Riforma del lavoro, ancora troppi paletti per i professionisti

Il 6 e 7 luglio si e’ svolta la giunta allargata di Confprofessioni a Cison di Valmarino. Riforma del lavoro sotto esame La riforma del lavoro? “Non raggiunge la piena sufficienza, nonostante gli interventi migliorativi apportati in Commissione Lavoro del Senato. Nella legge approvata recentemente dal Parlamento sono ancora troppe, infatti, le rigidità che rischiano
Il 6 e 7 luglio si e’ svolta la giunta allargata di Confprofessioni a Cison di Valmarino. Riforma del lavoro sotto esame

La riforma del lavoro? “Non raggiunge la piena sufficienza, nonostante gli interventi migliorativi apportati in Commissione Lavoro del Senato. Nella legge approvata recentemente dal Parlamento sono ancora troppe, infatti, le rigidità che rischiano di frenare la crescita occupazionale nel mercato del lavoro e, in particolare, negli studi professionali”. Voto: 5. Inappellabile il giudizio del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, alla legge sul mercato del lavoro che, dopo il via libera di Palazzo Madama, entrerà in vigore il prossimo 18 luglio. E proprio la riforma Fornero e le sue ricadute sul settore degli studi professionali è stata al centro dei lavori della giunta allargata di Confprofessioni che si è svolta il 6 e 7 luglio a Castelbrando di Cison di Valmarino, in provincia di Treviso. Una due giorni di confronto, approfondimento e dibattito che ha visto intorno al tavolo i massimi rappresentati dell’esecutivo della Confederazione italiana liberi professionisti discutere con esperti e politici sui temi caldi delle professioni: dalla riforma Fornero al Dpr Severino; dall’analisi del quadro politico italiano a quello finanziario internazionale.
Particolarmente ricca di spunti e osservazioni (anche critiche) la sessione dedicata, appunto, alla riforma del lavoro che ha visto la partecipazione qualificata del senatore Maurizio Castro, correlatore del testo di riforma in Commissione Lavoro al Senato, e di Giampiero Proia, professore ordinario di Diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre e docente di Diritto della previdenza sociale presso la Luiss di Roma. Castro ha ripercorso le tappe del processo normativo che ha condotto all’approvazione della legge del mercato del lavoro, il mood politico e l’atteggiamento controverso delle parti sociali che l’hanno accompagnata. “È la riforma che vuole l’Europa” ha detto Castro. “A livello europeo la regolazione del mercato del lavoro e delle relazioni industriali viene considerata come elemento di stabilità dei mercati finanziari”. È stato dunque decisivo che sul piano politico si sia riusciti “a materializzare una unità parlamentare così ampia su un tema così divisivo come il lavoro. Questo aspetto è stato percepito come cruciale da parte degli organismi internazionali, perché il lavoro è il simbolo della modernizzazione di un Paese”.
Certo, il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri poteva addirittura risultare un ostacolo agli sviluppi occupazionali, ma i successivi passaggi parlamentari hanno consentito di migliorare l’impianto normativo della riforma. Per esempio, “la reintroduzione del lavoro a chiamata e dei voucher per il settore del commercio e degli studi professionali, così come la possibilità di assumere un collaboratore con un contratto a termine di 12 mesi o l’innalzamento al 50% della quota di apprendisti da assumere”, ha concluso Castro, ricordando che “la riforma del lavoro va letta nella sua vera funzione di stabilizzazione della credibilità, in prospettiva, del debito pubblico”.
Preso atto del contesto economico e sociale in cui si cala la legge sul lavoro, l’esecutivo di Confprofessioni rimane convinto che la riforma sia ancora un cantiere aperto. Diversi sono, infatti, i problemi irrisolti, a cominciare dalla semplificazione. “Questa normativa è veramente complicata” ha sottolineato Proia nel suo intervento “ed è una complicazione che sta diventando strutturale, perché la nostra legislazione sul lavoro va avanti a strati e quando se ne aggiunge uno non si cancella quello vecchio”. Altra nota dolente riguarda il trade off tra flessibilità in entrata e in uscita “che non può essere configurabile per le piccole imprese e per gli studi professionali” ha aggiunto Proia. “La possibilità di assumere un lavoratore con un contratto a tempo indeterminato con la chance di poterlo poi licenziare senza reintegra non è sufficiente a compensare la minor possibilità di assunzione flessibile. Bisogna tornare alla flessibilità in entrata” ha concluso Proia. “Non possiamo perdere le opportunità di lavoro che si possono presentare in una fase di crisi come quella che stiamo attraversando”.

 

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