JOBS ACT: SEMPLIFICAZIONE A SINGHIOZZO NEI DECRETI ATTUATIVI

Il presidente Stella in audizione al Senato: bene l’intenzione di innovare il mercato del lavoro, ma c‘è ancora troppo burocrazia per imprese e cittadini. E sulle politiche attive penalizzati ancora una volta i fondi interprofessionali per la formazi «Il quadro nel suo complesso può anche essere apprezzabile, è la cornice che non funziona». È questo
Il presidente Stella in audizione al Senato: bene l’intenzione di innovare il mercato del lavoro, ma c‘è ancora troppo burocrazia per imprese e cittadini. E sulle politiche attive penalizzati ancora una volta i fondi interprofessionali per la formazi

«Il quadro nel suo complesso può anche essere apprezzabile, è la cornice che non funziona». È questo il giudizio del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, davanti alla Commissione lavoro del Senato, durante l’audizione svolta il 1° luglio scorso sui quattro decreti di attuazione del Jobs act che ridisegnano aspetti fondamentali come le tutele in costanza di rapporto di lavoro, le politiche attive, l’attività ispettiva e la semplificazione amministrativa.

 

«Va bene innovare il mercato del lavoro, ma i risultati sperati rischiano di non essere raggiunti. Finché non si metterà mano alla riforma delle competenze tra Stato e Regioni su temi fondamentali per il mercato del lavoro, come la formazione e le politiche attive – ha sottolineato Stella – qualsiasi tentativo di riordino e semplificazione del lavoro rischia di trasformarsi in un’ulteriore burocratizzazione del sistema a danno delle imprese e dei cittadini».

 

Secondo il presidente di Confprofessioni «Per realizzare una vera e propria semplificazione occorrerebbe operare in diverse direzioni. Ad esempio sul fronte della salute e sicurezza sul lavoro si dovrebbero ridurre gli adempimenti documentali al minimo indispensabile e definire i testi normativi in maniera snella e con maggiore chiarezza» ha aggiunto Stella. Occorre poi definire una volta per tutte una regolamentazione più razionale per le piccole e medie strutture guardando all’effettivo livello di rischio. Da questo punto di vista è fondamentale rivedere gli obblighi formativi puntando sull’utilizzo delle modalità telematiche anche per effettuare le verifiche e riformulare le categorie di rischio ora troppo rigidamente imbrigliate dai codici Ateco.

 

Critico il giudizio di Confprofessioni anche sul riordino delle norme per le politiche attive previste dal decreto attuativo all’esame di Palazzo Madama. «Le disposizioni sui fondi interprofessionali per la formazione continua rappresentano il culmine di un atteggiamento di scarsa fiducia nei loro confronti che ha caratterizzato l’operato del legislatore negli ultimi tempi – ha affermato Stella. «L’intenzione esplicita di considerare di natura pubblicistica le risorse gestite dai fondi interprofessionali avrà inevitabili conseguenze sulla gestione e la programmazione dell’attività formativa. Un’ingerenza nell’autonomia dei fondi interprofessionali veramente eccessiva che, se non contemperata da un ruolo maggiormente inclusivo delle parti sociali, porterà alla loro definitiva marginalizzazione nell’ambito delle politiche attive.