Liberalizzazioni, stop in Senato

La commissione Giustizia boccia alcuni articoli del decreto del governo. Parere negativo sulle professioni regolamentate La commissione Giustizia del Senato ha bocciato alcuni articoli del decreto liberalizzazioni: il "no" riguarda le nuove regole sulle professioni, la disciplina dei risarcimenti diretti e il tribunale delle Imprese. Secondo il presidente della commissione, Filippo Berselli: "Si trattava di
La commissione Giustizia boccia alcuni articoli del decreto del governo. Parere negativo sulle professioni regolamentate

La commissione Giustizia del Senato ha bocciato alcuni articoli del decreto liberalizzazioni: il "no" riguarda le nuove regole sulle professioni, la disciplina dei risarcimenti diretti e il tribunale delle Imprese. Secondo il presidente della commissione, Filippo Berselli: "Si trattava di norme inaccettabili nel merito e comunque non sarebbero dovute rientrare in un decreto legge, non solo per la mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza, ma anche perché non si prestavano ad un serio e costruttivo confronto. Auspico che il governo” ha detto Berselli “prenda atto di questo motivato parere e ne tragga le dovute conseguenze".
Sui servizi professionali, la Commissione Giustizia chiede al governo che venga integralmente soppresso l’articolo 9 ((Disposizioni sulle professioni regolamentate), sottolineando che “i commi 1 e 2 hanno determinato il sostanziale blocco delle liquidazioni giudiziarie e di conseguenza l’emanazione dei relativi provvedimenti, per effetto, da un lato, della circostanza che l’adozione con decreto-legge ne determina la vigenza immediata e, dall’altro, della mancanza dei decreti ministeriali che determinano i parametri dei compensi”.
La Commissione fa poi rilevare “la assoluta irragionevolezza della norma che prevede da un lato l’evoluzione di parametri legali e dall’altro l’ineludibilità a pena di nullità dei medesimi parametri. Il comma 2, poi, introduce un obbligo di formulazione di un preventivo dettagliato degli oneri delle prestazioni professionali che in molti casi, si pensi in particolare alla professione forense, appare sostanzialmente inattuabile in relazione ad un’attività per la quale il professionista assume obbligazioni di mezzi e non di risultato, con riferimento a vicende processuali che non sono prevedibili in quanto non determinate unicamente dalla volontà e dalle strategie della parte e del suo avvocato, ma anche da quelle delle altre parti o del pubblico ministero, nonché dalle decisioni di un giudice”.
Stop anche ai tirocini professionali, che “appaiono difficilmente compatibili con la natura propria di tale istituto, che è quella di formare la competenza pratica minima necessaria per l’accesso alle professioni regolamentate e, per quanto riguarda in particolare il tirocinio per l’accesso alla professione forense, non tiene conto dell’obbligo – che è stato inserito nel testo di riforma della professione attualmente all’esame del Parlamento, e che rappresenta un’innovazione ritenuta indispensabile e condivisa da tutte le forze politiche e dagli operatori – di riconoscere un equo compenso all’attività lavorativa svolta dal tirocinante”.

 

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