Il concordato preventivo biennale, come evitare litigi con il Fisco

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Prende forma il nuovo concordato preventivo biennale, con cui l’amministrazione finanziaria spera di ottenere interessanti sviluppi sul fronte deflattivo, anticipando con specifici accordi l’ammontare di imposte da versare; ciò dovrebbe limitare l’azione di controllo nei confronti dei contribuenti interessati.

Il concetto è semplice e consiste nel proporre a contribuenti “minori”, o che comunque denotano un importante livello di affidabilità, un accordo biennale circa i risultati reddituali che saranno raggiunti. Al momento si è al primo stadio della proposta normativa, leggendosi tra l’altro che la disciplina definitiva del nuovo concordato preventivo è subordinata all’adozione di ulteriori interventi attuativi (in particolare, un decreto del ministero dell’economia e delle finanze e un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate), ma già è possibile tracciare i tratti salienti ed il perimetro di applicazione del nuovo istituto.

Quale potrà essere l’effettivo successo (e soprattutto la relativa efficacia) di tale istituto non è dato sapere; chi ha qualche anno in più di età ricorderà la precedente esperienza di circa 20 anni or sono, accantonata ella velocità della luce senza troppi rimpianti, ma magari stavolta qualcosa gira per il verso giusto e l’entusiasmo del popolo delle partite IVA sarà tale che avremo addirittura sfilate e clacson sonanti ad inneggiare la lieta novella.

Lo scopriremo solo vivendo, nel frattempo vediamo di cosa si tratta.

 

I soggetti interessati

Particolarmente interessanti sono i requisiti soggettivi previsti.

Per esplicita previsione sono ammessi i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, residenti nel territorio dello Stato. Posto che dalla successiva lettura della proposta normativa si intuisce che il nuovo istituto è riservato a due categorie di contribuenti, ossia:

  • i soggetti per i quali si applicano gli ISA e che hanno registrato un livello elevato di affidabilità;
  • i contribuenti forfetari,

può affermarsi che di fatto gli altri contribuenti, ai fini della norma, non sono considerati “minori” e non saranno destinatari di alcuna proposta.

L’ambito soggettivo è chiaramente distinto in due “capi” della norma.

Il secondo è dedicato ai soggetti che nell’anno precedente al concordato hanno applicato gli ISA; il terzo ai contribuenti forfettari. Vi è anzitutto un preciso requisito temporale, che consiste nell’avere almeno un anno di attività.

Infatti:

  • mentre per i soggetti ISA si fa riferimento a quanto accaduto nell’anno precedente come risultato dell’affidabilità, con implicita necessità di non aver avuto una causa di esclusione (tra l’altro) per inizio attività;
  • per i forfettari è chiaramente affermato che devono avere almeno un anno di anzianità, essendo espressamente esclusi coloro che hanno avviato l’attività proprio nell’anno precedente.

In ogni caso, l’accesso è condizionato al rispetto di ulteriori requisiti; in particolare, il contribuente interessato, con riferimento al periodo di imposta precedente a quelli a cui si riferisce la proposta di concordato:

  • deve aver ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno ad 8, sulla base dei dati comunicati mediante il modello ISA, anche attraverso l’integrazione di ulteriori componenti positivi non risultanti dalle scritture contabili. Ovvio che tale condizione non trova applicazione per i contribuenti forfetari, ma è altrettanto ovvio che è bene fare qualche riflessione ulteriore in sede di adeguamento dichiarativo, almeno fino a tutti i 90 giorni successivi al termine del 30 novembre, per cercare di intercettare il richiamato livello di affidabilità (ciò in quanto, almeno nel passato, l’agenzia delle entrate ha evidenziato che il regime premiale non viene riconosciuto in presenza di dichiarazioni integrative oltre i 90 giorni successivi all’originaria scadenza);
  • non deve avere debiti tributari; a parziale deroga di tale condizione, l’accesso è consentito se entro il termine per l’accettazione della proposta il contribuente ha estinto i debiti d’importo complessivamente pari o superiore a 5.000 euro derivanti da tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o da contributi previdenziali definitivamente accertati (i debiti oggetto di rateazione o sospensione non concorrono al citato limite). Anche in tale direzione è evidente che per coloro che sono realmente interessati si pone il problema di pianificare i pagamenti, per soddisfare il requisito normativo.

Dopo di che viere richiesta la regolarità dichiarativa e l’assenza di reati tributari.

