Il decoro non fa la tariffa

Una recente sentenza del Consiglio di Stato stabilisce che l’ordine professionale non può intervenire sul compenso pattuito dal professionista. La regola deontologica di parametrare la prestazione al decoro professionale è restrittiva della concorrenza Il decoro e la dignità professionale non sono più un parametro valido per verificare le tariffe professionali. Lo ha stabilito il Consiglio
Una recente sentenza del Consiglio di Stato stabilisce che l’ordine professionale non può intervenire sul compenso pattuito dal professionista. La regola deontologica di parametrare la prestazione al decoro professionale è restrittiva della concorrenza

Il decoro e la dignità professionale non sono più un parametro valido per verificare le tariffe professionali. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che, con la sentenza 238/2015 del 22 gennaio scorso, ha rigettato la tesi del Consiglio nazionale dei geologi  secondo cui il professionista deve commisurare il proprio compenso al decoro professionale, quale garanzia della qualità della prestazione.  Secondo i giudizi di Palazzo Spada, che hanno accolto la linea dell’Antitrust, tale regola deontologica è “restrittiva della concorrenza e non può essere considerata necessaria al perseguimento di legittimi obiettivi collegati alla tutela del consumatore”. Quindi il professionista che applica una parcella molto ridotta non può essere sanzionato dall’ordine professionale per violazione del decoro professionale. 

La pronuncia mette fine a una lunga querelle tra l’Antitrust e il Consiglio nazionale dei geologi che aveva investito anche la Corte di giustizia europea, la quale nel luglio del 2013 aveva rimesso nelle mani del Consiglio di Stato il compito di stabilire se l’articolo 2233 del Codice Civile italiano (che inserisce un obbligo di “decoro” nelle tariffe) consentisse all’Ordine professionale di intervenire nella valutazione deontologica del corrispettivo di parcella o nell’offerta. Riunendo il quadro giuridico composto dalle liberalizzazioni nazionali, dalla normativa europea sulla concorrenza e i provvedimenti Antitrust, il Consiglio di Stato ha definitivamente tolto agli Ordini professionali ogni possibilità di intervenire sulle tariffe applicate dagli iscritti sostenendo la violazione della corretta condotta deontologica.

Dopo la Legge Bersani, che ha abrogato i minimi tariffari, l’Antitrust era più volte intervenuta sostenendo l’inammissibilità di una loro reintroduzione surrettizia attraverso il parametro deontologico: non si possono fissare paletti alle liberalizzazioni, considerando indecorose o contrarie alla dignità professionali offerte “troppo basse”. 

Le conseguenze della sentenza sono immediate per i professionisti: gli Ordini non possono aprire procedimenti di verifica del decoro in relazione alle parcelle. Sconti, offerte e promozioni pubblicitarie obbediscono alle norme della concorrenza e al codice del consumo; sono iniziative di tipo economico-commerciale che non possono essere contestate in quanto “indecorose”. Sotto questo profile, il Consiglio di Stato sottolinea che il consumatore ha specifici rimedi civilistici per tutelarsi e la qualità della prestazione non può essere verificata dall’Ordine attraverso il parametro del decoro.

Le conseguenze si estendono anche alla parificazione dei professionisti (nel diritto Antitrust)  alle imprese. A legittimare i professionisti alle iniziative pubblicitarie sono infatti gli articoli 3 del Dl 138/2011 e 4 del Dpr 137/2012. Venuto meno il «decoro» rimangono i divieti di concorrenza sleale (articolo 2598 del Codice civile), di pratiche commerciali scorrette (articolo 27 del Codice del consumo, Dlgs 206/2005) e di offerte basse in modo anomalo (Codice dei contratti pubblici, Dlgs 163/2006).