“..sedici milioni di persone, di cittadini, vivono in Comuni con meno di quindicimila abitanti: è un’Italia fondamentale, che copre l’80% – come abbiamo visto poc’anzi – del nostro territorio. È quindi una parte decisiva dell’Italia. Decisiva per il suo sviluppo, per il suo equilibrio. E in questa parte così importante, sappiamo che vi è un crescente disagio per il ritiro dei servizi che si è registrato. Che incide sulla vita quotidiana, e quindi incide sulle possibilità e le opportunità di tanti nostri concittadini.” Queste le parole pronunciate ieri dal Presidente Mattarella.
Una constatazione oltre che condivisibile anche presente in relazioni Congressuali degli ultimi anni dove, partendo dalla necessità di un discorso di miglioramento assistenziale quali-quantitativo, si collegava la programmazione del numero dei medici di famiglia oltre al rapporto medici/popolazione a quello del numero di medici per kmq per tali territori.
Tale evidenza si concretizza nel 2019, epoca pre-Covid, con l’iniziativa denominata #adessobasta, ovvero un tour in camper in giro per l’Italia dei piccoli comuni per 8000 km e che ha toccato tutte le Regioni con 35 comuni di cui 15 con meno di 5000 abitanti, e che riguardava anche la necessità di evidenziare come assicurare l’accesso ai servizi sanitari pubblici dove nasce il bisogno, non accentrando in strutture edilizie funzioni come il rapporto fiduciario, la prossimità delle cure, l’umanizzazione della medicina, la prevenzione.
Questa realtà non trova soluzioni realistiche in modelli di sanità pubblica che propongono soluzioni sanitarie a problemi sociali, che creano strutture di degenza per anziani invece che promuovere la domiciliarità delle cure e dell’assistenza a casa.
Così la situazione italiana vive attualmente un paradosso. Un tempo i giovani migravano dai piccoli paesi alle grandi città in cerca di opportunità lavorative, oggi invece assistiamo ad un ulteriore e preoccupante fenomeno: la popolazione più anziana è costretta ad effettuare lo stesso spostamento al fine di trovare adeguata assistenza sanitaria vista una maggiore offerta centralizzata sulle grandi città.
Nei piccoli comuni e paesi, infatti, si assiste non solo alla chiusura dei piccoli ospedali territoriali, ma si è spettatori passivi dell’ancor più grave evento che riguarda la carenza di medici di medicina generale, il presidio sanitario fondamentale per cure primarie di prossimità e di contatto quotidiano e continuativo.
Oggi, a causa di errori nella programmazione che hanno sottovalutato le dimensioni di un pensionamento anagrafico, evento che Fimmg ha annunciato da almeno vent’anni, i MMG, che sono la porta di accesso al sistema sanitario nazionale, sono clamorosamente carenti.
Per questo è estremamente grave che anche questo fondamentale e prezioso servizio sia fra quelli che sta venendo a mancare, in primis nei piccoli comuni. Il paradigma delle Case di comunità declinato dal PNRR come soluzione unicista, sembra andare tristemente proprio in questa direzione: aumentare le distanze fra i cittadini e il loro medico di famiglia, concentrando nei grandi centri i pochi medici disponibili e costringendo la popolazione anziana a spostamenti continui per poter gestire le loro cronicità e fragilità nonostante molti necessitino di un’assistenza capillare che trova soluzioni nella domiciliarità e nelle cure “a chilometro zero”.
Ringraziando pertanto il Presidente Mattarella per la sensibilità dimostrata al tema della “Italia dei piccoli comuni”, auspichiamo che la medicina generale rimanga per la politica il fondamento dell’assistenza sanitaria da preservare a ogni costo, soprattutto per le sue caratteristiche fondanti di assistenza, di prossimità e fiduciarietà e che le azioni intraprese dal governo volgano alla tutela e all’evoluzione del ruolo del medico di famiglia senza stravolgerne le sue peculiarità.
Ciò non significa che non bisogna apportare correttivi, innovare il sistema, potenziare la telemedicina. Ma va fatto non proponendo soluzioni che mal si coniugano con i bisogni della popolazione.
Servono soluzioni innovative che escano da logiche ideologiche ma entrino nella logica dell’efficienza e della sostenibilità. In conclusione, rilanciamo che partendo da modelli assistenziali per la medicina generale validi per i piccoli comuni si trovano soluzioni anche ai modelli evolutivi urbanistici delle grandi città europee, che si progettano sempre più con il modello dei servizi a 15 minuti a piedi, dove il quartiere diventa comunità di servizi e di assistenza diffusa, liquida, potendo recuperare anche nelle metropoli il contatto umano e diretto, migliore humus per un progetto di cure psico, socio, sanitarie tipico della medicina di famiglia.