Pillole fiscali

a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi Il professionista e l’Irap   Non paga l’Irap il professionista che svolge la sua attività in una struttura altrui Cassazione n. 21150 del 08/10/15 Il professionista che svolge l’attività professionale all’interno della struttura di altri non paga l’Irap. La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare alcuni principi
a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Il professionista e l’Irap

 

Non paga l’Irap il professionista che svolge la sua attività in una struttura altrui

Cassazione n. 21150 del 08/10/15

Il professionista che svolge l’attività professionale all’interno della struttura di altri non paga l’Irap. La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare alcuni principi espressi in precedenza proprio sulla soggezione a Irap dei professionisti:

1)l’esercizio delle attività di lavoro professionali è escluso dall’Irap solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione” ricorre quando il professionista:

a)sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b)impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. È il professionista che chiede il rimborso a dover fornire la prova dell’assenza delle condizioni che portano all’assoggettamento a Irap.

2)ai fini della soggezione ad Irap dei proventi di un professionista non è sufficiente che egli si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al professionista stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad Irap i proventi che un professionista percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata.

 

Non paga l’Irap il professionista senza supporti logistici

Cassazione n. 22468 del 4/11/15

Il professionista che svolge la sua attività senza l’ausilio di dipendenti e senza beni strumentali consistenti non realizza il presupposto impositivo Irap, in quanto non evidenzia la presenza di una autonoma organizzazione. È ciò resta fermo anche se l’attività professionale è svolta senza il controllo o il coordinamento di terzi, in totale discrezionalità, senza soggiacere a limitazioni, condizionamenti e controlli formalmente e legittimamente imposti da altri soggetti.

L’Irap va a colpire una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e dunque il profitto aggiuntivo derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (per esempio dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto).

 

 

Agevolazioni acquisto “prima casa”

 

Agevolazioni “prima casa” –  richiesta di trasferimento della residenza al comune entro 18 mesi

Cassazione n. 19684 dell’1/10/15

L’agevolazione “prima casa”, che consiste nell’applicazione dell’aliquota del 2% dell’imposta di registro all’atto di compravendita dell’agevolazione (ovvero dell’aliquota Iva del 4%, in caso di acquisto da costruttore), richiede in linea generale il trasferimento della residenza nel comune dove è situato l’immobile nel termine di 18 mesi dall’atto (sfuggono a tale obbligo coloro che acquistano l’immobile nel comune dove svolgono l’attività lavorativa).

Al riguardo, la Cassazione ha stabilito che il termine di 18 mesi è riferito alla richiesta di trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile acquistato. In particolare, la Cassazione ha affermato che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza, anche nel caso in cui il contribuente, in attesa della risposta da parte dell’Amministrazione, presenti una seconda istanza, posto che gli effetti retroattivi derivanti dalla positiva conclusione del procedimento devono essere fatti risalire alla 1 ° domanda presentata.

 

Agevolazioni “prima casa” – cause di forza maggiore al trasferimento entro 18 mesi della residenza che evitano la decadenza dai benefici

Cassazione n. 24963 del 10/12/15 e n. 25437 del 17/12/15

Per la fruizione dei benefici cd. prima casa, il compratore deve, in linea generale, trasferire la residenza entro il termine di 18 mesi dall’acquisto nel comune dove è situato l’immobile. NeIl’applicazione di tale principio deve però tenersi conto di eventuali “cause di forza maggiore sopravvenute rispetto alla stipula dell’acquisto.

A tal fine, sono state considerate causa di forza maggiore, idonee a evitare la decadenza dall’agevolazione:

  • la sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile disposta dalla sovraintendenza per la cd. “sorpresa archeologica”, cioè il rinvenimento di reperti, impeditivo della prosecuzione dei lavori);
  • gli ostacoli frapposti dall’inquilina all’esecuzione per rilascio, che hanno differito di circa 10 mesi l’acquisizione del possesso dell’immobile, superati solo a seguito di CTU medico legale con la quale veniva accertata la inesistenza della causa di intrasportabilità della occupante medesima.

 

 

Agevolazione prima casa – il requisito della residenza deve essere riferito alla famiglia

Cassazione n. 25893 del 23/12/15

Ai fini dell’agevolazione “prima casa” l’immobile acquistato deve essere adibito a residenza della famiglia. A nulla rileva l’eventuale diversa residenza del coniuge del contribuente che ha acquistato in regime di comunione, posto che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione. La coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari, in quanto ciò che conta non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia.

 

Agevolazioni “prima casa” – se l’abitazione viene ceduta entro 5 anni per non decadere dall’agevolazione è necessario acquisire entro 1 anno un’altra abitazione, anche per donazione

Cassazione n. 23219 del 13/11/15

Il contribuente che ha acquistato l’abitazione con l’agevolazione “prima casa” può cederla entro 5 anni mantenendo l’agevolazione se acquisisce entro 1 anno un altro immobile.

Al riguardo, la Cassazione ha affermato che “l’acquisizione” del secondo immobile (che consente di non decadere dall’agevolazione fiscale) può avvenire non solo a titolo oneroso, ma anche a titolo gratuito (nel caso specifico, per donazione).

 

Agevolazione “prima casa” – dopo la cessione all’ex coniuge non è necessario il riacquisto

Cassazione n. 23225 del 13/11/15

Il coniuge che, in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale, cede all’ex coniuge la sua quota dell’immobile senza riacquistare un’abitazione entro l’anno, non perde il beneficio fiscale sulla prima casa, in deroga al principio in base al quale il contribuente che ha acquistato l’abitazione con l’agevolazione “prima casa” può cederla entro 5 anni mantenendo l’agevolazione solo se acquisisce entro 1 anno un altro immobile.

 

Recupero IVA in caso di applicazione dell’aliquota agevolata a seguito di dichiarazione mendace

Cassazione n. 21908 del 27/10/15

  1. In materia di agevolazioni tributarie correlate all’acquisto della prima casa, è legittimo l’avviso di liquidazione della maggiore Iva effettuato direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile laddove quest’ultimo, rendendo dichiarazioni mendaci, abbia indotto il venditore ad applicare l’IVA con aliquota al 4%, disposta dall’art. 21, parte seconda, tabella A allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in luogo di quella ordinaria con aliquota al 20% (aliquota vigente all’epoca).
  2. Nel caso di disconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’agevolazione “prima casa”, la maggiore IVA risultante dall’applicazione dell’aliquota ordinaria al posto di quella ridotta è dovuta dall’acquirente, che ha rilasciato nell’atto di trasferimento una mendace dichiarazione, la quale istituisce un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione finanziaria.
  3. Nel caso in cui la cessione di un’abitazione di lusso venga assoggettata, usufruendo indebitamente dell’agevolazione per la prima casa, all’IVA con aliquota del 4% ai sensi del disposto del n. 21 della parte seconda della Tabella A allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in luogo di quella ordinaria, l’Ufficio emette l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, idonea a far sorgere – ai sensi dell’art. 1 della nota II bis della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del1986, richiamato dal predetto n. 21, ed applicabile a tutte le ipotesi di accertata non spettanza del beneficio fiscale, si tratti d’imposta sul valore aggiunto o d’imposta di registro – un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione finanziaria.
  4. È legittimo il recupero IVA effettuato dall’Ufficio nei confronti del venditore nel caso in cui la cessione di un’abitazione di lusso, usufruendo indebitamente dell’agevolazione prima casa, venga assoggettata ad IVA con aliquota agevolata del 4%, ai sensi del disposto del n. 21 della parte seconda della tabella A allegata al D.P.R. n. 633/1972, invece dell’aliquota ordinaria del 22%.