IL TESTO INTEGRALE DELL’AUDIZIONE

Roma 19 gennaio 2010 AUDIZIONE DI CONFPROFESSIONI SULLA RIFORMA DELLE PROFESSIONI Roma, 19 gennaio 2010   Cortese Presidente, Onorevoli Commissari, Ringrazio innanzitutto per l’odierna convocazione presso questa Commissione, che abbiamo richiesto e ottenuto nella piena consapevolezza di poter e dover fornire un contributo non convenzionale alla riforma in discussione, nell’interesse supremo del Paese e a
Roma 19 gennaio 2010

AUDIZIONE DI CONFPROFESSIONI SULLA RIFORMA DELLE PROFESSIONI

Roma, 19 gennaio 2010

 

Cortese Presidente, Onorevoli Commissari,

Ringrazio innanzitutto per l’odierna convocazione presso questa Commissione, che abbiamo richiesto e ottenuto nella piena consapevolezza di poter e dover fornire un contributo non convenzionale alla riforma in discussione, nell’interesse supremo del Paese e a tutela dei liberi professionisti che ci pregiamo di rappresentare in forza del ruolo di parte sociale attribuita dal Governo a Confprofessioni fin dal lontano 2001.
A Confprofessioni aderiscono 15 Associazioni Sindacali di 4 Aree professionali: Lavoro e Economia (Dottori Commercialisti e Esperti Contabili, Revisori dei Conti e Consulenti del Lavoro), Diritto e Giustizia (Avvocati e Notai), Sanità e Salute (Medici di Medicina Generale, Dentisti, Veterinari e Psicologi) e Ambiente e Territorio (Architetti, Ingegneri, Geologi e Dottori Agronomi): tutti liberi professionisti iscritti nei rispettivi Ordini professionali. Va sottolineato, inoltre, come la Confederazione sindacale delle libere professioni agisca pressoché su tutto il territorio nazionale, attraverso le sue delegazioni regionali. Ricordo infine che Confprofessioni sottoscrive l’unico CCNL dei dipendenti studi professionali e negli ultimi anni ha dato vita a quattro organismi bilaterali con le OO.SS dei lavoratori dipendenti, che avrò il piacere di illustrarVi personalmente in altra sede.

Entriamo nel vivo. Il progetto di riforma del sistema delle professioni è sempre sostenuto strenuamente da Confprofessioni, che nelle scorse legislature è intervenuta fattivamente con proprie proposte e suggerimenti. Nell’attuale circostanza è stato predisposto un quadro sinottico di confronto tra i vari testi e proposte di legge finora presentate in Parlamento, al fine di fornire agli Onorevoli Commissari una lettura di insieme del lavoro fin qui svolto dal Legislatore.
In questa sede non abbiamo preso in considerazione temi sui quali vi è una sostanziale convergenza con quanto riportato dai rappresentanti degli Ordini nelle precedenti audizioni, ma piuttosto abbiamo preferito mettere in evidenza i punti che, a nostro avviso, non possono prescindere da una riforma delle professioni compiuta e condivisa.
Per questa ragione Confprofessioni non ha ritenuto di presentare un nuovo testo, l’ennesima nuova proposta, ma un documento di sintesi, che è stato inviato e distribuito ai componenti della Commissione. Tale documento sottolinea le priorità della riforma che, per Confprofessioni, non deve limitarsi al non più emendabile riordino del sistema ordinistico, cioè alla gestione dell’esercizio della professione, ma dovrebbe soprattutto avere la lungimiranza di garantire ai liberi professionisti, – che, è il caso di ribadirlo, rappresentano una forza economica centrale per lo sviluppo del Paese – quegli strumenti normativi ed operativi che consentano loro di competere sul mercato dei servizi professionali.

A nostro avviso, la riforma delle professioni rappresenta una straordinaria occasione per giungere al definitivo riconoscimento del comparto libero-professionale, quale punto di partenza di un complesso “produttivo” integrato nel “Sistema Paese” a supporto della persona (cittadino, utente, consumatore), delle aziende e dell’amministrazione. Tuttavia, per favorire lo sviluppo degli studi professionali in termini di efficienza e competitività sul mercato domestico e internazionale si rende necessario progettare un nuovo assetto, un modello di riferimento, un perimetro più ampio degli studi medesimi.

