di Giovanni Colombo – da Il Libero Professionista Reloaded #26
C’era un cartello giallo con una scritta nera, diceva: «Meno turismo, più vita». Un altro recitava: «Turisti tornate a casa!». In realtà, le scritte sono comparse in due città diverse e in due giorni distinti. La prima esprimeva l’esasperazione di migliaia di maiorchini, da tempo organizzati in comitati e associazioni, che a f ine giugno sono scesi nelle strade di Palma per dire basta all’invasione di turisti, ai rifiuti abbandonati in spiaggia, al karaoke fino a notte fonda. La seconda scritta apriva invece una manifestazione di qualche migliaio di persone che, a inizio luglio, hanno sfilato per Barcellona, per protestare contro i troppi turisti in giro e la dipendenza dell’economia locale dal turismo di massa (il comparto rappresenta il 14% del Pil di Barcellona e dà lavoro a circa 150 mila persone), che molti residenti considerano dannoso. Ma se a Palma non sono rare proteste di questo tipo, a Barcellona (città con 1,6 milioni di abitanti e 30 milioni di visitatori annuali), è la prima manifestazione di grandi dimensioni sul tema. Alcuni degli slogan riguardavano anche l’amministrazione della città catalana che, qualche giorno prima, dopo aver innalzato la tassa di soggiorno a 7,50 euro a persona, aveva annunciato il divieto, entro il 2028, di affittare casa ai turisti, abolendo più di 10 mila licenze per affitti a breve termine. Una misura necessaria per calmierare il costo delle locazioni per i residenti che qui ha subìto un’impennata del 68% in 10 anni, costringendo i cittadini a trasferirsi in periferia.
ECCESSO DI SUCCESSO
Ma recriminazioni e limitazioni per arginare questo “successo turistico” in eccesso non coinvolgono solo città spagnole. Anzi. In Europa da prima della pandemia si dibatte sul rischio che le principali mete vengano soffocate per quello che viene chiamato overtourism che in Italia colpisce le nostre principali città d’arte. «I nostri nonni un solo viaggio facevano nella vita, quello di nozze», dice Francesco Gastaldi, professore associato di Urbanistica allo Iuav di Venezia. «Noi oggi possiamo partire ogni week end. Il consumo turistico riguarda la parte più ricca del mondo, globalizzata e interconnessa. Tempo libero, voli e crociere low cost hanno democraticizzato i viaggi, permettendo a un numero sempre maggiore di persone di spostarsi con più facilità e frequenza». Il problema si manifesta quando gli arrivi si concentrano solo in alcune località, come rilevato al Tourisma di Firenze: il 70% degli stranieri che ogni anno arrivano in Italia per interessi culturali, si concentra solo sull’1% del territorio.
VENEZIA CITTÀ A PAGAMENTO
L’esempio più eclatante? Venezia. Nel centro storico della città lagunare, i residenti sono calati sotto la soglia dei 50 mila, mentre ogni anno approdano più di 20 milioni di visitatori, con una concentrazione di oltre 5 mila turisti per km quadrato, ogni giorno. E infatti i veneziani lamentano che la loro città si sia trasformata in un parco tematico per turisti: le botteghe hanno lasciato il posto a negozi di souvenir, i prezzi degli affitti sono schizzati, con conseguente diminuzione della disponibilità di alloggi. Commenta Gastaldi: «Se è vero che oggi si è fatta più dura la concorrenza tra il mercato abitativo tradizionale e quello delle piattaforme tipo Airbnb, è vero anche che lo spopolamento del centro storico di Venezia ha origini precedenti e cause diverse, legate alla struttura e al patrimonio urbanistico della città». Sta di fatto che nella città più iconica del mondo, per la prima volta in Italia, i visitatori giornalieri devono pagare un ticket d’ingresso di 5 euro. Il biglietto, introdotto dal Comune in forma sperimentale (vale in determinati periodi, per un totale di 29 giorni), mira a limitare la quantità di turisti “scatta e fuggi” che, dopo i selfie a San Marco o a Rialto, se ne vanno senza pernottare.
