"Arial",sans-serif;color:#222222″>L’Associazione nazionale Archeologi ha espresso forte perplessità sull’emendamento “Promozione turistica attraverso la valorizzazione della bellezza artistica e del patrimonio storico nazionale” (Art. 49-bis) inserito nella Legge di Bilancio, che prevede la possibilità di consentire l’esecuzione di scavi archeologici agli ospiti delle strutture ricettive e/o aziende vitivinicole. In particolare il comma 2 dell’emendamento prevede che gli imprenditori agrituristici direttamente “possono promuovere attività di ricerca archeologica e di scavo sui terreni di cui risultano essere proprietari o gestori”, una misura che – così formulata – non fornisce sufficienti garanzie scientifiche sia sulla qualità del progetto di ricerca che sul ruolo dei professionisti abilitati, sancito dalla Convenzione Internazionale per la protezione del patrimonio archeologico, firmata a La Valletta nel 1992 e ratificata dall’Italia nel 2015.
"Arial",sans-serif;color:#222222″>Non si comprende, inoltre, perché una misura di questo tipo debba essere frettolosamente inserita nella legge di bilancio, piuttosto che essere discussa e approfondita all’interno di sedi qualificate, in primo luogo all’interno delle commissioni parlamentari competenti, con la consultazione tramite audizione del MiBAC e delle associazioni del settore.
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"Arial",sans-serif;color:#222222″>Secondo quanto già previsto all’ art. 9 bis del Codice dei Beni Culturali (d.lgs 42/2004) e in analogia a quanto avviene nei lavori pubblici (D.M. 154/2017) ogni progetto di scavo archeologico deve essere sottoscritto da un archeologo professionista qualificato e abilitato a tale scopo e approvato dalle soprintendenze competenti.
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