Attraverso la crisi globale che ha investito l’economia italiana, toccando duramente anche il comparto professionale, è scaturita l’opportunità di ripensare ai fattori competitivi offerti dalla struttura produttiva del Paese per uscire dalla congiuntura negativa; tuttavia l’incremento della competitività si fonda anche sulla capacità di innovazione. In ogni campo. In questo contesto, i liberi professionisti italiani rappresentano il denominatore comune dell’innovazione quotidiana che si declina, in prima analisi, nella competitività del “Sistema Paese” e quindi nella ripresa economica. Noi ne siamo convinti. Con la loro distribuzione capillare in ciascuno degli 8.000 Comuni italiani e con il loro radicamento, attaccamento al territorio, i liberi professionisti traducono tutti i giorni in prassi le nuove leggi e norme e, al tempo stesso, si fanno interpreti della conoscenza, trasformando attraverso la loro azione intellettuale le innovazioni tecnologiche e metodologiche in “saper fare”. Non possiamo dimenticare, infine, come la crescente e progressiva complessità dei fenomeni sociali impone, con sempre maggiore frequenza, il ricorso a supporti di “mediatori culturali” e “traduttori scientifici” per le ordinarie attività lavorative. A ogni livello.

Si tratta di un fenomeno socio-economico impalpabile e inarrestabile, che sfugge a una lettura sommaria del sistema professionale e rifugge qualsiasi disegno unitario calato dall’alto. In questo ambito, Confprofessioni costruisce uno dei pochi momenti di coscienza e di sintesi di queste intelligenze disarticolate nel sostrato sociale ed economico del Paese, né gli Organi di Governo centrale e territoriali, salvo rare ed encomiabili eccezioni, sono riusciti a cogliere l’opportunità di progettare un modello di “governance” che consenta di coinvolgere in modo strutturale nella formazione della ricchezza nazionale il contributo già disponibile e a costo zero delle professionalità italiane. Stiamo parlando non solo di economia ma di cittadinanza e di diritti ad essa connessi: salute psico-fisica, libertà e tutela, lavoro e proprietà, territorio, paesaggio ed ambiente: questi sono i campi per cui e in cui applichiamo i nostri saperi. La riforma in discussione può ridurre questo deplorevole ritardo.

Va sottolineato altresì come dalla società complessa perviene una domanda evoluta di soluzioni a problemi complessi: Enti, aziende e famiglie si rivolgono al mondo dei servizi di consulenza avanzati per essere quotidianamente supportati nelle loro più svariate attività. Una lettura di tale processo irreversibile è stata palesata dall’Autorità Antitrust, che ha interpretato il fenomeno soltanto attraverso l’angolazione della concorrenza, limitandosi cioè ad annotare la prestazione professionale come un puro costo a carico del settore manifatturiero o degli enti pubblici.
Un’analisi più puntuale e meno parziale, invece, inquadra l’esternalizzazione dei servizi in una dinamica moderna della competizione di mercato, in relazione alla capacità di aggiornamento, ai livelli di specializzazione e di competenza, alla assunzione di responsabilità individuale ed alla flessibilità di costi e prestazioni che sono la matrice del settore delle libere professioni.
Vi sono altre considerazioni a riguardo non meno importanti: la suddivisione delle tradizionali figure professionali in profili specialistici e la comparsa di professioni nuove, se come detto segnalano la complessità e l’articolazione della domanda di soluzioni e servizi, altresì costituiscono un non invertibile processo di segmentazione e frammentazione delle professioni finora a noi note.
Tale processo è indotto anche – in alcuni settori in particolare – dalla necessità di individuare opportunità che consentano ai giovani di accedere al mondo del lavoro e, ai senior, di sviluppare le posizioni raggiunte. Ma per far ciò è innanzitutto necessario ridefinire le regole del gioco: poche, chiare, severe, erga omnes.
È a tutti noi noto come esista uno sfasamento ed una profonda dicotomia tra il “Sapere” ed il “Saper fare”: necessitano di un veicolo, di un mediatore che chiameremo “culturale”, di una figura che individuiamo ogni giorno, inavvertitamente, nel libero professionista che assolve al ruolo di trasmissione della conoscenza, come già anticipato in apertura.

Per esperienza diretta e quotidiana, ricordiamo che non v’è azienda che non si appoggi continuativamente ad almeno sei profili professionali esterni, anche quando esistono uffici interni all’uopo dedicati: l’avvocato per i contratti e il recupero crediti; il commercialista per la consulenza fiscale e tributaria; il consulente del lavoro per i rapporti di lavoro e le relazioni sindacali; l’esperto informatico per la gestione di reti ed archivi aziendali; il responsabile della sicurezza sui posti di lavoro; senza considerare l’apporto meno continuativo dei tecnici della progettazione ed ambientali nel caso frequente di ristrutturazioni ed ampliamenti; del notaio nel caso di acquisizioni, fusioni e compravendite.
Questa rete di consulenti è un network insostituibile, competente, responsabile e flessibile, ma spesso inconsapevole di sé, del proprio peso determinante, della qualità del proprio apporto nel sistema produttivo e sociale del Paese. Lo conferma il fatto che, a fianco di associazioni di categoria e confederazioni storiche come Confprofessioni, presieduta da chi vi parla, stanno sorgendo iniziative che provengono dal mondo associativo di altri settori, le quali hanno saputo leggere ed interpretare il progressivo trasferimento del baricentro dell’economia dalla centralità storica dell’industria verso il più dinamico comparto dei servizi.
La cosiddetta “Terziarizzazione dell’Economia” è un processo tutt’altro che compiuto, anzi in Italia, è forse più in ritardo rispetto ad altri Paesi comunitari; tuttavia, proprio per questo motivo, il nostro Parlamento ha la possibilità di produrre una legge non emergenziale, non ex post, ma una vera legge che interpreti lo scenario che si va definendo.
Una Legge per le Professioni ci troviamo dunque a chiedere: una legge che possa avere una visione di lungo respiro, ma anche essere adattabile alle continue trasformazioni che si colgono in un settore che si è profondamente ringiovanito.

