ADOTTA UN PROFESSIONISTA

Il Corrire della Sera raccoglie il grido d’allarme di Confprofessioni Dopo l’allarme lanciato da Confprofessioni sulla crisi che ha colpito il 70% dei professionisti riducendo i loro fatturati del 40% (leggi l’articolo), il Corriere della Sera torna a dare "visibilità" a quella galassia invisibile che sono le libere professioni e le piccole imprese. Con una provocazione, che potrebbe
Il Corrire della Sera raccoglie il grido d’allarme di Confprofessioni

Dopo l’allarme lanciato da Confprofessioni sulla crisi che ha colpito il 70% dei professionisti riducendo i loro fatturati del 40% (leggi l’articolo), il Corriere della Sera torna a dare "visibilità" a quella galassia invisibile che sono le libere professioni e le piccole imprese. Con una provocazione, che potrebbe diventare presto un auspicio: "Se le piccole imprese adottano un professionista". 
"Desidero ringraziare ancora una volta l’editorialista del Corriere della Sera, Dario Di Vico, per aver mostrato una profonda sensibilità e attenzione alle problematiche che investono il nostro comparto", commenta il Presidente di Confprofessioni Gaetano Stella. "La campagna di informazione lanciata dal Corriere della Sera sulle libere professioni conferma le tesi e l’azione svolta da Confprofessioni negli ultimi mesi a sostegno dei professionisti per il rilancio delle attività intellettuali in Italia".

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Pubblichiamo l’articolo dell’editorialista Dario Di Vico (nella foto), apparso sul Corriere della Sera il 16 marzo 2010.

Negli Usa le aziende adottano le highway, le strade, da noi le piccole e medie potrebbero adottare ciascuna un professionista. Un’operazione tutt’altro che disinteressata perché le prime a giovarsene sarebbero proprie le imprese con pochi dipendenti. Il professor Enzo Rullani sostiene con forza questa sinergia e fa un esempio concreto: “Mettiamo che io sia un avvocato e voglia specializzarmi nella conoscenza del mercato russo. Ci vorranno almeno due anni di studi e frequentazioni e se non ho clienti è praticamente impossibile iniziare. Mentre se faccio un accordo, con un’azienda e poi con altre interessate a svilupparsi su quel mercato, il mio progetto diventa praticabile”. Di esempi così se ne possono far mille, la morale è che nelle piccole imprese oggi oggettivamente non c’è spazio per i ruoli che Rullani chiama di “intelligenza manageriale”, perché con il suo solo giro d’affari un’azienda artigiana non riesce ad assumere e pagare un mago della finanza, del marketing o della logistica. Meglio, dunque, utilizzarlo dall’esterno.
Le Pmi sono culturalmente orientate alla produzione, sottolinea Giuseppe Bruni presidente di Cna InProprio di Bologna, l’associazione che vuole rappresentare i professionisti, “e quindi è difficile che possano avere al loro interno luoghi di riflessione. Hanno bisogno, di conseguenza, di sintonizzarsi con qualcuno che dica loro come cambia il mondo e come adeguarsi”. Le piccole imprese sono nate spesso sulla base di competenze tecniche che magari il fondatore ha appreso nell’azienda dove lavorava come dipendente. Ed è scontato che proseguendo il cammino il neo-imprenditore sia portato in primo luogo a seguire l’evoluzione tecnologica del suo settore e a sottovalutare altre culture che non sono prettamente tecniche. “Penso al marketing e alla presenza sui mercati emergenti” aggiunge Bruni.
Cristina Mariani è, per l’appunto, un’esperta di marketing che ha pubblicato un libro e aperto un blog destinato alle piccole aziende. Sostiene che il marketing insegnato nelle università e in gran parte dei corsi di formazione è destinato “alle grandi aziende multinazionali con budget a sei zeri” e per di più viene somministrato in termini gergali o inglesi che fanno sentire i non addetti ai lavori degli incompetenti assoluti. Ora è vero che i Piccoli sono talmente occupati con mille altre cose che la comunicazione commerciale è l’ultima delle loro preoccupazioni “ma è una cosa sbagliatissima” dice Mariani, perché nei mercati globali è necessario comunicare e farlo nel modo giusto. Oltre al marketing le competenze da recuperare riguardano finanza e logistica e in giro per l’Italia sono sorte o stanno sorgendo diverse iniziative che vanno nella direzione di favorire “le adozioni di professionisti”. A Padova, per esempio, opera Apri, un’associazione per il risanamento delle imprese, che offre competenze di finanza, diritto e più in generale di turnaround aziendale.
Viste dall’altra parte della barricata le adozioni rappresentano un toccasana in epoca di Grande Crisi. Secondo i numeri forniti da Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, il 70% dei professionisti ha toccato con mano la crisi economica con cali di fatturato vicini al 40%. Ci vogliono dunque politiche di rilancio e il rapporto con i Piccoli può equivalere ad entrare in un mercato quasi del tutto aperto. Del resto una conferma della necessità “stretagica” di far dialogare competenze e Pmi viene dall’intervista rilasciata da Arrigo Sadun del Fmi al Sole 24 Ore. Il direttore esecutivo per l’Italia, alla vigilia del giro di audizioni che gli economisti del Fondo terranno a Roma, ha invitato i piccoli “a continuare a giocare sul loro terreno tradizionale, specializzandosi ancora di più ed elevando la qualità e il valore aggiunto del prodotto”.
Ps. Ma riconosciuto il valore delle Pmi perché gli uomini del Fmi incontrano tutti e non le associazioni delle piccole imprese?
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generazionepropro.corriere.it

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Sopra la cover del libro dell’inviato ed editorialista del Corriere della Sera
Dario Di Vico "Piccoli, la pancia del Paese", edito da Marsilio. 

 

 

 

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