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Gap generazionali: quanto siamo distanti e vicini?

Di Rocco Chizzoniti, Psicologo-psicoterapeuta, membro del CEN PLP.

Generazioni su generazioni si sono avvicendate e continuano a farlo, ognuna con il proprio “imprinting”.

Nel XX secolo si è cominciato a parlare, in epoca di consumi soprattutto, di ogni generazione come un vero e proprio mondo a sé, calcolata sempre lungo 10 o 20 anni per ognuna.

Scopriamo così che i famosi “Boomer”, di cui tanto si parla, non sono altri che i bambini nati nell’immediato dopo guerra (dal 1945), all’inizio del boom economico intervenuto da lì a poco. Non a caso il nome completo è “Baby Boomer”, i bambini del boom economico appunto.

Questa generazione, i cui genitori rappresentano forse l’ultima impronta culturale di fine ‘800 con le rivoluzioni di inizi ‘900, hanno conosciuto i sacrifici precedenti e le opportunità createsi dopo la seconda guerra mondiale. A seguire troviamo la pure famosa Generazione X, i nati a partire dalla fine degli anni 60, i primi figli dei Boomer, che hanno rappresentato la prima vera e propria generazione nata in un contesto di benessere.

Dagli anni 80 arriva invece la generazione più importante e numerosa del secolo scorso: la Generazione Y, conosciuta più comunemente come “Millenials” perché nati verso la fine del millennio. Una generazione che viene contemplata fino alla fine degli anni 90, anche loro per larga parte figli dei Boomer.

La generazione sicuramente più importante in termini commerciali che ancora oggi muove i fili di parte dell’economia, essendo tra l’altro quella che sta producendo la nuova classe dirigente ai giorni nostri, che tuttavia ha iniziato a conoscere anche il fenomeno della precarietà.

A partire dagli anni 2000 nascono poi i nativi digitali, coloro i quali hanno conosciuto poco o nulla del mondo analogico, le TV catodiche, con una infanzia più improntata a giocare sul tablet che per strada.

La Generazione Z è infatti quella dei sociaI, di lnstagram e di Tik Tok, anche se la prossima generazione in arrivo risulta ancora più digitalizzata e immersa nel mondo virtuale, perdendo come la Z, la memoria passata: si tratta dei figli della Generazione X e dei Millenials, nati in un contesto comunque di benessere e piuttosto distante dalle vicissitudini del secolo scorso.

Non conservano alcuna memoria di momenti storici come la seconda guerra, l’allunaggio, il disastro di Chernobyl, il crollo del Muro di Berlino o 1’11 settembre.

Forse ricorderanno il momento pandemico anche se non è contrassegnato da una vera e propria data storica, un po’ come fu l’influenza spagnola di inizi ‘900.

Sta alle generazioni passate coltivare ed educare alla memoria storica.

Generazioni quindi tanto vicine quanto distanti, con un paradosso: il mondo digitale, che tanto sembra che allontani le nuove generazioni da noi, non è stato creato da loro, ma proprio da noi!

Chissà se più guardando avanti più si cercherà ancora di guardare indietro, d’altra parte le generazioni passate sempre così hanno fatto.

Luciano De Crescenzo, notissimo al grande pubblico per la sua opera di diffusione della cultura classica, non era affatto un professore di lettere o un archeologo in stile Piero Angela.

Era al contrario uno dei pionieri dell’informatica italiana.