Il contratto? Un cantiere aperto all’innovazione

Con il via libera del Consiglio generale di Confprofessioni entra in vigore il nuovo Ccnl degli studi professionali. L’accesso dei giovani nel mondo professionale, il potenziamento del welfare e la flessibilità del lavoro sono i punti forti per rendere più competitivo il settore professionale e stimolare l’occupazione. Parla il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella

di Giovanni Francavilla – da Il Libero Professionista Reloaded #22

 

Il settore delle libere professioni è attraversato da una evoluzione normativa e di mercato che richiede risposte chiare e semplici a questioni complesse, appesantite da uno scenario economico ancora debole e incerto. La pandemia, le guerre e le tensioni geopolitiche degli ultimi due anni hanno riattizzato i focolai inflattivi, esasperando i prezzi al consumo e riducendo, da un lato, la capacità di spesa delle famiglie e, dall’altro, la propensione agli investimenti da parte delle imprese e degli studi professionali. A questi fattori “esogeni” si sommano poi profondi cambiamenti strutturali che si sovrappongono e si stratificano tra loro come tanti centri concentrici e che hanno un impatto diretto sul lavoro professionale e sull’organizzazione degli studi.

Il settore professionale si trova nella scomoda posizione di dover fronteggiare gli effetti di una transizione demografica senza precedenti, caratterizzata da una crescita esponenziale della popolazione anziana e da una progressiva riduzione dei giovani, aggravata dalla persistente bassa natalità. Il declino demografico, in prospettiva, rischia di indebolire ulteriormente un quadro già segnato dal calo degli iscritti a un ordine professionale (-76 mila tra il 2018 e il 2022), dalla scarsa propensione verso la libera professione dei giovani neolaureati (-10,% tra il 2018 e il 2022) e dalla difficoltà oggettiva di reperire forza lavoro soprattutto nelle regioni del Nord. Ma non è finita, perché ci sono poi le spinte impresse dalla transizione digitale e dalla sostenibilità ambientale, che aprono nuovi fronti sullo sviluppo dimensionale degli studi e sul mismatch tra domanda e offerta di competenze.

In questa cornice, lo scorso 16 febbraio, Confprofessioni (per la parte datoriale) e le organizzazioni sindacali del settore hanno raggiunto un’intesa sull’ipotesi di rinnovo del contratto collettivo degli studi professionali – approvata all’unanimità dal Consiglio generale di Confprofessioni lo scorso 15 marzo – che, come sottolinea in questa intervista il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella: «apre la strada a un profondo rinnovamento degli studi e rappresenta una spinta verso l’innovazione nel lavoro professionale, codificando le più recenti regole del mercato del lavoro per valorizzare il capitale umano e intellettuale degli studi, anche attraverso un deciso potenziamento del welfare, che da sempre caratterizza la storia contrattuale degli studi professionali».

Presidente Stella, obiettivo raggiunto?

Sì, è stata una trattativa lunga e complessa dove ai problemi legati alla congiuntura negativa si sono aggiunte visioni spesso divergenti su come interpretare l’evoluzione del mercato dei servizi professionali. Ma alla fine siamo riusciti a trovare un buon punto di equilibrio tra le diverse esigenze di lavoratori e datori di lavoro.

Partiamo dal contesto economico. Quanto ha pesato l’impennata dell’inflazione sulle trattative?

Veniamo da una vacatio contrattuale durata sei anni: un arco temporale lungo e funestato dalla pandemia e dall’instabilità geopolitica, che ha messo sotto pressione i prezzi energetici alimentando quindi la corsa dell’inflazione. Per far fronte alla vacanza contrattuale l’ipotesi di rinnovo contrattuale ha previsto l’erogazione di un’una tantum, che può essere erogata anche attraverso gli strumenti di welfare previsti dalla normativa vigente. C’è poi da considerare che l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (Ipca), il parametro di riferimento utilizzato nella contrattazione collettiva per misurare il potere di acquisto delle retribuzioni, è passato dallo 0,8% del 2018 al 6,6% del 2022. Di conseguenza gli aumenti salariali stabiliti dal Ccnl degli studi professionali rappresentano una soluzione sostenibile per recuperare il potere di acquisto dei lavoratori, ma anche una leva per rendere più appetibile il nostro contratto e quindi stimolare l’occupazione negli studi.

Anche nell’ultimo rinnovo il potenziamento del welfare è il piatto forte del contratto. Quali sono le principali novità?