CITTA’ SOTTO ATTACCO
Dubrovnik, città croata (anticamente chiamata Ragusa) sull’Adriatico, vive la stessa condizione. Soprattutto da quando – sull’onda del successo planetario della serie Game of Thrones – questa meta, già molto ambita, ha visto un incremento annuo in doppia cifra dei turisti, subendo un drastico spopolamento del suo centro storico e diventando l’emblema della «destinazione fortemente stagionale»: tra luglio e agosto, i posti aerei in arrivo messi in vendita sono circa 20 volte superiori rispetto a gennaio e febbraio. L’altro problema per Dubrovnik sono i day tripper delle grandi crociere, cioè visitatori che sbarcano in città per qualche ora, intasano le antiche mura per un selfie e risalgono sulla nave. E infatti: «Dubrovnik ha iniziato ad adottare misure significative contro il sovraffollamento turistico. La città ha recentemente vietato nuovi permessi di affitto nel quartiere della città vecchia per contrastare l’aumento dei costi per i residenti e sta anche riorganizzando gli orari delle crociere per scaglionare meglio i flussi».
UNA SPESA DA 8,6 TRILIONI
A dirlo è il rapporto The State of Tourism and Hospitality 2024 di McKinsey & Company che conferma come, dopo il crollo nel biennio del Covid, il turismo globale sia tornato a correre: a fine anno, la spesa per i viaggi dovrebbe raggiungere gli 8,6 trilioni di dollari, con un terzo dei consumatori pronti a investire in nuove avventure e, soprattutto, con l’80% dei viaggiatori pronti a sbarcare nel 10% delle destinazioni turistiche globali. In questo senso, il rapporto svela anche le mete urbane mondiali più affollate, basandosi sul numero di notti trascorse nel 2023 da visitatori per chilometro quadrato. E ai primi due posti, non a caso, ci sono Dubrovnik e Venezia, seguite da Macao, Kuala Lumpur, New York, Marrakech, Amsterdam. Tra le 165 mete monitorate, c’è un’altra città italiana in classifica: Roma (al 13° posto), che nel 2023 ha contato 35 milioni di visitatori, quasi tutti concentrati tra il Colosseo (7 milioni di visitatori all’anno), l’area Vaticana e la Fontana di Trevi, che riceve circa 1.200 visitatori all’ora. E infatti, tra i sei parametri che indicano quando una città sia “sotto attacco turistico”, le italiane soffrono proprio per la densità dei viaggiatori e l’impatto sulla vita dei residenti.
COME USCIRE DAL PRESSING
Di fronte a una simile situazione – che stando alle previsioni migliorerà di poco, da qui al 2030 – possono bastare i 5 euro chiesti per entrare a Venezia? Ancora Gastaldi: «I primi dati confermano solo un leggero calo di arrivi. Ed è inevitabile: Venezia è una città unica al mondo e tutti desiderano visitarla. Possiamo impedirglielo?». Impedirlo no, ma distribuire i turisti negli spazi e nel tempo, secondo McKinsey, potrebbe essere uno degli schemi per uscire dal pressing asfissiante dei visitatori: «Gli arrivi vanno scaglionati. Ma con intelligenza e lucidità, trovando un equilibrio tra la necessità di preservare la qualità della vita dei locali e il desiderio di relax degli ospiti. Il problema è complesso e il dibattito va liberato da demonizzazioni tout court, anche nei confronti delle piattaforme tipo Airbnb. Che hanno aperto nuovi segmenti di mercato; stimolato nuove professioni; aiutato le famiglie a far fronte alla fiscalità immobiliare o a investire nel restauro di “vecchi” immobili ereditati. Andrebbero controllati gli alloggi non registrati, bisognerebbe far pagare le tasse e ridurre il nero e l’abusivismo. Sarebbe già una buona risposta al caro affitti e al sovraffollamento». E poi, come suggerisce McKinsey, quei proventi vanno reinvestiti sul territorio per infrastrutture altrimenti irrealizzabili o per progetti di conservazione del patrimonio culturale e naturale. «Infine», chiude Gastaldi: «serve un patto di territorio: costruire, con campagne di marketing, percorsi turistici allargando il perimetro delle visite, senza concentrarle nelle solite zone note». Un patto che coinvolga i residenti nella pianificazione turistica, creando figure capaci di leggere i dati per prevedere e governare i flussi e bilanciando i benefici economici del turismo con l’integrità delle destinazioni. Altrimenti continueremo a leggere, per le vie delle città europee: «Meno turismo, più vita».