Ai più giovani l’opportunita di una qualifica professionale

Pubblichiamo l’articolo di Michele Tiraboschi che apre il nuovo numero del Bollettino Adapt. L’apprendistato di “primo livello”, previsto dalla legge Biagi con riferimento ai giovani e agli adolescenti tra i 16 e i 18 anni, è finalmente ai nastri di partenza. È la Lombardia, la prima Regione che ha raggiunto le necessarie intese con il
Pubblichiamo l’articolo di Michele Tiraboschi che apre il nuovo numero del Bollettino Adapt.

L’apprendistato di “primo livello”, previsto dalla legge Biagi con riferimento ai giovani e agli adolescenti tra i 16 e i 18 anni, è finalmente ai nastri di partenza. È la Lombardia, la prima Regione che ha raggiunto le necessarie intese con il Ministero del lavoro e il Ministero dell’istruzione per dare piena operatività all’apprendistato per l’esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione.
Disciplinato all’art. 48 del d.lgs. n. 276/2003, l’apprendistato di primo livello trova applicazione in tutti i settori di attività, con esclusione (al pari delle altre tipologie di apprendistato della legge Biagi) della pubblica amministrazione ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 226/2005 di attuazione della legge Moratti. Non un semplice contratto di lavoro, caratterizzato da una finalità formativa e professionalizzante, ma un vero e proprio percorso del sistema educativo di istruzione e formazione. Un percorso scolastico, dunque; in quanto tale finalizzato al conseguimento di un titolo di studio e precisamente una qualifica professionale triennale.
Come precisato dall’accordo tra la Regione Lombardia e i ministeri competenti, nulla ovviamente esclude la possibilità del contestuale riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso formativo, anche di una qualifica professionale ai fini contrattuali. Ciò in coerenza con quanto previsto dal d.lgs. 276/2003, art. 48, comma 4, lett. d.
Le imprese lombarde, che dispongano di un tutor in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa regionale, potranno dunque assumere con questa peculiare tipologia di apprendistato giovani e adolescenti di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Non appena approvato il “collegato lavoro” il campo di applicazione soggettivo verrà portato, come nella formulazione originaria della legge Biagi, a 15 anni. Opportuna, pertanto, la clausola dell’accordo che, con riferimento alla età dei destinatari, rinvia alla legislazione vigente al momento della stipulazione del contratto.
In concreto, la durata del contratto e del relativo percorso formativo sarà determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l’accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge Moratti.
In coerenza con la finalità di questa tipologia contrattuale, vera e propria esperienza scolastica in assetto di lavoro, la durata del monte ore formativo è pari, di regola, a 400 ore di formazione annue, interne o esterne alla azienda, che saranno certificate dalle istituzioni regionali competenti anche per il tramite degli enti bilaterali. Ben più dunque delle 120 ore previste per l’apprendistato professionalizzante, e delle 240 ore di formazione previste dalla legge Treu che, in via transitoria, è ancora la normativa di riferimento per i minorenni nelle regioni in cui mancano le intese operative di attuazione dell’art. 48.
Per non “disincentivare” il ricorso a questa peculiare forma di apprendistato – e garantire altresì la sua immediata operatività in assenza di specifiche intese contrattuali – l’accordo prevede, in via transitoria e con forza cedevole rispetto a specifiche intese collettive, una clausola di “parametrazione” rispetto alle altre tipologie di apprendistato della legge Biagi e, in via residuale, della legge Treu (che non sarà più operativa in Lombardia ai sensi del disposto di cui al d.lgs. n. 2 276/2003, art. 47, comma 3). Ferma restando l’autonomia delle parti sociali è, infatti, opportunamente prevista la possibilità di fare riferimento ai trattamenti economici e normativi sin qui previsti dalla contrattazione collettiva in materia di apprendistato proporzionalmente al monte ore formale di impegno formativo (400 ore) e concreto impegno lavorativo del giovane per quanto riguarda, in particolare, il trattamento retributivo.

* Il presente articolo è pubblicato anche in Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2010.
 

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