Creare un fondo per incentivare i medici di medicina generale a lavorare nelle aree del Paese definite disagiate o disagiatissime e sbloccare i fondi già destinati a portare negli studi dei medici la tecnologia diagnostica e la telemedicina. È netta la richiesta emersa nella mattinata del 3 ottobre al Congresso Nazionale FIMMG in corso a Villasimius (CA) alla tavola rotonda “Italia: 7901 comuni, 196 abitanti/km². Accesso alle cure, appropriatezza, efficacia e territorio”, a cui hanno partecipato Agnese Carletti (Sindaco di San Casciano dei Bagni), Marco Bussone (Presidente Nazionale UNCEM), Eleonora Gerbotto (Fondazione per l’Architettura) e Gilberto Gentili (Direttore Generale AST Fermo).
“Quando tra pochi anni andrà in pensione l’ultimo medico di San Casciano, qui potrebbe mancare del tutto l’assistenza di un medico di famiglia – spiega Carletti, sindaco di una piccola città che conta circa 1500 abitanti – Non possiamo affidare i nostri anziani ai medici di altri Comuni che distano decine di chilometri, così come la casa della Salute. Possiamo offrire a un nuovo medico spazi e altri benefit, ma non è corretto che questo tipo di oneri, solo nei piccoli comuni, ricadano sulle amministrazioni”. “L’Italia non ha mai fatto una seria programmazione per creare rete e offrire soluzioni per i piccoli comuni e le comunità montane – sottolinea Bussone di UNCEM, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che rappresenta più di un terzo dei comuni italiani che occupano più del 50% del territorio – E’ giunto il momento di fare squadra per garantire che il medico di medicina generale, punto di riferimento di ogni cittadino e garante dell’universalità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, non scompaia dalle aree più disperse dell’Italia. Dove manca il medico di medicina generale, manca lo Stato”.
Le aree a più ampia dispersione di popolazione sono moltissime in un Paese rurale e montano come l’Italia, e sono le prime a subire la grave carenza di medici la cui drammaticità si aggraverà ulteriormente nei prossimi anni.
“Il Governo e le Regioni devono intervenire per la costituzione di fondi ad hoc per le aree disagiate e disagiatissime – aggiungono i medici Curatola e Dabbene dell’Esecutivo FIMMG – con risorse a tale scopo finalizzate e vincolate, che chiediamo vengano previste già dalla prossima legge di bilancio. Non è più tempo di esitare, a maggior ragione in un momento storico in cui il Governo da un lato parla di prossimità come fondamento del rilancio della medicina territoriale, dall’altro non ha ad oggi programmato alcun intervento per fermare lo spopolamento sanitario di gran parte del territorio stesso”. “Se un medico di medicina generale si sentisse supportato dalla telemedicina e dalla disponibilità di strumenti di diagnosi, sarebbe ulteriormente incentivato a lavorare in aree più periferiche – concludono – ma i 235 milioni di euro a questo destinati giacciono ancora, dopo 4 anni dalla legge che li ha stanziati, nelle casse delle Regioni, del tutto inutilizzati”.