Il welfare fa parte della storia contrattuale degli studi professionali. Da sempre abbiamo dedicato una grande attenzione alla tutela dei dipendenti e dei datori di lavoro e anche con l’ultimo rinnovo abbiamo voluto valorizzare ulteriormente gli strumenti di welfare a loro disposizione. L’aumento della contribuzione a favore della bilateralità di settore va proprio in questa direzione. Pensiamo, per esempio, alla popolazione femminile degli studi che dal prossimo anno vedrà salire al 90% l’indennità di maternità per l’astensione obbligatoria e anche i congedi parentali per la nascita o l’adozione di un figlio sono stati allineati alla normativa nazionale nell’ottica di un corretto work-life balance. Senza dimenticare poi che per la prima volta abbiamo inserito nel panorama della contrattazione collettiva, la giornata della prevenzione negli studi professionali.

Parliamo di tutele a tutto campo?

Certamente, con il rinnovo del Ccnl sarà possibile, per esempio, l’estensione delle coperture di assistenza sanitaria, erogate da Cadiprof, ai familiari dei lavoratori o il potenziamento delle misure messe in campo dall’Ente bilaterale Ebipro: pensiamo ai rimborsi delle tasse universitarie, le spese per le attività sportive o gli asili nido per i figli dei dipendenti e datori di lavoro. Più in generale, l’obiettivo di fondo resta quello di coniugare politiche attive e passive. In quest’ottica stiamo valutando la realizzazione di un sistema di supporto all’occupazione per individuare attraverso Fondoprofessioni percorsi mirati di riqualificazione professionale per i lavoratori interessati da interventi di sostegno al reddito. Un passaggio innovativo che valorizza anche la contrattazione di secondo livello e favorisce la produttività.

Abbiamo visto che gli studi professionali faticano a trovare personale dipendente da assumere. Che cosa prevede il nuovo contratto per stimolare l’occupazione negli studi?

Al di là del potenziamento del welfare, numerosi istituti contrattuali sono stati adeguati alla normativa vigente, nell’ottica di rendere più flessibile l’accesso al mercato del lavoro professionale, anche attraverso il lavoro agile. Anzitutto sono state disciplinate tutte le tipologie di apprendistato, viene regolamentato lo smart working e il lavoro a chiamata ed è stato confermato il contratto di reimpiego per gli over 50 e disoccupati di lunga durata. Per quanto riguarda poi i contratti a termine, per esempio, il Ccnl degli studi professionali è il primo a livello nazionale a prevedere il ricorso al lavoro a termine oltre i 12 mesi. Si tratta in questo caso di una soluzione che va incontro alle esigenze di un datore di lavoro che ha ricevuti incarichi professionali di durata superiore ai 12 mesi oppure per l’avvio di nuove attività, aggregazioni o fusioni tra studi.

Queste misure basteranno anche per attirare i giovani neolaureati poco inclini alla libera professione?

Lo scarso appeal della libera professione tra i neolaureati è un problema molto serio, che può essere risolto con un’azione corale tra università e sistema professionale nel suo insieme (ordini, casse e associazioni). Attraverso la contrattazione collettiva abbiamo cercato di favorire il loro ingresso negli studi attraverso l’apprendistato per il praticantato, una formula già sperimentata in passato in alcune Regioni con riscontri positivi che ora viene disciplinata nel Ccnl e che dovrà essere attuata attraverso i necessari protocolli con gli ordini. Ma la strada è tracciata: i neolaureati assunti da uno studio potranno utilizzare l’apprendistato retribuito per accedere ad un albo e avviare così la propria carriera nel mondo professionale.

L’impatto della digitalizzazione richiede alte professionalità e competenze che al momento scarseggiano all’interno degli studi professionali. Come risponde il contratto alla sfida delle nuove tecnologie?

Sotto questo profilo il Ccnl degli studi è un cantiere aperto all’innovazione e al mutato contesto occupazionale del nostro settore. Il rinnovo già prevede l’inquadramento di alcuni profili professionali come l’assistente e il collaboratore degli studi odontoiatrici, come pure l’addetto all’elaborazione paghe all’interno degli studi dei consulenti del lavoro. Ma la vera sfida sarà quella di seguire l’evoluzione tecnologica e digitale del nostro settore e a breve verrà istituito un gruppo di lavoro per individuare nuovi profili e professionalità nella declaratoria contrattuale.