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Che rapporto hanno gli adulti con le menzogne?

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l’associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Elisa Mulone, psicologa e psicoterapeuta, past President Nazionale PLP.

 

In un precedente contributo abbiamo parlato del perché i bambini dicono le bugie.

Oggi ci soffermiamo sulle menzogne negli adulti.

Luigi Anolli definisce la menzogna come “un atto comunicativo consapevole e deliberato di trasmettere una conoscenza non vera a un altro in modo che quest’ultimo assuma credenze false sulla realtà dei fatti”. Sempre Anolli distingue 3 proprietà essenziali dell’atto di mentire:

  • la falsità del messaggio comunicato;
  • la consapevolezza di tale falsità;
  • l’intenzione di ingannare il destinatario.

Esistono diverse forme di menzogna. San Tommaso, seguendo le riflessioni di Aristotele e Agostino, distingue fra la menzogna dannosa, quella utilitaria e quella giocosa. Esistono le menzogne pianificate, mirate a evitare svantaggi e ottenere vantaggi, quelle non pianificate per far fronte a una situazione inaspettata che mette a disagio, quelle pedagogiche che hanno lo scopo di rassicurare un bambino, e anche le bugie sociali, dette per cortesia o buona educazione.

Rifacendoci ancora alle teorizzazioni di Anolli, possiamo distinguere diversi atti menzogneri:

  • omissione: consiste nell’omettere informazioni rilevanti all’interlocutore;
  • occultamento: consiste nel nascondere informazioni rilevanti fornendone altre vere, ma divergenti;
  • falsificazione: consiste nel fornire consapevolmente informazioni false;
  • mascheramento: consiste nel fornire informazioni false per coprire quelle vere;
  • falsa conferma: consiste ne confermare un’informazione pur sapendo che essa è falsa.

Un altro modo di distinguere le menzogne deriva dal livello di pianificazione nel metterla in atto e nella percezione di gravità delle sue conseguenze. Distinguiamo, in tal senso, menzogne a basso rischio e menzogne ad alto rischio. Le prime sono menzogne comuni, non particolarmente rilevanti, che richiedono uno sforzo cognitivo contenuto sia nella pianificazione che nella comunicazione delle stesse e la preoccupazione che si venga smascherati è limitata, come anche l’impegno emotivo nel metterle in atto.

Le seconde sono, invece, menzogne che richiedono un impegno cognitivo elevato, una pianificazione accurata e una forte attivazione emotiva correlata alla paura di venire scoperti. In caso di smascheramento, il mentitore rischia gravi conseguenze che possono minare la sua immagine sociale, la sua onorabilità e la fiducia degli altri su di sé. Rischia, in pratica, di “perdere la faccia”, cosa che attiva emozioni negative e un livello di stress notevole.

Potremmo chiederci, allora, perché le persone mentono? Gli studi ci dicono che le persone mentono per ottenere benefici personali, per proteggere gli altri o per danneggiarli. Quello che è certo è l’universalità dell’atto menzognero annoverato nelle trame della storia di tutti i tempi.