PLP

Ci rendono più felici le cose materiali o le esperienze che facciamo?

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l’associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Elisa Mulone, Psicologa e psicoterapeuta, past President Nazionale PLP

 

Se lo sono chiesto alcuni studiosi, tra cui Thomas Gilovich, Amit Kumar e Lily Jampol che in un loro articolo dal titolo “Una vita meravigliosa: consumo esperienziale e ricerca della felicità” pubblicato sul Journal of Consumer Psychology hanno illustrato i dati emersi dalle loro ricerche.

Gilovich e i suoi collaboratori hanno scoperto che in una società consumistica come quella attuale, con una disponibilità di risorse senza precedenti, quello da cui traiamo maggiore soddisfazione non sono i beni materiali, ma i consumi esperienziali. Che vuol dire?

Per consumi esperienziali ci si riferisce all’investimento economico in cene, viaggi, escursioni ecc.

Analizzando i meccanismi psicologici che stanno alla base dei due tipi di acquisti, esperienziali e materiali, si è visto che i primi forniscono una soddisfazione maggiore e più duratura e rendono felici perché:

  • migliorano relazioni e connessioni sociali più prontamente ed efficacemente dei beni materiali;
  • costituiscono una parte più ampia dell’identità di una persona;
  • sono valutati per quello che sono ed evocano meno confronti sociali rispetto agli acquisti materiali, evitando le frustrazioni che tali confronti possono generare.

Una vasta letteratura supporta l’idea che gli esseri umani siano creature altamente sociali ed è per questo, probabilmente, che gli acquisti esperienziali sono più soddisfacenti, dal momento che facilitano una maggiore connessione sociale.

“Siamo quello che facciamo, non quello che abbiamo”, afferma ancora Gilovich. Le esperienze diventano parte integrante della vita di una persona e plasmano la sua esistenza, arricchendola e fornendo nuovi stimoli e nuovi apprendimenti. Con gli acquisiti materiali questo non succede, rimangono comunque separati da noi e la soddisfazione per il loro possesso diminuisce rapidamente e non ci fa “crescere” come le esperienze che viviamo. Fare esperienza vuol dire accrescere la nostra memoria autobiografica.

Secondo la Psicoterapia della Gestalt, la parola esperienza richiama nella sua etimologia l’idea dell’attraversare uno spazio per raggiungere una meta, di correre il rischio di passare attraverso un accadere sconosciuto e di cui non si possono prevedere completamente le conseguenze. Chi vive un’esperienza significativa sente in sé una profonda trasformazione e sperimenta l’incontro con la novità.

Le esperienze assimilate formano quello sfondo sicuro da cui ripartire per nuove esperienze. Tanto più ampio sarà questo sfondo, tanto più saremo pronti per affrontare le novità che la vita ci metterà davanti con una visione più ampia e minori resistenze verso ciò che conosciamo meno.

Da qui l’invito degli autori alle istituzioni a promuovere politiche sociali che possano incoraggiare maggiormente i “consumi esperienziali” e meno i consumi materiali” e apportare, così, più benessere alla società.

Concludiamo, provocatoriamente, con la citazione di Bo Derek che apre l’articolo a cui abbiamo fatto riferimento in questo contributo:

“Chiunque abbia detto che i soldi non possono comprare la felicità, semplicemente non sapeva dove andare a fare shopping”.