Cade il muro della presunzione fiscale

La Corte Costituzionale boccia una delle norme più inique nei confronti dei professionisti: i prelievi bancari non possono essere considerati compensi in nero. Stella: finalmente un atto di giustizia. “Finalmente, un atto di giustizia nei confronti dei professionisti”. Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha accolto la decisione della Corte Costituzionale di abbattere il
La Corte Costituzionale boccia una delle norme più inique nei confronti dei professionisti: i prelievi bancari non possono essere considerati compensi in nero. Stella: finalmente un atto di giustizia.

“Finalmente, un atto di giustizia nei confronti dei professionisti”. Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha accolto la decisione della Corte Costituzionale di abbattere il muro della presunzione sui prelevamenti bancari per i professionisti. “A più riprese avevamo segnalato alle istituzioni politiche le distorsioni contenute in una norma iniqua della legge finanziaria del 2005 che ha esteso la presunzione che riguardava unicamente gli imprenditori anche all’ambito operativo dei lavoratori autonomi” aggiunge Stella. “Adesso, dopo 10 anni, i professionisti sono liberi di prelevare denaro in banca senza il timore di essere bollati come evasori”.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 228/2014, ha infatti dichiarato incostituzionale l’applicazione dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione ai titolari di reddito di lavoro autonomo.

I prelievi bancari da parte di professionisti e lavoratori autonomi senza giustificazione non possono dunque essere considerati tout court compensi in nero. Secondo i giudici della Consulta, infatti, è “arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. Inoltre, recita la sentenza: “la disposizione censurata, se applicata agli anni d’imposta in corso o anteriori alla novella legislativa, comporterebbe per i contribuenti professionisti un onere probatorio imprevedibile e impossibile da assolvere, in contrasto con l’art. 24 della Costituzione e con il principio di tutela dell’affidamento richiamato dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente)”.

La Corte Suprema ha poi sancito un altro importante principio legato alla natura dell’attività professionale, che non può essere assimilata alle logiche del reddito d’impresa. La sentenza 22872014 ha infatti chiarito che anche se le figure di imprenditore e lavoratore autonomo sono per molti versi affini, non è possibile equipararle per quanto attiene alla presunzione che il prelevamento dal conto bancario corrisponde ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Infatti, l’attività dei lavoratori autonomi, a differenza degli imprenditori, si caratterizza per la prevalenza del proprio lavoro e la marginalità dell’apparato organizzativo, apparato che, peraltro, per alcune tipologie di lavoratori autonomi, nei quali è più accentuata la natura intellettuale, è quasi assente.

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