I fondi interprofessionali? Promotori della cultura della formazione

BILATERALITA’ Dal seminario di Fiesole di Fondoprofessioni emerge l’attenzione alle politiche sociali, ma fondamentale diventa lo sviluppo delle competenze “Il sistema dei fondi interprofessionali in Italia deve rispondere a un’esigenza di crescita: non più soltanto erogatori di risorse finanziarie per la formazione continua, ma promotori di una cultura del long life learning”. Il seminario di
BILATERALITA’ Dal seminario di Fiesole di Fondoprofessioni emerge l’attenzione alle politiche sociali, ma fondamentale diventa lo sviluppo delle competenze

“Il sistema dei fondi interprofessionali in Italia deve rispondere a un’esigenza di crescita: non più soltanto erogatori di risorse finanziarie per la formazione continua, ma promotori di una cultura del long life learning”. Il seminario di Fondoprofessioni, dal titolo “I fondi interprofessionali oggi e domani”, che si è tenuto lo scorso 23 novembre presso il Centro studi Cisl di Fiesole, segna una svolta. Anzi, una sfida che il presidente Massimo Magi ha voluto lanciare alla riforma del mercato del lavoro. “Il processo evolutivo dei fondi interprofessionali si misura attraverso la loro capacità di connettere politiche attive e passive” ha detto Magi, “ma bisogna svincolarli dall’abbraccio mortale della riforma del lavoro”.
La riforma varata lo scorso giugno dal ministro Fornero è stata il convitato di pietra del seminario di Fiesole. Come noto, la legge 92/2012 prevede la possibilità di riconvertire i fondi interprofessionali per la formazione continua, destinando il gettito dello 0,30% del monte salari dei dipendenti ai fondi di solidarietà che, sulla base di accordi tra le parti sociali, dovrebbero vedere la luce entro il 18 gennaio 2013 per fornire strumenti di sostegno al reddito e di politiche passive. Si tratta di una previsione normativa fortemente criticata dalle parti sociali, che paventano il rischio di uno snaturamento della missione e delle prerogative dei fondi interprofessionali.
Ferma restando la natura privatistica dei fondi, sancita dal Consiglio di Stato il 14 dicembre 2011, la “minaccia” di smantellare la fragile natura dei fondi interprofessionali (in Italia gli investimenti per la formazione continua si attestano a circa 1 miliardo di euro, contro i 2 miliardi di euro investiti in Francia) è stata superata con l’accordo sulla produttività, sottoscritto tra governo e parti sociali lo scorso 16 novembre, che attribuisce ai fondi interprofessionali un ruolo fondamentale “non solo per l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori occupati” ha aggiunto Magi “ma anche per lavoratori coinvolti in procedure di cassa integrazione, di mobilità o sospensioni collettive dal lavoro”.
Già oggi, i fondi interprofessionali intervengono attraverso politiche attive al finanziamento e alla programmazione di attività formative a carattere sociale. Basterà ricordare l’Avviso sociale promosso da Fondoprofessioni, che valorizza la formazione in un ambito di crisi di mercato e del lavoro, svolgendo quindi un’azione di sostegno ai lavoratori. Tuttavia, appare riduttivo circoscrivere l’azione dei fondi a meri ammortizzatori sociali. “Oggi, i fondi interprofessionali possono e devono interpretare le esigenze e le domande che la crisi pone alla formazione, dando una risposta positiva rilanciando e giocando sullo sviluppo di competenze” ha affermato Magi. In questa nuova ottica, sono chiamati non solo a incrementare nuove competenze, “ma anche a trasformare il sistema di formazione da rendicontativa a modello che sviluppa il sapere dinamico, che per il mondo delle professioni diventa un fattore critico di successo” ha sottolineato Magi. “Senza scomodare la strategia di Lisbona e la società della conoscenza, il sapere dinamico diventa il paradigma della nuova crescita e della conoscenza del sistema professionale in Italia”.
È sufficiente calarsi nella realtà quotidiana del lavoro per comprendere il salto di competenze che oggi viene richiesto ai dipendenti degli studi professionali. La forte spinta alla competitività, l’innovazione tecnologica e la recente evoluzione normativa hanno modificato profondamente l’organizzazione e l’attività all’interno delle strutture professionali. Un esempio lampante è quello degli studi medici, che dal 13 settembre 2011 sono obbligati a trasmettere i certificati all’Inps in modalità telematica nonché la realizzazione nei prossimi mesi il percorso di digitalizzazione che condurrà alla dematerializzazione della vecchia ricetta. L’addio alla ricetta cartacea rappresenta, per certi versi, una rivoluzione copernicana che ha un fortissimo impatto sulle nuove competenze richieste al personale di studio. È quello che Magi chiama “sapere dinamico” e che diventa imprescindibile dalla formazione; anzi, dal long life learning che rappresenta il terzo pilastro del sistema delle tutele di welfare: stabilizza l’occupazione e rende più competitivo lo studio del professionista nel mercato del lavoro.
 

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