Licenziamenti, si parte dalla conciliazione

La Circolare n. 3/2013 del ministero del Lavoro spiega le procedure in caso di licenziamenti per motivi economici Puntando ad una deflazione del contenzioso in materia di licenziamenti, con la legge n. 92/2012 (art. 1 co. 40) il legislatore ha previsto il tentativo obbligatorio di conciliazione da espletare prima del licenziamento per giustificato motivo oggettivo,
La Circolare n. 3/2013 del ministero del Lavoro spiega le procedure in caso di licenziamenti per motivi economici

Puntando ad una deflazione del contenzioso in materia di licenziamenti, con la legge n. 92/2012 (art. 1 co. 40) il legislatore ha previsto il tentativo obbligatorio di conciliazione da espletare prima del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ossia il recesso determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Mediante la circolare n. 3/2013, il Ministero del lavoro ha fornito ulteriori chiarimenti operativi in merito alla novellata procedura di conciliazione così come modificata dalla Riforma Fornero, richiedendo alle Direzioni Territoriali del Lavoro uno sforzo organizzativo non indifferente tanto nel concreto svolgimento della trattativa quanto nella fase di supporto (segreteria, protocollo etc.).

Ambito di applicazione: anzitutto si specifica che la predetta norma si applica ai datori di lavoro che occupino alle proprie dipendenze più di 15 unità (più di 5 se imprenditori agricoli). Nel computo della base numerica sono inclusi i lavoratori a tempo parziale indeterminato (pro-quota) e i lavoratori intermittenti; sono esclusi invece gli apprendisti e i lavoratori assunti con contratto di inserimento, in somministrazione e gli LSU. Il Dicastero sottolinea che il calcolo della base numerica deve essere effettuato non già nel momento in cui avviene il licenziamento, ma avendo quale parametro di riferimento la c.d. “normale occupazione” negli ultimi sei mesi. Nella tipizzazione dei casi, invece, si riconducono all’ambito del licenziamento oggettivo le ipotesi di ristrutturazione dei reparti, di soppressione del posto di lavoro, di inidoneità fisica, di impossibilità del c.d. “repechage”; al contrario viene esclusa l’ipotesi del licenziamento per superamento del periodo di comporto: il lavoratore licenziato per prolungata morbosità, dunque, non deve rispettare l’obbligo di procedura di conciliazione.

Avvio, tempi e modalità della procedura: la suddetta circolare dispone che il datore di lavoro, il quale intende procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è obbligato ad inviare una comunicazione scritta alla Direzione Territoriale competente (raccomandata con avviso di ricevimento o PEC), e “per conoscenza” al lavoratore. Dalla data di ricezione della comunicazione si considera avviata la procedura. La comunicazione deve essere puntuale e dettagliata, in quanto, deve riportare i motivi del recesso e la descrizione delle misure eventuali di assistenza alla ricollocazione. Ricevuta l’istanza la DTL convoca le parti avanti alla Commissione Provinciale di Conciliazione – la cui composizione è espressione delle organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative – entro il termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione della comunicazione del datore. Al fine di non vanificare la procedura conciliativa, la nota ministeriale sollecita gli Uffici Territoriali a completare l’iter entro un limite temporale che non vada oltre i 20 giorni, ciò è confermato dalla successiva indicazione secondo cui “in caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore, la procedura può essere sospesa per un massimo di 15 giorni”. Tuttavia il termine di 20 giorni può essere superato se le parti lo reputano necessario per il raggiungimento di una accordo.

Esiti del tentativo di conciliazione: al termine della procedura di conciliazione, il datore di lavoro può irrogare il licenziamento per mancato accordo, per assenza o abbandono di una delle parti o per mancata effettuazione della convocazione da parte della DTL competente. La circolare precisa che il licenziamento ha effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avviato – ossia dal giorno di ricezione della comunicazione datoriale all’ Ufficio Territoriale – e che soltanto nelle ipotesi di maternità/paternità e di infortunio occorso sul lavoro – non di malattia – gli effetti del recesso vengono sospesi.
Di contro, il tentativo di conciliazione può avere esito positivo, presentando diverse soluzioni: passaggio da full-time a part-time, trasferimento, forme di lavoro autonomo e cooperativa, risoluzione consensuale. In riferimento a quest’ultima possibilità, il legislatore puntualizza che “la risoluzione sottoscritta avanti alla Commissione Provinciale di Conciliazione è esaustiva rispetto alla procedura e, comunque sufficiente a non imporre al lavoratore un ulteriore passaggio avanti ad uno degli organismi a ciò abilitati”; dunque la predetta risoluzione consensuale non va convalidata presso la DTL, il Centro per l’Impiego o presso una sede paritetica individuata dall’autonomia collettiva.
 

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