Una legge che tenga conto:
• del fatto che non basta una “riforma degli Ordini” per aver compiuto la Riforma delle Professioni;
• delle diverse peculiarità delle aree professionali: settore salute, settore legale, settore economico amministrativo, settore lavoro, settore territorio sulla base delle quali, la Legge dovrà poi trovare declinazioni opportune e convenienti;
• del fatto che il canale della libera professione diviene via d’accesso preferenziale al lavoro, anche come modello di vita;
• della continua gemmazione e nascita di nuovi problemi e con essi di nuove specializzazioni e professioni;
• del fatto che, se è vero:
o che proliferano le segmentazioni e le specializzazioni con la segmentazione del Sapere in saperi,
o e che moltiplicano le occasioni professionali,
dobbiamo anche saper conservare e salvaguardare – anzi valorizzare – la tradizionale impostazione culturale italiana di stampo classico, umanistico, che fornisca i coordinatori, i registi, a capo di ogni cordata di professionisti specialisti: una specificità italiana di eccellenza;
• dobbiamo inoltre tener conto che, la giurisprudenza ha di fatto modificato la natura dell’obbligazione professionale, mentre è il legislatore che può e deve stabilire in quali casi la prestazione è “obbligazione di risultato” e viceversa, in quali casi individuabili costituisce “obbligazione di mezzi”;
• si dovrà rivalutare il ruolo del lavoro e della proprietà intellettuale perché, ad esempio – Onorevoli Commissari – non è noto il nome del progettista del Ponte di Messina; con ciò contravvenendo anche alla norma del Codice Civile, del Testo Unico sull’Edilizia, alla legge quadro sui Lavori Pubblici; questo fatto eclatante, che può facilmente essere verificato sul sito internet della Società dello Stretto (e su quello dell’Anas), testimonia della progressiva mancanza di autonomia cui va incontro il libero professionista – anche a fronte della messa in gioco di pesanti responsabilità individuali di natura civile, penale e contrattuale;
• si dovrà poter valutare – con la collaborazione dei soggetti che costituiscono il Sistema delle Professioni – quale elenco di prestazioni tipiche e/o esclusive definisca uno “Skill” o “profilo di competenze professionali”, poiché non vi potrà essere una nuova professione se non a seguito della semplice definizione del “chi fa cosa”, né ci si potrà arroccare come professionisti proponendosi come “demiurghi” o “tuttologi” quando – come già successo nella chirurgia e nell’ingegneria – il livello di conoscenze richiesto e le responsabilità nei confronti del cliente, assistito o committente sono tanto elevate, da superare le tradizionali definizioni delle professioni a noi note;
• si dovrà affrontare il tema dell’equo compenso per il lavoro professionale, uscendo serenamente sia dalle spinte giacobine della cronaca giornalistica, sia dagli arroccamenti tradizionalisti tutt’ora presenti nei nostri organismi elettivi interni; tanto più che – non solo per la grande crisi globale – il problema reale per i professionisti è la rapidità del flusso di cassa, il rapporto con il credito e la relativa incertezza dell’incasso dell’onorario;
• non possiamo permettere infine, che l’intuizione unitaria colta a Lisbona nel 2000 in favore di una “Società della Conoscenza” cada, vittima di una contingenza miope o, peggio, di parte.

In estrema sintesi, e concludo, la ragione e l’essenza della riforma delle professioni dovrebbe essere rintracciata:
1. nel definitivo riconoscimento del ruolo e del contributo delle professioni come comparto economico alla formazione della ricchezza e del benessere nazionali;
2. nella definizione di modelli per liberare le energie intellettuali ed economiche dei liberi professionisti, a supporto e servizio della persona, della famiglia, delle aziende, degli Enti;
3. nel coinvolgimento della rappresentanza di categoria, con pari dignità, nei momenti condivisi decisionali di politica economica e delle strategie per il superamento della crisi e lo sviluppo.

Onorevoli Commissari,
grazie per la vostra cortese attenzione e per il vostro interesse.

Gaetano Stella, presidente Confprofessioni

link per il documento: www.confprofessioni.eu/page.jsp
 

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