Parità salariale, il flop continua

Secondo Eurostat permangono ancora troppe disparità tra uomini e donne su occupazione e condizioni di lavoro. Al Parlamento europeo si discute sul fallimento delle norme sulle pari opportunità Al Parlamento europeo si parla di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, sottolineando come, ad anni dall’applicazione
Secondo Eurostat permangono ancora troppe disparità tra uomini e donne su occupazione e condizioni di lavoro. Al Parlamento europeo si discute sul fallimento delle norme sulle pari opportunità

Al Parlamento europeo si parla di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, sottolineando come, ad anni dall’applicazione della direttiva 2006/54 sulle pari opportunità, permangano le differenza salariali, un grande disincentivo all’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. La direttiva 2006/54 è la rifusione di quattro precedenti direttive, la prima delle quali del 1976, e trova il suo fondamento nell’articolo 119 del Trattato di Roma, ripreso poi dall’articolo 157 del Trattato di Lisbona.

Nonostante la normativa in materia, la realtà è ancora lontana dagli obiettivi prefissi: si registra infatti un grande divario tra uomini e donne nell’accesso al lavoro e alla formazione e nelle condizioni di lavoro. In termini di occupazione, i dati Eurostat mostrano un divario del 12% a favore degli uomini: se si continua così, gli obiettivi del 2020 saranno raggiunti solo nel 2030. A ciò si somma il divario in termini di ore (il 32% del lavoro femminile è svolto in lavori part-time) e salariale (del 16,5% in base a dati preliminari). Si notano differenze tra Stati membri e tra settori: ad esempio, sono nel privato le maggiori discriminazioni. Chiaramente, c’è uno stretto legame con la maternità: infatti, le differenze non sono così marcate tra i neodiplomati, uomini e donne, mentre si iniziano a notare dopo il primo congedo di maternità, per poi aumentare ulteriormente.

Nel corso del dibattito emerge una posizione diversa tra rappresentanti della Commissione europea e del Parlamento: i primi ritengono si debba puntare ad applicare correttamente la normativa vigente; i secondi invece dubitano dell’efficacia di una normativa che, entrata in vigora ormai molto tempo fa, non ha ancora mostrato grandi risultati e propongono di modificarla. Secondo molte voci la normativa è buona, ma non si può dire altrettanto del quadro giuridico delle sanzioni. Oltre al fatto che sono pochissimi i casi portati in tribunale, a causa di ostacoli quali la lungaggine dei processi o i costi, in ogni caso risulta difficile comminare sanzioni nei confronti delle aziende. In concreto, viene proposta una modifica in termine di sanzioni: chi non rispetta i principi fondamentali europei non può godere dello stesso accesso ai fondi e agli appalti europei di chi invece li rispetta.