Più rigore negli investimenti per salvaguardare le pensioni dei professionisti

Il presidente Stella alla Commissione parlamentare di controllo: servono norme che garantiscano la stabilità nel lungo periodo “Qualsiasi progetto di riforma che coinvolga le Casse previdenziali deve tenere in considerazione due aspetti centrali per la previdenza dei professionisti: un maggior controllo negli investimenti e la stabilità economico-finanziaria delle Casse nel lungo periodo”. Lo ha dichiarato
Il presidente Stella alla Commissione parlamentare di controllo: servono norme che garantiscano la stabilità nel lungo periodo

“Qualsiasi progetto di riforma che coinvolga le Casse previdenziali deve tenere in considerazione due aspetti centrali per la previdenza dei professionisti: un maggior controllo negli investimenti e la stabilità economico-finanziaria delle Casse nel lungo periodo”. Lo ha dichiarato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, al termine dell’audizione presso la Commissione parlamentare di controllo delle gestioni degli enti previdenziali pubblici e privati che si è svolta il 22 settembre a Montecitorio, per verificare la situazione economico-finanziaria delle casse alla luce della crisi dei mercati internazionali.

In un documento consegnato ai componenti della commissione parlamentare, presieduta da Giorgio Jannone, il presidente di Confprofessioni, assieme a Mauro Scarpellini, coordinatore del comitato scientifico, ha illustrato le principali criticità che vincolano l’autonomia gestionale delle Casse, per esempio, il decreto Istat che include le Casse ai vincoli pubblici sugli immobili. “L’attenzione e l’impegno della Pubblica Amministrazione deve essere invece concentrato sugli aspetti veri quali, per esempio, quelli del controllo della stabilità di lungo periodo”, sostiene Stella.

Mentre l’autonomia in materia organizzativa né quella contabile non presentano problemi, l’autonomia gestionale delle Casse “ha dato luogo a molti problemi che negli anni lo Stato ha dimostrato, purtroppo, di non affrontare con la puntualità e la pertinenza necessarie”. Il riferimento è alle Casse che sono passate da un metodo di calcolo retributivo a uno contributivo, attraverso un regime misto di transizione a ripartizione e capitalizzazione, in molti casi bloccato dalle sentenze della magistratura, che “hanno stabilito il principio giuridico della non modificabilità del proprio regime previdenziale da parte di qualsiasi Cassa” nonostante le approvazioni ministeriali previste. “Il Governo non si è occupato della questione” ha attaccato Stella “il Parlamento non ne è stato investito, le Casse coinvolte sono state e sono costrette a spese legali e di giudizio e a un disorientamento normativo, potestativo e amministrativo. È lecito domandarsi con quali garanzie di reale successo della riforma altre Casse potrebbero passare dal metodo retributivo a quello contributivo”.

Sempre sul fronte dell’autonomia gestionale, Confprofessioni ha stigmatizzato l’incoerenza e i ritardi del legislatore: “é mancato e manca il controllo preventivo del sistema nel senso che sono mancate linee governative sulla compatibilità tra l’obbligo di garantire le prestazioni pensionistiche nel lungo periodo e la rischiosità di certe forme d’investimento mobiliare” si legge nel documento. “Le normative ministeriali fissavano solo il tetto dei rendimenti finanziari da inserire nel computo delle previsioni finanziarie di lungo periodo ma non si preoccupavano del tipo di investimenti e della loro rischiosità”.

Un altro passaggio delicato toccato da Confprofessioni riguarda la riforma del decreto legislativo 509/94 sulla privatizzazione degli enti previdenziali e assistenziali, una norma nata già vecchia e “senza strumenti di tutela per prevenire situazioni di crisi di una Cassa” ha rimarcato Stella. “Chiunque abbia esperienza di previdenza comprende che gli effetti, per esempio, di un calo di iscrizioni a una Cassa può per lungo periodo non comportare un disavanzo finanziario annuale”, però, allo stesso tempo “viene minata la certezza delle prestazioni nel lungo periodo per gli iscritti giovani”. Una norma che penalizza soprattutto le nuove leve. “Quando un giovane professionista si iscrive a una cassa è come se stipulasse un contratto in base al quale paga i contributi e riceverà la contropartita pensionistica in periodo differito” ha spiegato Stella. “Quindi sono incongrui i riferimenti triennali, logiche di bilancio di cassa e non di competenza e mancanza di collegamento strutturale con l’andamento possibile delle numerosità prossime e future delle singole professioni”.

In prospettiva, il problema non sembra trovare soluzione neppure nella riforma delle professioni, allo studio del ministro della Giustizia Angelino Alfano, che non prevede alcuna connessione con la demografia delle Casse. “Le riforme scolastiche e universitarie degli scorsi anni hanno prodotto effetti sulle durate dei corsi di laurea, sui tipi di laurea, sull’utilizzo a fini professionali di alcuni diplomi di scuola media superiore, che hanno valenza nel breve periodo” ha spiegato Stella, citando i periti industriali, i ragionieri e i geometri. “Ma tra quindici anni quali evoluzioni potranno manifestarsi? Nella previdenza quindici anni sono un periodo breve per garantire un trattamento equo del rapporto tra contribuzione e prestazioni tra coorti generazionali”. Nel sistema professionale si ravvisa, dunque, “la necessità di un rinnovamento del pensiero e dell’organizzazione centrando i due oggetti fondamentali, forse unici, che interessano il controllo: l’equilibrio di lungo periodo e gli investimenti compatibili”.

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