La netta vittoria del “sì” ai quattro quesiti referendari pare inviare, inutile negarlo, un ulteriore messaggio al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e alla sua maggioranza. L’esito non lascia spazio ad interpretazioni ma osservando attentamente ciò che ha portato a questi risultati, alcuni elementi sembrano essere degni di particolare attenzione. Pare infatti che, con questi referendum, al di là del risultato, il Paese abbia voluto rivendicare a sé il diritto di scegliere, di dare forte valenza al suo sentire e alle sue opinioni.
Un dato dovrebbe far riflettere più di altri, a conferma del fatto che, forse, i tempi sono maturi per voltare pagina, politicamente e non solo: l’attenzione pare sia stata maggiormente catalizzata dai quesiti sulla privatizzazione dell’acqua e da quello sul nucleare, più che dal legittimo impedimento. Forse è proprio lì che andrebbe cercata la chiave di lettura di queste consultazioni: la rinnovata attenzione degli elettori per l’interesse collettivo e pubblico, per temi sensibili, da contrapporre alla eccessiva personificazione della politica e delle vicende ad essa legate.
Il messaggio è chiaro e il destinatario pare non essere il solo premier ma l’intera classe politica. Come, a ragione, notava un noto giornalista sulle pagine di un settimanale, le consultazioni referendarie nel nostro Paese hanno sempre fatto da preludio e sipario a cambiamenti importanti. Le reazioni variano dalla presa d’atto di Berlusconi, alla rabbia della Lega che non è più intenzionata a prendere «sberle in faccia» da parte degli elettori.
Dall’opposizione, Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini e Fli chiedono le dimmissioni del Presidente del Consiglio e il voto anticipato mentre, inaspettatamente, Antonio Di Pietro invita a non strumentalizzare l’esito della votazione. Anche la Conferenza Episcopale Italiana – annotazione che appare significativa – ha commentato l’esito del referendum facendo chiaro riferimento al fatto che « il vero punto debole del sistema italiano non è tanto dal lato della domanda, quanto piuttosto dell’offerta politica». Un messaggio all’intero panorama politico e prima di tutto alla maggioranza, apparentemente non in grado di governare i cambiamenti richiesti.
Vedremo se l’esecutivo riuscirà a reggere il colpo e quale sarà la reazione delle forze di opposizione. Una cosa appare tuttavia certa: una nuova fase è stata avviata; fase seria, importante tanto quanto ardua da interpretare per le forze politiche. Al momento, nessuno pare in grado di “gestire la novità”. E forse questa è l’unica freccia rimasta all’arco di un Berlusconi stanco e deluso: l’incertezza e la paura del cambiamento frenano le intenzioni e l’agire dell’opposizione, che preferisce probabilmente stare alla finestra e aspettare che siano gli eventi a dettare i tempi del passaggio ad una nuova fase politica.
(a cura di Think Link)