Da museo ad hub

Le riforme introdotte dal ministro Dario Franceschini stanno iniziando a dare i loro frutti. A dirlo sono i numeri dei musei autonomi nazionali, che nel 2022 hanno fatturato complessivamente 193 milioni di euro. Superando di gran lunga i risultati pre-covid. Ma per non perdere attrattività le organizzazioni museali devono andare oltre le loro mura e saper generare percorsi di interpretazione del territorio. Solo così riusciranno a diventare un brand culturale di destinazione

di Michele Lanzinger. Da il Libero Professionista Reloaded #15

I musei Italiani piacciono sempre di più ai turisti nazionali e internazionali. A dirlo sono i numeri diffusi dal ministero della Cultura in base ai quali nel corso del 2022 gli incassi totali dei musei autonomi hanno superato i 193 milioni di euro, mettendo a segno una crescita del 177% rispetto al 2021. E ad aumentare sono stati anche i visitatori, arrivati a 26 milioni (+210%). Una ripresa che, dopo due anni di chiusure, restrizioni e sospensioni di iniziative importanti, come le domeniche gratuite, porta i numeri sopra i livelli pre Covid, e conferma che le 5.000 strutture museali nazionali (tra quelle gestite direttamente dallo Stato e quelle di appartenenza ad amministrazioni pubbliche, regioni, province e comuni), non hanno nulla da invidiare ai best perfomers stranieri. Anche perché va tenuto in considerazione che il carattere del museo italiano, spesso collocato in meravigliose dimore storiche con evidenti e conseguenti limiti logistico strutturali, non permette di superare determinate soglie numeriche. Inoltre, visto che il nostro territorio per la ricca presenza di borghi, palazzi antichi, opere d’arte a cielo aperto, può essere considerato a tutti gli effetti un museo diffuso, forse sarebbe meglio preferire una modalità di fruizione distribuita sul patrimonio territoriale alla concentrazione in alcuni e pochi “musei di capitale”. I numeri sopra citati la dicono lunga in proposito e confermano che le riforme volute dall’ex ministro della Cultura Dario Franceschini stanno funzionando. L’autonomia gestionale ha infatti introdotto politiche culturali e di management che hanno portato le organizzazioni museali a operare con la dinamicità necessaria per declinare nuovi progetti, nuove strategie di marketing e organizzative che di fatto li stanno posizionando agli stessi livelli di efficienza dei tanto citati musei esteri.

UN BRAND TERRITORIALE

Ma è necessario andare oltre se si vogliono trasformare l’arte e la cultura italiana  in una voce sempre più importante del Pil nazionale. Il quadro di partenza sembra  essere maturo per dare il via a una più efficace struttura del comparto. Il sistema  del turismo incentrato sulle città d’arte,  infatti, mostra un allargamento dell’interesse dei turisti verso anche per i musei  minori, non più solo per quelli blockbuster  come la galleria degli Uffizi di Firenze, il  Museo Egizio di Torino, il Parco Archeologico di Pompei di Napoli, solo per fare alcuni esempi.  Questo significa che il sistema della fruizione turistica delle città ha ripreso più che bene e i visitatori iniziano a sviluppare  una richiesta di “senso” nell’ambito della destinazione turistica che, unita al food, trova nella dimensione museale una domanda potenziale molto forte. Un trend che deve stimolare a fare di meglio e a rendere effettivamente più rilevante la capacità dei nostri musei di essere visitor  friendly, accessibili, interpretabili e attenti alle disponibilità cognitive del visitatore medio. Questo si traduce in una rilettura  degli apparati espositivi che, in termini di  racconto, devono avvicinarsi sempre di  più alle persone e accompagnarle negli  spazi interpretativi. Un approccio narrativo che permette di dotare tutti i musei  di una loro particolare cifra attrattiva in  virtù dello spostamento dell’esposizione  seriale di reperti verso il racconto basato  sul patrimonio culturale esposto.  Un nuovo approccio che permette di abbassare molto la soglia e la distanza tra  grande museo e piccolo museo e quindi  di avvicinare molto la sensibilità, l’attenzione, la curiosità del visitatore ai diversi  contesti museali. Ciò vale, ovviamente, sia  per le città già riconosciute come luoghi di  bellezza e d’arte, sia per i tantissimi luoghi  italiani, compresi i borghi, che dalle loro collezioni ed esposizioni museali possono  trarre narrazioni identificative dei luoghi,  contribuendo così, alla creazione di un  brand territoriale che, assieme alla cultura, si avvale degli altri fattori dell’ospitalità  che concorrono al posizionamento o alla  ricerca di posizionamento di tali luoghi.

PERSONALE CON COMPETENZE AD HOC

Si tratta di un miglioramento del modo di essere dei musei che necessita di alcuni presupposi, alcuni di tipo strutturale, come l’accessibilità e la qualità complessiva del contesto espositivo; altri di tipo  organizzativo e di visione, in cui la funzione pubblica dell’ente museale va a ricomprendere l’attenzione e la disponibilità  alle relazioni con sistemi turistici locali,  creando con essi le opportune relazioni di scopo. Su tutto, ovviamente, sarà  fondamentale la presenza di personale  professionalizzato, sia in termini di progettualità sia di servizi. Questo significa che i musei devono poter contare su personale strutturato che permetta di dare  consistenza al sapere dei patrimoni con- servati e sia nelle condizioni di declinarli  in termini di progetti espositivi e servizi  di accompagnamento.  Per quanto attiene la categoria dei servizi oggettivamente è da verificare con  attenzione la possibilità di interagire con  categorie professionali dedicate ai servizi  di accompagnamento e interpretazione  nei e per i musei e più diffusamente sul territorio. In Italia, infatti, si vive in una  condizione di “museo diffuso”, visto che il nostro patrimonio culturale è riconoscibile anche sotto il concetto di paesaggio culturale. Ecco perché, ai fini di uno  sviluppo, idea di sviluppo sostenibile dei  territori e di attrattività culturale qualificata, i musei di medie e grandi città sono chiamati a divenire degli hub da cui generare percorsi di interpretazione pensati sia  per residenti, che attraverso i loro musei  possono accrescere un loro processo di  identificazione sulle storie e le tradizioni  culturali locali, sia creare un contesto di  alta attrattività che supera lo specifico della singola esposizione museale e si propone come brand culturale di destinazione.  Ciò permetterà di guardare in maniera diversa alla stessa stagionalità delle visite e di aprirsi, proprio attraverso una maggiore  consapevolezza dell’attrattiva dei luoghi  culturali, a una più forte destagionalizzazione degli arrivi e presenze. Un cambio di  passo che farà bene ai bilanci delle strutture culturali ma anche a un insieme di  fattori economici e di sviluppo locali, che  potenzialmente saranno toccati da questa  lettura più ampia dell’attrattività culturale dei luoghi e che oltre a includere, come ovvio, gli ambiti dell’ospitalità e della ristorazione, può comprendere anche elementi quali il design e l’artigianato. Non per ultimo l’occupazione indotta da  queste funzioni culturali, come sopra fatto  cenno, opportunamente può disporsi sia  in termini di incremento dei professionisti operanti all’interno delle strutture  culturali sia mediante opportuni accordi  pubblico privato.