Il lavoro rappresenta un pilastro essenziale dell’identità individuale e sociale, ma può diventare una fonte di disagio quando le richieste eccedono le capacità di adattamento della persona. Lo stress, se cronico, può evolvere nella sindrome da burnout, definita come una condizione di esaurimento fisico, emotivo e mentale legata al lavoro.
Secondo l’OMS, il burnout è uno stress cronico lavoro-correlato caratterizzato da esaurimento energetico, distacco mentale dal proprio lavoro e ridotta efficacia professionale. Non è classificato come una malattia, ma come fenomeno occupazionale. I dati dell’American Psychological Association (APA) confermano una crescita esponenziale del fenomeno: oltre il 50% dei lavoratori riferisce di soffrirne.
Il burnout si sviluppa lentamente e spesso in modo subdolo. Colpisce in particolare chi opera nelle “helping professions” (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali), ma anche professionisti di settori ad alta esposizione emotiva come forze dell’ordine e insegnanti.
Le principali cause del burnout comprendono:
– Fattori ambientali: carichi di lavoro eccessivi, scarse risorse, mancanza di supporto sociale e riconoscimento.
– Caratteristiche individuali: perfezionismo, tendenza al pessimismo, bisogno di controllo, obiettivi irrealistici.
– Mismatch tra i valori personali e quelli organizzativi, squilibrio tra richieste e risorse disponibili.
I sintomi del burnout si manifestano su tre livelli:
– Cognitivo/emotivo: distacco emotivo, apatia, demotivazione, senso di inefficacia e irritabilità.
– Comportamentale: assenteismo, aggressività, abuso di sostanze, perdita di iniziativa.
– Fisico: disturbi del sonno, cefalee, problemi gastrointestinali, abbassamento delle difese immunitarie.
Secondo Maslach e Leiter, il burnout si articola in tre componenti fondamentali:
– Esaurimento emotivo: sensazione di essere svuotati delle proprie energie emotive.
– Cinismo o depersonalizzazione: atteggiamenti distaccati e cinici verso il lavoro e le persone assistite.
– Ridotta realizzazione personale: senso di fallimento e incompetenza.
La prevenzione e la gestione del burnout richiedono strategie su più livelli:
– Prevenzione primaria: miglioramento dell’ambiente lavorativo, adeguata distribuzione del carico di lavoro, partecipazione ai processi decisionali.
– Prevenzione secondaria: programmi di formazione per la gestione dello stress, pratiche di mindfulness, rilassamento, attività fisica.
– Prevenzione terziaria: supporto psicologico per lavoratori che già presentano sintomi.
Le aziende dovrebbero promuovere una cultura del benessere lavorativo, favorire relazioni positive tra colleghi, riconoscere il merito e supportare l’equilibrio vita-lavoro. L’individuo può agire migliorando il proprio coping emotivo, prendendosi pause regolari e coltivando interessi extra-lavorativi.
Conclusioni
Il burnout rappresenta un problema rilevante per la salute pubblica, con ripercussioni su produttività e qualità della vita. È fondamentale riconoscerne tempestivamente i segnali e adottare misure preventive efficaci. Un approccio integrato che coinvolga persona, gruppo e organizzazione è la chiave per promuovere benessere, resilienza e motivazione nel contesto lavorativo.
Redazione PsicologodiBase.com
Associata Collettiva PLP