Nel dettaglio, sono esclusi colore che:

  • hanno omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo ad effettuare tale adempimento;
  • hanno subito una condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, (vale a dire i reati c.d. tributari), nonché dall’articolo 2621 del codice civile, nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale,  commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Sicuramente la previsione riguardante i reati è assai singolare: si parla espressamente di “condanna” e, dunque, considerando i tempi ordinari di un processo in Italia potrebbe trattarsi di un reato commesso molti anni prima; di contro non rilevano le comunicazioni di notizia di reato o le indagini in atto nel triennio precedente.

 

Gli aspetti procedurali

La procedura prevista, ovviamente almeno al livello teorico posto che mancano tutti i provvedimenti attuativi del caso, si basa sulla valutazione dei dati dichiarati dal contribuente utili allo scopo che saranno raccolti mediante una specifica procedura telematica. Non è dato sapere di quali informazioni si tratti anche se è facile intuire che presumibilmente saranno valorizzati alcuni dati contabili significativi per lo svolgimento dell’attività, elaborati poi in funzione dei dati di settore o comunque dei dati storici dichiarati dai contribuenti medesimi. La commissione degli esperti è chiamata, peraltro, a vigilare sulla correttezza della futura metodologia.

Fatto sta che mediante tale procedura telematica, che a regime dovrebbe essere disponibile entro il 15 marzo di ogni anno, saranno raccolte le informazioni indispensabili per l’elaborazione della proposta concordataria.

Viene espressamente previsto che l’amministrazione finanziaria potrà basarsi sui molteplici dati in suo possesso, non aggravando i contribuenti di ulteriori oneri dichiarativi e potrà fare ricorso anche alle diverse banche dati esistenti o alle informazioni comunque reperibili. La proposta ricevuta, rilevante ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, potrà essere accettata entro i termini previsti per il versamento a saldo delle imposte (anche al riguardo, sarà necessario attendere la fase attuativa per la migliore definizione della tempistica operativa).

L’accettazione della proposta vincola ovviamente i contribuenti alla dichiarazione degli importi concordati ed al versamento delle relative imposte. In caso di mancato versamento delle imposte, ferme restando le possibilità offerte dal ravvedimento operoso, l’amministrazione procederà all’iscrizione a ruolo.

La gestione del concordato per i soggetti ISA

Il legislatore ha preferito gestire separatamente alcuni aspetti particolari della procedura concordataria tra soggetti ISA (in questa sede ci soffermeremo sui lavoratori autonomi) ed i soggetti forfettari.

Relativamente ai soggetti ISA, è anzitutto precisato che restano fermi gli ordinari obblighi dichiarativi e contabili, inclusa la comunicazione dei dati necessari all’elaborazione degli indici di affidabilità. L’adesione al concordato non produce inoltre effetti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la cui applicazione avviene secondo le regole ordinarie.

Per quanto concerne il mondo professionale, il reddito di lavoro autonomo rilevante ai fini delle imposte sui redditi, proposto al contribuente, è individuato senza considerare i valori relativi a:

  • plusvalenze e minusvalenze di cui ai commi 1-bis e 1-bis.1 dell’articolo 54 del Tuir;
  • redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società di persone, associazioni di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

In sostanza, il reddito concordato è solo quello “routinario” derivante dalla ordinaria gestione, con una precisa previsione: non può essere inferiore a 2.000,00 euro, tanto che anche le eventuali perdite pregresse, utilizzabili secondo le regole del Tuir, non possono determinare in vigenza dell’accordo un reddito inferiore a 2.000,00 euro.

A tale riguardo, inoltre, è anche espressamente previsto che il saldo netto tra le plusvalenze e le minusvalenze, nonché i redditi derivanti dalle partecipazioni, pur determinando una corrispondente variazione del reddito concordato, non potrà determinare che la dichiarazione concordataria abbia un reddito minimo di 2.000 euro.

Nel caso di società semplici e di soggetti ad esse equiparati, il predetto limite di euro 2.000 è ripartito tra i soci o associati secondo le rispettive quote di partecipazione.

Inutile dire che l’aspetto di maggiore interesse del nuovo istituto è rappresentato dai benefici che si ottengono aderendo allo stesso. In merito è stabilito che gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, nonché dei contributi previdenziali obbligatori. Dunque è il reddito concordatario che viene preso a base per la liquidazione di imposte e contributi; la sola deroga è prevista in ipotesi di realizzo di redditi superiori, laddove è data facoltà al contribuente di liquidare i contributi previdenziali in rapporto al maggior reddito effettivo.

Deve comunque precisarsi che per quanto concerne altri benefici, come nel caso delle detrazioni e deduzioni Irpef, per esplicita previsione normativa dovrà (haimè!) essere considerato il reddito realmente realizzato, che sarà rilevante anche ai fini ISEE.

