La garanzia giovani negli studi professionali

L’analisi di Confprofessioni Lavoro L’accordo del 25 luglio 2017 segna un passo importante per il settore degli studi professionali e, più in generale per i professionisti, facendo luce in un quadro economico e sociale di indubbia difficoltà. L’obiettivo è quello di coadiuvare l’azione del Governo, delle Regioni e delle pubbliche amministrazioni, adottando specifiche iniziative che
L’analisi di Confprofessioni Lavoro

L’accordo del 25 luglio 2017 segna un passo importante per il settore degli studi professionali e, più in generale per i professionisti, facendo luce in un quadro economico e sociale di indubbia difficoltà. L’obiettivo è quello di coadiuvare l’azione del Governo, delle Regioni e delle pubbliche amministrazioni, adottando specifiche iniziative che possano favorire l’inserimento dei giovani all’interno degli studi professionali. Affinché il settore possa crescere, è necessario, infatti, che i cosiddetti would be professionals ritrovino nuove opportunità per avviare percorsi formativi, ad alto contenuto professionale, o esperienze di lavoro all’interno di una realtà produttiva, come quella degli studi, che già si caratterizza per un livello di occupazione giovanile significativo. Le aspettative riposte nel progetto sono rilevanti.E i dati messi a disposizione dal Ministero del Lavoro ne danno conferma: al 24 luglio 2014 si attesta che siano 138.083 i giovani iscritti alla piattaforma (nazionale e regionali), la cui provenienza geografica conferma, ancora una volta, la necessità impellente di intervenire, con maggiore urgenza, in alcuni territori del Paese: capofila della lista è la Sicilia con 24.877 unità registrate, pari al 18% del totale, a cui seguono la Campania con il 16% (21.896 unità) e il Lazio con il 7% (10.049 unità). Ciò che stupisce, tuttavia, è l’ulteriore dato riguardante l’età dei soggetti che aderiscono al programma. Il 50% delle registrazioni, pari a 69.772 (39.239 uomini e 30.533 donne), infatti, ha interessato i giovani di età compresa tra i 19 e i 24 anni, mentre sono state 60.008, pari al 44%, quelle che hanno interessato giovani dai 25 ai 29 anni (28.696 uomini e 31.312 donne) e 8.303, pari al 6%, i giovani dai 15 ai 18 anni (5.151 uomini e 3.152 donne). Si tratta, in sostanza, di una platea eterogenea, che coinvolge per di più giovani che non studiano, non lavorano e/o non hanno avviato alcuna attività formativa (i cd. Neet) o che, viceversa, hanno appena concluso un percorso universitario, o un altro percorso di formazione. Come avvicinarsi, dunque, a questa realtà multiforme? Nel protocollo di intesa siglato da Confprofessioni si individuano quattro ambiti di intervento: -orientamento; -tirocini; -apprendistato; -autoimpiego ed autoimprenditorialità. Quanto all’attività di orientamento dei giovani, è facile comprendere la rilevanza riconosciuta a quest’attività. Affinché, nel futuro prossimo, questi giovani possano trovare uno sbocco lavorativo è necessario che siano resi effettivamente consapevoli delle richieste di mercato esistenti, delle figure professionali assorbibili e, di conseguenza, del percorso formativo da intraprendere. La proposta si inserisce, in maniera armonica, nella più ampia iniziativa europea “New skills for new jobs”, finalizzata ad anticipare e combinare i nuovi fabbisogni formativi rispetto alle mutevoli esigenze di mercato. Affinché si possa prevenire il fenomeno del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, Confprofessioni e l’Adepp intendono realizzare azioni orientate a rilevare i fabbisogni professionali del settore di riferimento ed elaborare una mappatura delle relative competenze, e delineare, in questo modo, possibili nuove figure professionali all’interno del sistema di classificazione ed inquadramento del personale. Il quadro analizzato, tuttavia, si completa solo con gli interventi effettivi che dovranno essere realizzati per rendere realmente operativa l’intesa in parola. Confprofessioni, infatti, unitamente all’Adepp, intende potenziare i canali di formazione e di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, quali apprendistato e tirocinio, anche siglando specifiche intese con le istituzioni formative interessate. Solo quando il mondo imprenditoriale e quello formativo inizieranno a dialogare in maniera continuata, infatti, si potranno generare percorsi di altissimo livello, e sostenere virtuosi e qualificati incontri tra domanda e offerta di lavoro. È la stessa Commissione Europea che, in un recente rapporto sostiene che l’incremento di un solo punto percentuale dell’apprendistato ha come conseguenza un aumento dello 0,95% del tasso di occupazione giovanile ed una riduzione di quello di