Dietro quale angolo è parcheggiata la riforma del reddito di lavoro autonomo?

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Premessa

Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 30 aprile 2024 che contiene anche le norme di riforma del reddito di lavoro autonomo, al momento di pubblicazione di questo contributo non è ancora giunto in Gazzetta Ufficiale. Un ritardo inquietante tenuto conto che, per quel che qui interessa, il decreto dedica due corposi articoli (il 5 e il 6) a ridisegnare la tassazione dei professionisti prevista dall’articolo 5, comma 1, lettera f), della Legge delega n. 111 del 9 agosto 2023.

Ebbene, almeno in teoria, il legislatore se la potrebbe prendere con tutta calma posto che i decreti legislativi attuativi devono essere trasmessi al Capo dello Stato almeno venti giorni prima del termine fissato dalla legge delega, così come previsto dell’articolo 14 della legge numero 400 del 1988, in modo che il Presidente della Repubblica possa esercitare la sua funzione di controllo ed eventualmente rinviare l’atto al Consiglio dei Ministri per un suo riesame. Senonché il termine per l’attuazione della delega scade ad agosto 2025.

Posto che in base allo schema di norma, le innovative disposizioni decorrono dal periodo d’imposta 2024, oramai giunto a metà strada, l’auspicio è quello di vedere presto pubblicate le disposizioni che riguardano lavoratori autonomi e artisti e poter quindi cominciare a prendere la mira rispetto alle corpose modifiche apportate all’articolo 54 del Tuir.

In particolare, il decreto il cui iter non si è ancora concluso, in conformità alla delega dovrebbe prevedere:

  • il concorso alla formazione del reddito di lavoro autonomo di tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale (c.d. criterio di “onnicomprensività), principio già vigente anche nell’ambito del reddito di lavoro dipendente;
  • l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e riaddebitate al cliente e la conseguente indeducibilità delle medesime spese dal reddito dell’esercente l’arte o la professione; si tratta di una modifica che, ove attuata, risulta essere di grande apprezzamento per la categoria in quanto da tempo auspicata e richiesta, tenuto conto delle oggettive complicazioni contabili-procedurali che l’attuale disciplina comporta;
  • l’imputazione temporale dei compensi nello stesso periodo d’imposta nel quale il committente è obbligato a effettuare le relative ritenute, al fine di risolvere la problematica sorta in relazione ai pagamenti effettuati tramite bonifici bancari; il ben conosciuto doppio binario tra professionista che si vede accreditato il bonifico nell’anno successivo rispetto alla data in cui il cliente ha impartito l’ordine alla propria banca, con ovvia discordanza tra la certificazione della ritenuta rilasciata dal cliente e il reddito dichiarato (nel periodo d’imposta successivo ) dal professionista, in un modo o nell’altro, verrà ricomposto con la riforma. È bene far presente che il modo sarà ..l’altro: vale a dire l’anticipazione della tassazione del professionista all’anno precedente rispetto all’incasso.
  • la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni a società tra professionisti (STP). Si chiude così il cerchio, con l’introduzione di una disciplina fiscale ad hoc -con un ritardo di quasi 13 anni rispetto alla istituzione delle società tra professionisti introdotte nel nostro ordinamento dall’articolo 10 della Legge numero 183 del 12 novembre 2011- durante i quali i professionisti sono andati “alla ventura” adottando probabilmente anche comportamenti poco ortodossi, pur di arrivare al risultato dell’aggregazione con altri professionisti.

 

Lo schema di decreto legislativo approvato dal Cda

L’articolo 54 del TUIR viene interamente riscritto e smembrato in ben 8 articoli (da art. 54 ad art. 54-octies) ognuno dei quali disciplina un aspetto specifico della fiscalità del lavoratore autonomo e dell’artista.

E’ chiaro che non appena verrà attuato, presumibilmente entro fine anno, il “Testo Unico delle imposte sui redditi” la numerazione verrà modificata.

Occorre sottolineare che la sostituzione dell’attuale articolo 54 non si traduce in un azzeramento della oramai ben conosciuta e collaudata fiscalità dei professionisti, dal momento che molti passaggi contenuti nell’articolo sono interamente confermati nella nuova stesura. Senonché, le implementazioni sono numerose e di assoluto rilievo, come osservato in premessa.

 

La cessione della clientela

In primo luogo la riforma affronta e disciplina, nel segno della coerenza e al passo con i tempi, la problematica delle somme ricevute dal professionista che, normalmente in prossimità della cessazione della propria attività professionale per limiti di età, cede ad altri professionisti la propria clientela. Al riguardo, nell’ambito dell’articolo 17 del Tuir viene rimodulata la già presente ipotesi di tassazione separata prevedendo che il favorevole criterio opzionale viene esteso non solo alle ipotesi di incasso in unica soluzione ma anche laddove le somme vengono percepite, in più rate, sempre ché nello stesso periodo di imposta. D’altro canto per l’acquirente, essendo assimilata la cessione in questione all’avviamento, è prevista la deducibilità del costo in un periodo minimo 18 anni.