L’IVA, come detto, non risente dell’accordo raggiunto e viene liquidata secondo le regole ordinarie vigenti.

In presenza di circostanze eccezionali, che devono essere individuate in sede attuativa, laddove dovessero registrarsi minori redditi effettivi eccedenti (in più o in meno) la misura del 60% rispetto a quelli oggetto del concordato, quest’ultimo cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si realizza. Dunque, esiste una sorta di norma di “salvaguardia” in senso negativo, che però in visione prospettica deve essere adeguatamente valutata dai contribuenti: di fatto, l’accordo è biennale e se si immagina di avere importanti miglioramenti dei propri risultati può essere vantaggioso “bloccare” il reddito rilevante ai fini della tassazione; di contro però tale vincolo permane anche nel caso di futuri risultati negativi e deve registrarsi non soltanto una delle casistiche individuate dal legislatore in futuro, ma anche un crollo di almeno il 60% dei risultati concordati, riduzione sicuramente significativa e che ha un assunto implicito secondo cui un crollo fino al 59%, che è pur sempre deleterio, non permetterà di non versare le imposte concordate.

L’ulteriore vantaggio è poi rappresentato dalla conservazione del regime premiale nel biennio del concordato.

Al dunque, durante il concordato il contribuente è tenuto a comunicare i dati ISA, ma di fatto resta indifferente agli stessi avendo in ogni caso i vantaggi del regime premiale; nel secondo anno, però, deve monitorare il “voto” ricevuto, poiché per quanto diremo a breve, laddove dovesse essere interessato a permanere nel concordato, deve mantenere il livello 8, anche magari dichiarando redditi maggiori rispetto a quelli concordati (ed in tale caso dovrà corrispondere le imposte su tali maggiori redditi).

Come anticipato, decorso il biennio oggetto di concordato e trovando conferma sia le condizioni di accesso che il non ricorrere delle cause di esclusione, sarà la medesima Agenzia delle entrate a formulare una nuova proposta di concordato per il biennio successivo, cui il contribuente può aderire sempre entro i termini di versamento del saldo delle imposte.

Posto che l’accesso al concordato scatta, come detto, con riferimento ai soggetti che registrano almeno il voto “8” ai fini ISA nell’anno precedente, è espressamente prevista la possibilità per i contribuenti interessati di dichiarare eventuali ulteriori componenti positivi per migliorare il punteggio di affidabilità fiscale anche in vigenza di concordato. Da tale previsione si deriva che:

  • la proposta concordataria fissa i redditi da dichiarare del biennio, dato che trattasi di un esplicito accordo in tal senso con il fisco;
  • in ogni caso nel decorso del biennio del concordato, i soggetti ISA continuano ad applicare gli indici di affidabilità ed a ricevere il relativo “voto”, pur se lo stesso è ininfluente dato che il regime premiale è comunque riconosciuto in vigenza di concordato;
  • laddove al termine del primo biennio il relativo ISA, pur in presenza di accordo concordatario, dovesse emergere un voto ISA inferiore ad 8, il contribuente interessato potrà adeguarsi e migliorare il punteggio, raggiungendo appunto il valore 8 utile al fine di accedere alla proposta concordataria per il biennio successivo;
  • l’adeguamento eseguito ai fini ISA in presenza di accordo concordatario determina un corrispondente maggior reddito e maggior valore della produzione netta rispetto a quelli concordati e un maggior volume di affari ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Di fatto, sembra di intuirsi che il contribuente sarà tenuto a maggiorare in ogni caso il reddito concordatario del risultato dell’adeguamento ISA, pur se magari lo stesso, almeno teoricamente, è già assorbito dal livello reddituale concordato.

Ad esempio, si potrebbe registrare il caso di un contribuente con dati spontanei dichiarati di:

  • compensi pari a 100
  • reddito originario pari a 40,
  • per accordo concordatario è tenuto in ogni caso a dichiarare un reddito di 60.
  • il livello premiale ISA con voto 8 è raggiungibile adeguando i compensi ad un ammontare di 110, ossia con un incremento di 10.

Ebbene, in forza dei futuri provvedimenti di prassi, bisognerà avere conferma se, nel caso in questione:

  • questi maggiori 10 di compensi si traducono sempre in 10 di maggior reddito da sommare ai 60 concordatari;
  • o se posto che il reddito originario da 40, in forza dell’adeguamento di 10 raggiunge il livello 50, detto adeguamento sia già assorbito dal reddito di 60 da dichiarare in forza del concordato.

Ovviamente  il problema non si pone se il livello originario di reddito spontaneamente dichiarato è già superiore a quello concordato (ad esempio, reddito originario 120 e reddito concordato 100): in tale evenienza è ovvio che qualsiasi adeguamento ISA va ad incrementare il reddito concordatario da dichiarare.