disoccupazione pari allo 0,8%. L’apprendistato, infatti, rappresenta il canale di ingresso privilegiato nel mondo del lavoro anche per il settore degli studi professionali. I dati Cadiprof aggiornati al 2013, a questo proposito, attestano che quasi un giovane su due (tra i 20 e i 29 anni) inizia a lavorare in uno studio professionale con un contratto di apprendistato (si tenga conto che l’incidenza a livello nazionale del ricorso a tale istituto non ha superato il 10% degli avviamenti totali). Gli esempi più virtuosi, in tal senso, si rinvengono nell’area contabile-economica (consulenti del lavoro e commercialisti in testa) e nell’area tecnica, mentre cifre più basse si registrano nell’area sanitaria, in cui il ricorso all’apprendistato si colloca al di sotto del 40%. Il quarto ambito di intervento è rivolto all’autoimpiego ed all’autoimprenditorialità, che rappresentano una dimensione di grande interesse per i giovani professionisti intenzionati ad accedere al mercato del lavoro, tramite l’avvio di un’attività in proprio o attraverso la costituzione di un’associazione tra professionisti o ancora di una STP. Sono molti i giovani disoccupati che vorrebbero aprire una nuova attività economica ma che non riescono a concretizzare la loro intenzione. Questo stesso bacino di disoccupati fornisce un vero e proprio “esercito di riserva” di potenziali neo-imprenditori, che potrebbero essere avviati all’autoimpiego tramite strumenti di finanza dedicata (venture capital, microcredito, crowdfunding per le iniziative più piccole) e opportuni percorsi di crescita e formazione. In tal modo, è possibile ipotizzare che il fenomeno della nuova imprenditorialità giovanile, se adeguatamente sostenuto e incoraggiato, potrebbe interessare moltissimi Neet presenti nel nostro Paese. Si tratta, tuttavia, di individuare specifiche strategie per raggiungere e coinvolgere una platea di soggetti che, con grande probabilità, si trova al di fuori del circuito scolastico-universitario-formativo e molto spesso anche di quello dei servizi per l’impiego, non fruendo inoltre normalmente, soprattutto in alcuni contesti maggiormente disagiati, dei sistemi informativi o dei canali innovativi come il web e i social network, di cui si avvalgono invece più comunemente le persone in formazione o in cerca di lavoro. Il quadro appena descritto, tuttavia, potrà rendersi effettivamente operativo solo con l’intervento delle articolazioni regionali che saranno coinvolte nei diversi ambiti di azione: dall’ orientamento; ai tirocini e l’ apprendistato; fino ad interessarsi dell’autoimprenditorialità ed autoimpiego. Più specificamente, con riferimento all’attività di orientamento sarà compito delle delegazioni avviare azioni di formazione ed informazione sul territorio, così da rendere effettivamente conoscibili le esigenze eterogenee del mercato locale e le specificità sottese alle singole realtà. In questo modo, si potranno anticipare i fabbisogni di professionalità e di competenze richieste ed orientare le scelte dei giovani verso percorsi spendibili in futuro. Quanto alla fattispecie contrattuale dell’apprendistato, l’intesa conferma la storica funzione fondamentale delle regioni, riconosciuta dalla normativa, per le diverse tipologie. Pertanto, per l’avvio dell’apprendistato di primo e terzo tipo – per la qualifica e il diploma professionale e di alta formazione e ricerca (scarsamente utilizzati nel settore)- si dispone la sottoscrizione, oltre che di accordi nazionali, anche di contratti di secondo livello, da adottare in base alle diverse esigenze del territorio. Per la seconda tipologia di apprendistato – professionalizzante o di mestiere (quella maggiormente utilizzata nel settore)- invece, si riconosce nelle associazioni il canale di diffusione principale, a cui garantire (dal livello nazionale) supporto nella progettazione di percorsi di apprendistato. Infine, sempre le delegazioni territoriali avranno l’onere di promuovere e valorizzare – con il supporto dell’organo centrale- iniziative di sostegno all’autoimpiego ed all’autoimprenditorialità. L’azione sinergica degli attori coinvolti, dunque, renderà effettivamente realizzabile l’“impresa”. Ciò detto, volgendo lo sguardo all’avvio del Piano Garanzia Giovani nazionale, si impatta con una realtà non molto convincente. Poche sono le Regioni che hanno dato avvio ai colloqui iniziali con i giovani iscritti e, molti annunci di lavoro richiedono profili scarsamente qualificati. Pur tuttavia, si tratta di una partita tutta da giocare che richiede una forte collaborazione da parte di tutti gli attori coinvolti e che, rappresenta per il settore degli studi professionali, un’importante occasione di crescita per i professionisti del domani.