Inoltre, viene prevista la possibilità di tassazione separata anche con riferimento alle plusvalenze derivanti dalla vendita di partecipazioni in associazioni tra professionisti, società ed enti, nella consapevolezza che oramai è sempre più frequente l’esercizio della professione in forma aggregata.

Le plusvalenze relative a partecipazioni non riferibili all’attività artistica o professionale restano, naturalmente, produttive di redditi diversi.

 

Determinazione del reddito di lavoro autonomo

Resta confermato che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività. Resta quindi confermata la rilevanza del principio di cassa, fatte salve le deroghe espressamente previste.

 

Compensi a cavallo d’anno

Come già detto in premessa, le somme e i valori in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo per quest’ultimo di effettuazione della ritenuta.

Si risolve quindi un aspetto che ha comportato le note criticità non rettifiche automatiche del reddito che hanno costretto i professionisti ad effettuare i noti pellegrinaggi alla locale agenzia delle entrate a dimostrazione della correttezza del proprio operato.

 

Incassi non tassati

Di fondamentale importanza la circostanza che non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di:

  1. a) contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del cliente (fin qui nulla di nuovo);
  2. b) rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente (disposizione innovativa non tanto nei contenuti quanto nella procedura di riaddebito al cliente – si veda oltre);
  3. c) riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi a essi connessi (ben venga la norma che sancisce nero su bianco quanto già chiarito dalla Circolare agenzia entrate 23 giugno 2010, n. 38/E, par. 3.4).

Ebbene, le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito al professionista e da questi sostenute laddove rimborsate dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista. Quest’ultima disposizione si traduce in una notevole semplificazione procedurale-amministrativa nei rapporti tra professionista e committente perché viene evitata al professionista la tortuosa procedura, oggi vigente, che prevede comunque l’obbligo di indicare analiticamente in fattura queste spese (che formano reddito e sono quindi soggette a ritenuta del 20%) per poi dedurle esattamente per pari importo in quanto effettivamente sostenute. In sostanza, un’inutile partita di giro che vede il professionista privato al momento dell’incasso dell’importo pari alla incoerente ritenuta del 20%.

Resta confermato in ogni caso che le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista. In questo caso il professionista resta, infatti, del tutto estraneo nel rapporto contrattuale ed economico tra il proprio cliente ed il fornitore del servizio (trasporto, alloggio, ristoro).

 

Plusvalenze e altri proventi

Parafrasando ciò che già avviene nell’ambito della determinazione del reddito d’impresa, viene confermato che le plusvalenze dei beni mobili strumentali concorrono a formare il reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso o mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni (rileva l’importo dell’indennizzo). Inoltre, sono tassate le plusvalenze (in base al valore di mercato) dei beni se questi vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione. Con un occhio alle autovetture e ai telefoni (ad esempio) viene previsto che la plusvalenza rileva nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato. A chiusura del cerchio viene stabilito che le minusvalenze seguono le stesse regole.

Senonché, l’assimilazione al reddito d’impresa è solo apparente perché resta fermo il criterio di cassa che impronta la determinazione del reddito di lavoro autonomo e non vi è la possibilità di rateizzare le plusvalenze.

 

Il leasing

Dando seguito ad una consolidata interpretazione dell’agenzia delle entrate viene previsto che anche nell’ambito di lavoro autonomo, così come nel reddito d’impresa, in caso di cessione del contratto di locazione finanziaria avente a oggetto beni immobili e mobili strumentali, concorre a formare il reddito il valore normale del bene al netto del prezzo stabilito per il riscatto e dei canoni relativi alla residua durata del contratto, attualizzati alla data della cessione medesima, nonché, in caso di beni immobili, al netto della quota capitale dei canoni, già maturati, indeducibile in quanto riferibile al terreno. Ciò in piena conformità a quanto da tempo previsto dalla normativa sul reddito d’impresa ma stabilito in via interpretativa dall’agenzia anche per i lavoratori autonomi.

 

Rimborsi e riaddebiti

Il legislatore della riforma ha affrontato nell’ambito delle spese sostenute dal professionista il delicato e assai sentito tema delle spese anticipate dal cliente ma non rimborsate al lavoratore autonomo. Come sopra detto, le spese sostenute e poi analiticamente addebitate al cliente non sono deducibili per il professionista e il rimborso non è tassato, tant’è che il committente non deve effettuare alcuna ritenuta. In definitiva gli

Ebbene, è previsto che i citati costi e spese sono comunque deducibili se il rimborso non avviene laddove:

  • il cliente si trova nell’ambito di uno degli istituti previsti da codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o a procedure estere equivalenti;
  • la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente sia rimasta infruttuosa;
  • il diritto alla riscossione del corrispondente credito si è prescritto.

Inoltre, con illuminato intuito operativo, il legislatore ha previsto che le spese anticipate in ragione dell’incarico conferito dal cliente comprensivo del compenso a esse relative, fino all’importo di euro 2.500 euro ove non rimborsate entro un anno (365 giorni) dalla loro fatturazione divengono comunque deducibili. E’ evidente l’equiparazione all’articolo 101 del Tuir riguardanti i crediti di piccolo importo non incassati dall’impresa nel termine di un anno.