Sul piano procedurale è infine previsto che:

  • gli acconti relativi ai periodi oggetto di concordato sono calcolati sulla base dei redditi frutto dell’accordo.
  • il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta nel quale si verifica una delle seguenti condizioni:
  1. il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso (ma la cessazione non si verifica se per le nuove attività è prevista l’applicazione del medesimo indice ISA);
  2. il contribuente cessa l’attività.

 

La gestione del concordato per i forfettari

Le regole per i soggetti in regime forfettario sono più semplici.

Anzitutto restano fermi gli adempimenti ordinari contabili, nonché la gestione dell’IVA e dei contributi, come disciplinati dal regime forfettario. Come per i soggetti ISA, è previsto il rinnovo biennale della proposta e gli acconti si determinano sulla base dei redditi concordati.

Ai fini reddituali, il reddito di lavoro autonomo oggetto di concordato verrà proposto dall’amministrazione finanziaria in funzione delle proprie elaborazioni e dei dati dichiarati, ferma restando la dichiarazione di un reddito minimo di 2.000 euro. Gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori, ferma restando la possibilità per il professionista di versare comunque i contributi sulla parte eccedente il reddito concordato. Infine anche per i forfettari è prevista una clausola di salvaguardia per gli eventuali risultati negativi, sempre al ricorrere di circostanze eccezionali che saranno individuate dal futuro decreto ministeriale attuativo, ma pur sempre con minori redditi ordinariamente determinati eccedenti la misura del 60% rispetto a quelli oggetto del concordato: in tali ipotesi il concordato stesso cessa di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si verifica.

Inoltre, il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta in cui si verifica una delle seguenti condizioni:

  • il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso, a meno che tali attività rientrino in gruppi di settore ai quali si applicano i medesimi coefficienti di redditività previsti ai fini della determinazione del reddito per i contribuenti forfetari;
  • il contribuente cessa l’attività.

 

Decadenza del concordato

A fattor comune per tutti i soggetti interessati al concordato preventivo biennale vi sono poi le esplicite previsioni in ordine alla cessazione del regime, che si verifica per entrambi i periodi d’imposta:

  • a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, se risulta l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità (che il legislatore elenca esplicitamente, come vedremo a breve). Si tratta di una previsione molto delicata, atteso che nell’ordine è prevista anzitutto l’esclusione per entrambi i periodi dell’accordo (quindi anche se l’accertamento riguarda la seconda annualità), dopo di che può trattarsi di un’esclusione “postuma” (dati i tempi dell’accertamento), che potrebbe divenire particolarmente dolorosa, data la tassazione ordinaria di tutti i redditi eccedenti l’accordo raggiunto;
  • a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, se i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente, determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato;
  • al concretizzarsi di una delle cause di esclusione, ovvero in presenza di debiti tributari o di mancata estinzione di quelli superiori a 5 mila euro per i tributi amministrati dall’agenzia delle entrate ovvero di debiti per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Ovviamente non rilevano i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione;
  • se è omesso il versamento delle imposte relative ai redditi e al valore della produzione netta dovute a seguito della adesione al concordato preventivo biennale.

Come detto, il legislatore elenca anche le violazioni di non lieve entità che si verificano nel caso in cui vi siano:

  • violazioni constatate che integrano le fattispecie dei c.d. “reati tributari” di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato e ai tre precedenti all’ammissione all’istituto. Anche in tal caso può trattarsi di evento sopraggiunto a distanza di tempo, con dunque esposizione “pesante” del contribuente che nel frattempo aveva fatto affidamento alla proposta ricevuta;
  • comunicazioni inesatte o incomplete dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli ISA, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%;
  • una serie di violazioni fiscali contenute nel decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concretizzate nel biennio di vigenza dell’accordo, tra cui l’omessa dichiarazione e l’occultamento delle scritture contabili, fatto salvo il caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento e sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi,  ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.

In ultimo è poi fatta la puntualizzazione più interessante: per gli anni in cui vige l’accordo concordatario, solo in presenza delle richiamate cause di decadenza è possibile per l’amministrazione finanziaria eseguire gli accertamenti ex articolo 39 del DPR 600/73 (dunque tutte le tipologie, analitico, analitico induttivo e induttivo puro). Questo significa non soltanto che, di fatto, l’accordo mette sostanzialmente al riparo dai controlli tipici del reddito lavorativo, ma anche che non vi sono deroghe alle tempistiche di accertamento, che restano immutate in quelle ordinarie.