Il mese scorso è stato presentato il VII rapporto sulle Libere Professioni in Italia. Decine di professionisti, rappresentanti delle proprie realtà professionali, e rappresentanti istituzionali, si sono ritrovati per discutere i dati emersi dal lavoro svolto per l’anno 2022 dall’Osservatorio sulle libere professioni in Italia che opera in seno a Confprofessioni.
Alcuni dei dati emersi richiedono una riflessione sul loro significato e sull’impatto che determinano nella nostra società.
Si registra ad esempio un calo della natalità e una riduzione continua della popolazione dal 2015 ad oggi, riduzione non compensata neppure, come accade in altri paesi, dall’afflusso migratorio. Siamo passati da 60 milioni e 300 mila persone residenti in Italia nel 2014 a 58 milioni e 983 mila persone.
Una perdita considerevole che si registra in particolare nella fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni che passano da 12 milioni nel 1996 a nove milioni circa nel 2021.
Altro dato su cui riflettere è relativo al fatto che all’aumento delle competenze acquisite dai giovani nella fascia di età 15-29 non si registra un aumento dei lavoratori autonomi. I giovani che si specializzano sempre di più nel nostro paese con percorsi universitari di alta formazione non investono sulla libera professione, ma preferiscono “le sicurezze” di un lavoro dipendente. La propensione verso la libera professione appare in calo trasversalmente ai vari settori disciplinari, anche se si mantiene elevata per alcune professioni: psicologi, giuristi, architetti e ingegneri civili, ma anche dottori in scienze agrarie e forestali e veterinari. Oltre il 40% dei laureati in queste materie si trova a svolgere la libera professione a cinque anni dalla laurea, spesso più per necessità che per scelta, rimanendo legati al sogno del “posto fisso”.
Cosa influisce sulla disaffezione verso la libera professione? Cosa vuol dire intraprendere la libera professione oggi?
Fare la libera professione vuol dire essere liberi di organizzare autonomamente il proprio lavoro programmando gli impegni in base alle proprie specifiche esigenze, ma vuol dire anche lavorare costantemente per “stare sul mercato” e mantenere viva la propria attività professionale, curare la propria reputation e il proprio personal branding, districarsi in continue complicazioni burocratiche e nuovi adempimenti, lottare per avere un “equo compenso” e, allo stato attuale, avere meno tutele in caso di problemi di salute.
Spesso chi intraprende un lavoro autonomo sottovaluta le competenze necessarie a sostenerlo. I liberi professionisti sono equiparati dall’Unione Europea alle piccole e medie imprese, pertanto, per avviarsi alla libera professione, non è sufficiente essere preparati dal punto di vista teorico e tecnico., ma è necessario sviluppare la cosiddetta “competenza imprenditoriale”. Essa è stata definita dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2018 come «la capacità di agire sulla base di idee e opportunità e di trasformarle in valori per gli altri. Si fonda sulla creatività, sul pensiero critico e sulla risoluzione di problemi, sull’iniziativa e sulla perseveranza, nonché sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario.
Alcuni studiosi hanno realizzato una revisione sistematica della letteratura sulle caratteristiche imprenditoriali riuscendo a raggrupparle in cinque dimensioni con relative sottodimensioni (fonte Lee, H., Lee, J., & Shim, K. (2016). Entrepreneurial characteristics: A systematic literature review. In Pacific Asia Conference on Information Systems, PACIS 2016):
- competenze di opportunità (identificazione, valutazione e sfruttamento delle opportunità di mercato);
- competenze amministrative (gestionali, finanziarie e competenze di marketing, definizione e applicazione di strategie); relazione
- competenze relazionali (leadership, comunicazione, relazioni umane, costruzione e utilizzo delle reti);
- competenze personali (conoscenza, efficacia, autonomia, capacità di innovazione);
- competenze di impegno (propensione al rischio, tenacia e perseveranza ance in situazioni di incertezza, tolleranza allo stress).
È risaputo purtroppo che ancora oggi non vi è una adeguata informazione e formazione dei giovani sull’avvio alla libera professione, né al livello di istruzione superiore né a livello universitario. Ma è molto interessante quello che emerge in vent’anni di ricerche realizzate dal Centro Imprenditoria Giovanile del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona. Dai dati di tali ricerche si riscontra, da parte dei giovani coinvolti, un atteggiamento abbastanza positivo verso la scelta professionale imprenditoriale che sembra essere connotata da aggettivi positivi quali: bella, prestigiosa, libera, attiva, energica, soddisfacente, interessante, desiderabile, varia, flessibile, stimolante, ma altrettanto complessa, pesante, instabile e incerta.
Altro dato interessante che emerge da queste ricerche è che i giovani che hanno contatti con amici o parenti che svolgono attività di lavoro autonomo sono più favorevoli alla scelta imprenditoriale.
Alla luce di questi dati, per fronteggiare la disaffezione verso la libera professione, sarebbe certamente utile creare occasioni di dialogo e confronto tra i giovani e i liberi professionisti, sia negli Istituti di istruzione superiore che all’interno dei percorsi universitari delle varie discipline e in quest’ottica, Confprofessioni, con la sua compagine associativa multidisciplinare e a carattere capillare sul territorio nazionale, potrebbe volgere una funzione fondamentale.