
Il Fondo europeo per lo sviluppo regionale ha compiuto quarant’anni lo scorso 18 marzo 2015. Nonostante le sue origini risalgano al Trattato di Roma del 1957, è solo nel 1975 che viene adottato il regolamento che ha posto le basi della politica regionale europea odierna.
È il dicembre 1974 quando, durante il vertice di Parigi, la Commissione annuncia che l’allora Comunità economica europea si sarebbe presto dotata di un fondo dedicato a “finanziare la crescita delle sue aree più arretrate”. La priorità nell’allocazione delle risorse sarebbe stata data ai Paesi più bisognosi, che si identificavano nell’Italia (il Sud), nell’Irlanda e nel Regno Unito (in particolare il Galles e la Scozia). Le risorse (1,3 miliardi di unità di conto europee, il precursore dell’euro) vennero suddivise di conseguenza tra i nove membri e la quota stanziata per l’Italia era pari al 40%, superando di gran lunga i contributi destinati agli altri Stati (essendo la seconda maggiore quota pari al 28%, per il Regno Unito). Il fondo si prefiggeva di correggere gli squilibri derivanti dalla predominanza dell’agricoltura, dal cambiamento industriale e dalla sottoccupazione strutturale.
In questi quarant’anni, i fondi strutturali sono stati integrati nella politica di coesione (con un budget di 347 miliardi di euro) e sono state introdotte novità tra cui il Fondo di coesione, il principio di sussidiarietà e la modifica delle priorità a favore della crescita, dell’occupazione e dell’innovazione, come stabilito dal Trattato di Lisbona.
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