di “senso” nell’ambito della destinazione turistica che, unita al food, trova nella dimensione museale una domanda potenziale molto forte. Un trend che deve stimolare a fare di meglio e a rendere effettivamente più rilevante la capacità dei nostri musei di essere visitor friendly, accessibili, interpretabili e attenti alle disponibilità cognitive del visitatore medio. Questo si traduce in una rilettura degli apparati espositivi che, in termini di racconto, devono avvicinarsi sempre di più alle persone e accompagnarle negli spazi interpretativi. Un approccio narrativo che permette di dotare tutti i musei di una loro particolare cifra attrattiva in virtù dello spostamento dell’esposizione seriale di reperti verso il racconto basato sul patrimonio culturale esposto. Un nuovo approccio che permette di abbassare molto la soglia e la distanza tra grande museo e piccolo museo e quindi di avvicinare molto la sensibilità, l’attenzione, la curiosità del visitatore ai diversi contesti museali. Ciò vale, ovviamente, sia per le città già riconosciute come luoghi di bellezza e d’arte, sia per i tantissimi luoghi italiani, compresi i borghi, che dalle loro collezioni ed esposizioni museali possono trarre narrazioni identificative dei luoghi, contribuendo così, alla creazione di un brand territoriale che, assieme alla cultura, si avvale degli altri fattori dell’ospitalità che concorrono al posizionamento o alla ricerca di posizionamento di tali luoghi.
PERSONALE CON COMPETENZE AD HOC
Si tratta di un miglioramento del modo di essere dei musei che necessita di alcuni presupposi, alcuni di tipo strutturale, come l’accessibilità e la qualità complessiva del contesto espositivo; altri di tipo organizzativo e di visione, in cui la funzione pubblica dell’ente museale va a ricomprendere l’attenzione e la disponibilità alle relazioni con sistemi turistici locali, creando con essi le opportune relazioni di scopo. Su tutto, ovviamente, sarà fondamentale la presenza di personale professionalizzato, sia in termini di progettualità sia di servizi. Questo significa che i musei devono poter contare su personale strutturato che permetta di dare consistenza al sapere dei patrimoni con- servati e sia nelle condizioni di declinarli in termini di progetti espositivi e servizi di accompagnamento. Per quanto attiene la categoria dei servizi oggettivamente è da verificare con attenzione la possibilità di interagire con categorie professionali dedicate ai servizi di accompagnamento e interpretazione nei e per i musei e più diffusamente sul territorio. In Italia, infatti, si vive in una condizione di “museo diffuso”, visto che il nostro patrimonio culturale è riconoscibile anche sotto il concetto di paesaggio culturale. Ecco perché, ai fini di uno sviluppo, idea di sviluppo sostenibile dei territori e di attrattività culturale qualificata, i musei di medie e grandi città sono chiamati a divenire degli hub da cui generare percorsi di interpretazione pensati sia per residenti, che attraverso i loro musei possono accrescere un loro processo di identificazione sulle storie e le tradizioni culturali locali, sia creare un contesto di alta attrattività che supera lo specifico della singola esposizione museale e si propone come brand culturale di destinazione. Ciò permetterà di guardare in maniera diversa alla stessa stagionalità delle visite e di aprirsi, proprio attraverso una maggiore consapevolezza dell’attrattiva dei luoghi culturali, a una più forte destagionalizzazione degli arrivi e presenze. Un cambio di passo che farà bene ai bilanci delle strutture culturali ma anche a un insieme di fattori economici e di sviluppo locali, che potenzialmente saranno toccati da questa lettura più ampia dell’attrattività culturale dei luoghi e che oltre a includere, come ovvio, gli ambiti dell’ospitalità e della ristorazione, può comprendere anche elementi quali il design e l’artigianato. Non per ultimo l’occupazione indotta da queste funzioni culturali, come sopra fatto cenno, opportunamente può disporsi sia in termini di incremento dei professionisti operanti all’interno delle strutture culturali sia mediante opportuni accordi pubblico privato.