E’ poi ovvio che nel caso in cui le spese oggetto di deduzione siano successivamente rimborsate, le stesse concorreranno alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui avviene la loro percezione secondo gli ordinari criteri previsti per la determinazione del reddito di lavoro autonomo.

 

Spese relative ai beni mobili e immobili

Per i beni strumentali, esattamente come per le imprese, ci si rifà ai coefficienti di ammortamento di cui al DM 31/12/21988 ridotti alla metà per il primo periodo d’imposta ed è confermata la regola della integrale deducibilità dei beni materiali strumentali il cui costo unitario non sia superiore a euro 516,40. Come per le imprese, l’eliminazione del cespite dal processo produttivo consente di dedurre in unica soluzione il costo residuo.

Confermate per intero anche le regole della deducibilità per competenza temporale dei canoni di locazione finanziaria e dunque:

  1. a) in caso di beni immobili, per un periodo non inferiore a 12 anni; resta ferma la non deducibilità della parte capitale del canone riferita al terreno. Inoltre, se in uno stesso comune vi sono due immobili utilizzati per l’attività di lavoro autonomo resta fermo che solo uno è deducibile:
  2. b) in caso di autovetture ed affini, per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con DM 31/12/1988; resta ferma la non deducibilità del canone in base alle regole previste dall’articolo 164 del Tuir;
  3. c) in tutti gli altri casi (macchine ufficio, mobili e arredi, etc.) la deducibilità è legata ad un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento di cui al citato DM.

Le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi. E’ stata, quindi, eliminata la quella parte della disposizione che prevede la deducibilità di tali spese, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, quale risulta all’inizio del periodo d’imposta dai registri contabili, e per l’eventuale eccedenza, in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi. I beni strumentali dei professionisti, a differenza delle imprese, sono di importo contenuto e, dunque, il mantenimento della disposizione avrebbe portato notevoli incoerenze.

Da ultimo, qualsivoglia bene strumentale utilizzato (in proprietà, in leasing o in locazione) promiscuamente, riduce la deducibilità in via forfetaria al 50%.

Confermata la deducibilità all’80% per i telefoni che sono ope legis considerati ad uso promiscuo seppure con questa percentuale di deducibilità ridotta.

 

Spese relative a beni ed elementi immateriali

In perfetta sintonia con la disciplina del reddito d’impresa, viene introdotta la deducibilità del costo d’acquisto degli “Intangible property”, circostanza certamente poco usuale per i lavatori autonomi.

In particolare, viene innovativamente previsto che le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50%. Sempre acquisita dal reddito d’impresa l’ulteriore previsione secondo la quale “Le quote di ammortamento del costo degli altri diritti di natura pluriennale sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.”. S’immagini, ad esempio, le spese di ristrutturazione di un immobile i cui costi si deducono lungo la durata del contratto di locazione.

 

Alloggio e ristorazione

Nessuna modifica circa le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande che restano deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta.

Da qui l’interesse a far si che sia il cliente a farsi carico direttamente di tali spese di trasferta, ovvero l’opportunità di riaddebitare analiticamente tali spese al cliente in modo da farle uscire dal circuito reddituale.

Conferma anche per le spese di rappresentanza deducibili nei limiti dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta. Sono comprese in questa categoria anche le spese sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, nonostante siano utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’arte o professione, ed anche per essere destinati ad omaggi.

 

Convegni e congressi

Resta il tetto dei 10.000 euro per le spese riferite ad iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi. L’importo comprende le spese di viaggio e soggiorno.

Conferma della integrale deducibilità, entro il limite annuo di 5.000 euro, delle spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente.

Sono, da ultimo, integralmente deducibili gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà.

 

Contributi previdenziali

Decisa svolta, invece, per i contributi previdenziali versati alle casse professionali o alla gestione INPS anche separata per i professionisti senza cassa ovvero dei lavoratori dello spettacolo. Dette somme vanno ad abbattere il reddito nel quadro RE e non vanno, quindi, indicate nel quadro RP come onere deducibile.

In sostanza vengono estese a 360° gradi le conclusioni già note riferita alla cassa notarile, inizialmente osteggiata dall’Agenzia delle entrate. Nel caso in cui l’ammontare dei contributi versati dovesse azzerare il reddito professionale l’eccedenza viene detratta dai restanti redditi. Esattamente gli stessi criteri già previsti per i soggetti forfetari.

Con riferimento agli oneri del personale sono deducibili per competenza il TFR e l’indennità di fine collaborazione. Per le spese di trasferta dei dipendenti (non collaboratori) si applicano le disposizioni di cui all’articolo 95, comma 3.

 

Conclusioni

Non sono solo queste le modifiche ai criteri di tassazione dei lavoratori autonomi e non è escluso che nella versione definitiva vi possano essere spazio per ulteriori messe a punto, ma già quello che è dato conoscere dalla bozza di norma riveste una importanza notevole per la fiscalità del professionista.

Senza considerare che finalmente è giunta al traguardo anche l’antica questione della fiscalità delle società tra professionisti e della neutralità dei processi di aggregazione professionale della quale daremo conto in un prossimo contributo sulla rivista.