Professionisti, il divario non è solo generazionale

L'articolo di Isidoro Trovato dall' "Economia del Corriere"

Dalla rassegna stampa di oggi, “L’Economia del Corriere”, l’articolo di Isodoro Trovato. 

Con oltre 1,4 milioni di iscritti, l’ Italia si conferma il Paese con il maggior numero di liberi professionisti in Europa, registrando negli ultimi 10 anni una crescita costante frenata solo dalla pandemia che, tra il 2018 e il 2021, ha causato la chiusura di circa 24 mila attività professionali.

Un’ ondata di chiusure che ha peggiorato lo scenario del lavoro indipendente che negli ultimi quattro anni ha perso 343 mila posti. È solo una parte dell’ ultima e più aggiornata fotografia del settore che emerge dal «VII Rapporto sulle libere professioni in Italia – anno 2022», curato dall’ Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato da Paolo Feltrin.

L’ onda lunga dell’ emergenza Covid e l’ incertezza di un quadro economico complesso ridisegnano la geografia e le caratteristiche demografiche della popolazione professionale in Italia. anche con qualche sorpresa. Per esempio, a patire le conseguenze della pandemia sono soprattutto i professionisti datori di lavoro che calano di quasi il 13% soprattutto nelle regioni del Nord Ovest e del Centro. E

se la crisi colpisce soprattutto le regioni del Centro (-3,7%) e del Nord (-2,8%), nel Mezzogiorno si assiste a un aumento del 2,6% del numero di soggetti attivi, grazie al balzo in avanti delle donne che nello stesso periodo registrano un incremento del 4,6%.

Comunque, su tutto il territorio nazionale, i saldi occupazionali si mantengono sempre in positivo, trainati dalla crescita dei contratti a tempo indeterminato Dall’ indagine emerge però un problema più grave, quello legato al calo dei redditi dei professionisti iscritti alle casse di previdenza private, che segnano una flessione del 2%, con punte che arrivano fino al 6% tra avvocati, periti industriali e architetti; in controtendenza, si muovono i consulenti del lavoro che vedono incrementare i loro redditi del 26,5%. Nelle professioni ordinistiche persiste però un ampio divario reddituale di genere: le donne, in quasi tutte le categorie, continuano a dichiarare redditi inferiori rispetto ai pari grado uomini.

Esiste inoltre una vera frattura generazionale: le casse di previdenza evidenziano che i giovani under 50 hanno redditi notevolmente più bassi, al punto da mettere a rischio la sostenibilità di certe casse private nel lungo periodo. Ancor più preoccupanti le prospettive del mercato del lavoro negli studi professionali che non riescono più ad attrarre neolaureati, una tendenza che si incrocia pericolosamente con il declino strutturale demografico che impatta duramente sui livelli occupazionali, dove tra il 1996 e il 2021 si nota un tracollo del 46% tra i giovani under 30. «Dallo scorso anno assistiamo a una sorta di strategia difensiva da parte dei liberi professionisti che, per difficoltà oggettive o a causa di un contesto normativo poco incentivante, ritardano la partenza della ripresa del settore nel suo complesso – commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella -.

Il declino demografico, l’occupazione giovanile e la crescita dimensionale degli studi professionali rappresentano fronti aperti sui quali la politica può e deve intervenire per rendere più attrattivo e competitivo il nostro settore, attraverso un auspicato confronto e una dialettica costruttiva con gli organismi di rappresentanza delle varie categorie».

  1. Tro.