Cosa cambia nella configurazione dei reati tributari

In questo particolarissimo periodo, provare a parlare di tematiche fiscali non è un esercizio semplice. Bisogna comunque fare uno sforzo, volto all’attualità, per commentare quello che nel frattempo era accaduto alla fine del 2019 con operatività nel nuovo anno, augurandosi di poter tornare presto alla normalità. Il tema da affrontare riguarda le modifiche intervenute in

In questo particolarissimo periodo, provare a parlare di tematiche fiscali non è un esercizio semplice. Bisogna comunque fare uno sforzo, volto all’attualità, per commentare quello che nel frattempo era accaduto alla fine del 2019 con operatività nel nuovo anno, augurandosi di poter tornare presto alla normalità.

Il tema da affrontare riguarda le modifiche intervenute in materia di reati tributari ad opera della Legge n. 157 del 19/12/2019, che ha convertito con modificazioni il decreto fiscale n. 124/2019.

Va subito detto che proprio in sede di conversione sono state attenuate le originarie disposizioni del decreto che erano sembrate a tutti molto severe, fermo restando un generale inasprimento avente un fine ben preciso: contrastare con maggiore fermezza atteggiamenti evasivi particolarmente rilevanti.

Vediamo nel dettaglio il nuovo assetto del D. Lgs. 74/2000, deciso dal legislatore.

 

 

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Trattasi del reato disciplinato dall’art. 2 del D. Lgs. 74/2000, suddiviso in 3 commi, dei quali il secondo, dedicato alla condotta di reato, non subisce modifica, mentre cambia il comma 1 ed è inserito il comma 2 bis. Il reato, molto brevemente e detto in maniera “atecnica”, si configura solitamente con l’utilizzo di false fatture per abbattere l’imponibile fiscale, falsità che è :

  • di tipo oggettivo (quando, in sostanza, il costo è inventato di sana pianta perché l’ipotetica prestazione e/o acquisto fatturato in realtà non è mai avvenuto, o ha subito una evidente maggiorazione artefatta dell’importo di spesa);
  • di tipo soggettivo, circostanza che si configura con l’emissione del documento fiscale ad opera di un soggetto diverso da quello che ha eseguito la prestazione o ceduto i beni (trattasi di un caso “nascosto” per i meno esperti, che spesso si concretizza mediante una semplice richiesta da parte del cedente, il quale chiede “il piacere” di poter fatturare mediante altro soggetto o società: in merito vi forniamo il semplice consiglio spassionato di non accettate simili proposte, posto che le conseguenze possono essere devastanti).

Il nuovo assetto normativo specifica che la pena alla reclusione, precedentemente prevista da 1 anno e 6 mesi a 6 anni, è elevata ad un minimo di 4 anni e fino ad un massimo di 8 anni. La vecchia misura sanzionatoria, cioè la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, è mantenuta nella sola ipotesi in cui l’ammontare degli elementi passivi fittizi sia inferiore a 100.000 euro.

Pertant,o come nel passato non sussiste una soglia di punibilità del reato ancorata all’imposta evasa; a prescindere dall’importo dei falsi documenti usati, comunque il reato è configurato, cambiando solo l’entità della sanzione prevista.

 

 

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

Anche il reato di cui al successivo articolo 3 del D. Lgs. 74/2000 non è modificato nella sua configurazione, prevedendosi molto semplicemente l’incremento dei limiti di pena da tre ad otto anni, laddove nella precedente versione la pena era compresa tra il minimo di un anno e sei mesi al massimo di sei anni di reclusione.

L’aspetto interessante della vicenda è che per entrambe le condotte delittuose finora commentate il legislatore, in controtendenza rispetto al passato, ha almeno previsto l’estensione della causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 2, D. Lgs. n. 74/2000, sino ad oggi applicabile alle sole fattispecie di dichiarazione infedele (art. 4) e di omessa dichiarazione (art. 5).

Ne discende che per le due fattispecie di dichiarazione fraudolenta non si configura più un reato punibile se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono estinti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. L’estinzione deve avvenire mediante l’integrale pagamento degli importi dovuti emergenti a seguito del ravvedimento operoso, oppure, nel caso di dichiarazione omessa, emergenti a seguito della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (e sempre prima della richiamata formale conoscenza).

 

 

Dichiarazione infedele

Trattasi del reato di cui all’articolo 4 del D. Lgs. 74/2000, di fatto “potenzialmente” il più diffuso e deve dirsi anche il più delicato, in quanto non abbinato a particolari comportamenti fraudolenti, ma all’esito delle attività di indagini degli organi di verifica e dunque anche, almeno in linea teorica, all’impatto di eventuali tecniche di accertamento di tipo induttivo (come nel caso classico della ricostruzione dei compensi realmente percepiti in connessione all’attività che si ritiene sia stata svolta, potendosi citare a titolo di esempio, in ambito professionale, la rideterminazione dei compensi dei commercialisti sulla base delle dichiarazioni prodotte per i clienti e/o dei bilanci depositati, o ancora per i dentisti in funzione del materiale sanitario adoperato, o per i geometri in connessione alle pratiche di accatastamento, etc.).

