Equitalia: recuperabile solo il 5% dei crediti

Le “posizioni lavorabili” ammontano a 51 miliardi euro su 1.058. In un’audizione in commissione Finanze al Senato, l’ad Ruffini ha definito il problema delle quote inesigibili una «patologia estrema» Ammonta a 1.058 miliardi di euro il carico di crediti non riscossi affidato a Equitalia tra il 2000 e il 2015. Di questi «le posizioni effettivamente
Le “posizioni lavorabili” ammontano a 51 miliardi euro su 1.058. In un’audizione in commissione Finanze al Senato, l’ad Ruffini ha definito il problema delle quote inesigibili una «patologia estrema»

Ammonta a 1.058 miliardi di euro il carico di crediti non riscossi affidato a Equitalia tra il 2000 e il 2015. Di questi «le posizioni effettivamente lavorabili», ovvero i crediti recuperabili, sono appena il 5% del totale, vale a dire 51 miliardi. Lo ha sottolineato l’amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini, lo scorso 9 febbraio durante un’audizione davanti alla commissione Finanze del Senato, definendo il problema delle cosiddette quote inesigibili una «patologia estrema».

 

Il conto è presto fatto. Il “magazzino” di Equitalia, ammonta appunto a 1.058 miliardi di euro, di cui il 20,5% è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto ritenuto indebito (cioè non dovuto dai contribuenti) a seguito di provvedimenti di autotutela da parte dei suddetti enti creditori o di decisioni dell’autorità giudiziaria. Dei restanti 841 miliardi di euro, 138 sono dovuti da soggetti falliti, 78 da persone decedute e imprese cessate, 92 da nullatenenti (almeno in base ai dati dell’Anagrafe tributaria); per altri 28 miliardi di euro la riscossione è sospesa, sempre per forme di autotutela o sentenze. Avanzano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60% (314 miliardi) corrisponde a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Sottraendo altri 25 miliardi di rate per riscossioni dilazionate e di 81 miliardi di riscosso, il “magazzino” residuo si riduce a 85 miliardi di euro, di cui 34 miliardi sono non lavorabili per norme a favore dei contribuenti, tra cui, gli interventi sul valore minimo per l’iscrizione ipotecaria, l’impignorabilità della prima casa, dei beni strumentali, degli stipendi e delle indennità relative al rapporto di lavoro. Si arriva così a 51 miliardi di euro, il 5% del carico totale lordo iniziale.

 

La riscossione è resa difficile da ulteriori elementi di criticità, come «l’intervallo temporale che corre tra la fase dell’accertamento del debito, di competenza dell’ente creditore, e la fase della riscossione, di competenza del gruppo Equitalia», ha spiegato Ruffini, oltre alla «difficoltà – quando non l’impossibilità – di acquisire informazioni complete e puntuali su redditi e patrimoni dei debitori iscritti a ruolo, ai fini dello svolgimento delle azioni cautelari ed esecutive».

 

Nonostante tutto, «dal 1° ottobre 2006 ad oggi – ha proseguito – le riscossioni sono sensibilmente aumentate: nel periodo 2000-2005 le società concessionarie private (in prevalenza banche) incassavano in media circa 2,9 miliardi di euro all’anno, con Equitalia la media è salita a 7,7 miliardi di euro».

 

L’ad ha infine auspicato che il giudizio sull’attività di riscossione venga espresso alla luce di una valutazione dell’intera procedura di prelievo delle entrate pubbliche. In primo luogo, la qualità delle norme e delle disposizioni di prassi, successivamente, l’adempimento spontaneo da parte dei cittadini e la tempestività da parte degli uffici nello svolgere gli accertamenti. Solo in ultima istanza, secondo Ruffini, deve subentrare la riscossione coattiva.