Formazione, le Parti sociali accelerano

Il modello funziona, ma occorre definire un nuovo quadro di regole comuni La formazione come volano della ripresa. Dopo le “Linee guida per la formazione del 2010”, dettate dal ministero del lavoro, le Parti sociali hanno raccolto la sfida per rilanciare i fondi interprofessionali. Organizzazioni sindacali e associazioni datoriali stanno mettendo a punto un documento
Il modello funziona, ma occorre definire un nuovo quadro di regole comuni

La formazione come volano della ripresa. Dopo le “Linee guida per la formazione del 2010”, dettate dal ministero del lavoro, le Parti sociali hanno raccolto la sfida per rilanciare i fondi interprofessionali. Organizzazioni sindacali e associazioni datoriali stanno mettendo a punto un documento “Accordo per la governance e il rafforzamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua” che dovrà portare alla definizione di un “avviso comune” da presentare al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, per la definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze, come previsto dalle linee guida ministeriali.
A sei anni dalla loro costituzione, i fondi interprofessionali per la formazione continua rappresentano il principale strumento in mano ad aziende e studi professionali e ai dipendenti per garantire, attraverso la formazione, lo sviluppo e l’occupabilità in un contesto economico in continua evoluzione. Dal varo della legge istitutiva (legge 388/00) a oggi più di 500 mila aziende e oltre 6 milioni di lavoratori risultano iscritti ai fondi e nel comparto degli studi professionali si è registrato un vero e proprio boom sul fronte della formazione continua. Secondo i dati di Fondoprofessioni,, al 30 novembre 2010 gli studi e aziende aderenti al Fondo interprofessionale per la formazione continua negli studi professionali erano oltre 47 mila con circa 180 mila dipendenti. Un trend di crescita che conferma la fortissima domanda di formazione da parte del sistema produttivo e intellettuale italiano. Tuttavia, lo scenario che si prospetta ha più ombre che luci. Gli effetti della crisi globale assieme all’aumento dei Paesi Ue che beneficeranno delle risorse per la formazione previste dal Fondo sociale europeo, porteranno a una netta contrazione delle stesse risorse comunitarie, così come già avvenuto per i fondi regionali. In tale contesto, i fondi interprofessionali saranno chiamati a rafforzare la loro azione, aumentando efficienza ed efficacia, per diventare la spina dorsale del sistema della formazione continua in Italia.
Un percorso difficile e pieno di ostacoli che richiede un quadro comune di regole e una programmazione più dettagliata. L’autonomia delle parti sociali nelle scelte di funzionamento dei singoli Fondi e una competizione corretta tra i Fondi, basata sull’ampliamento e sulla maggiore qualificazione dell’offerta alle aziende ed ai lavoratori aderenti, sono fattori costitutivi del modello dei Fondi, purché rientrino in un sistema di regole condiviso e governato. Su questo punto, le Parti sociali convergono sulla necessità di acquisire indirizzi comuni con sempre maggiore continuità e nel ridefinire periodicamente standard di funzionamento e di gestione. Infine, rilevano la necessità di porre un limite alle autorizzazioni di nuovi Fondi interprofessionali per la formazione continua e si impegnano ad una azione comune per realizzare un processo di apertura di una fase di confronto finalizzata alla possibile integrazione tra Fondi per comparti/settori omogenei rafforzandone l’efficienza, la natura confederale ed una sempre più funzionale economia anche nella gestione.
 

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