Per tale reato è prevista, anzitutto la riduzione delle soglie di punibilità, dove la soglia di imposta evasa è passata da 150.000 a 100.000 euro, così come si riduce l’importo massimo degli elementi attivi sottratti ad imposizione, passati da tre milioni a due milioni di euro (nelle altre ipotesi permane il richiamo alla percentuale del 10% degli elementi attivi, ma considerati complessivamente).

Deve comunque dirsi che la variazione normativa più importante, ossia l’abbassamento della soglia a 100.000 euro d’imposta, rimane ad un livello in ogni caso superiore a quello precedente al 2015, quando si attestava a 50.000 euro.

Dopo di che è inasprita la pena, fissata da un minimo di 2 anni ad un massimo di 4 anni e sei mesi, in luogo della disciplina precedente in virtù della quale la pena detentiva andava da un minimo di 1 anno ad un massimo di 3 anni.

 

 

L’omessa dichiarazione

Per il reato di cui all’art. 5 le soglie di pena sono state aumentate da due a cinque anni, laddove la previsione previgente sanciva una pena da un anno e sei mesi a quattro anni. Nessun cambiamento, invece, per la soglia quantitativa dell’imposta evasa che resta determinata nella misura di € 50.000.

 

 

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Per dovere di cronaca si richiama velocemente anche il reato di cui all’articolo 8, ma francamente si rifiuta di credere che i professionisti che leggono il presente contributo possano prestarsi all’emissione di falsi documenti e fatture (anche in questo caso, sia di tipo oggettivo che soggettivo) per compiacere qualche cliente che a suo dire ha un reddito troppo elevato. Ad ogni buon conto si precisa che il legislatore ha fatto un intervento speculare a quello dell’utilizzo di false fatture, stabilendo che in luogo della previgente pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, si applica la pena della reclusione da 4 a 8 anni, mantenendo però, con l’inserimento del nuovo comma 2-bis, la “vecchia” pena qualora l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, sia inferiore a centomila euro.

 

 

Occultamento o distruzione di documenti contabili

Occhio alle scritture contabili. Orbene, come una volta ebbe modo di sottolineare un giudice tributario, pur essendo “notorio” l’interesse dei ladri per le scritture contabili (con memorabili furti, all’interno dei veicoli, dedicati solo alla preziosissima “cartaccia”) e potendosi aggiunge anche le altrettanti notorie sfortune di “incendi” del cestino posto vicino al contenitore delle fatture o ancora di rotture improvvise di condutture idriche con getto d’acqua munito di precisa mira “contabile”, è appena il caso di ricordare che l’assenza delle scritture anzitutto autorizza l’espletamento dell’accertamento induttivo puro.

Dopo di che, laddove fosse comprovato un ruolo nell’occultamento o distruzione, ecco che sul piano tributario avviene un incremento della pena, aumentata da un minimo di 3 anni a un massimo di 7 anni di reclusione in luogo delle precedenti previsioni che andavano da un anno e sei mesi a sei anni.

 

 

Gli omessi versamenti

Trattasi dei reati di cui agli articoli 10 bis e 10 ter (omesso versamento di ritenute dovute o certificate e omesso versamento di IVA). Al riguardo deve dirsi che in sede di conversione si è avuta una buona notizia. Infatti in origine il Decreto Legge avesse previsto un abbassamento delle soglie quantitative, ma le modifiche non sono state confermate ed è rimasto tutto invariato: il reato di “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” rimane ancorato alla soglia di 150.000 euro (non più abbassata alla previsione di 100.000 euro), così come nel reato di “omesso versamento di IVA” la soglia rimane quella di 250.000 euro (senza riduzione a 150.000 euro).

 

 

La confisca allargata

In aggiunta al regime “ordinario” della confisca prevista dall’art. 12-bis, e stata inserita un’altra fascia di condotte ritenute più gravi, disciplinate nel nuovo articolo 12-ter del D. Lgs. 74/2000, che prevede l’applicazione della confisca c.d. allargata di cui all’art. 240-bis c.p. ed opera al superamento di precise soglie, con il chiaro obiettivo di “stangare” i grandi evasori.  La confisca c.d. allargata ha ad oggetto il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito o alla propria attività economica.

È bene comunque ricordare che art. 240-bis c.p., contiene una clausola in base alla quale “in ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, salvo che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge”.

Detto questo, in forza del nuovo articolo 12-ter la confisca allargata opera in caso di condanna o patteggiamento per una serie di delitti tassativamente indicati dalla norma stessa, allorché l’evasione fiscale superi anche una certa entità valoriale, in particolare prevedendosi quanto segue:

a) per il delitto previsto dall’art. 2 (dichiarazione fraudolenta con utilizzo false fatture e documenti), quando l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro;

b) per il delitto previsto dagli art. 3 (dichiarazione fraudolenta con altri artifizi), quando l’imposta evasa è superiore a 100.000 euro;

c) per il delitto di cui all’art. 8 (emissione false fatture e documenti) quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a 200.000 euro;

d) per il delitto di cui all’art. 11, comma 1 (sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte) quando l’ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a 100.000 euro;

e) per il delitto di cui all’art. 11, comma 2 (produzione di documenti fittizi o omissione di elementi attivi in transazione fiscale), quando l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro.

 

Detto questo, vale sempre il detto del vecchio film del dopoguerra: “poveri ma belli”, e soprattutto liberi!

 

Autore/i:
Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi