Le alternative deflattive al contenzioso

Nel contributo dello scorso mese è stata fatta una scelta ben precisa: illustrare, sul piano prettamente economico, come le valutazioni connesse ad un eventuale atto di accertamento dell’amministrazione finanziaria siano molteplici. Si è dimostrato che è necessario analizzare la fattibilità del ricorso con un professionista di fiducia, ma do per se ciò è insufficiente poiché

Nel contributo dello scorso mese è stata fatta una scelta ben precisa: illustrare, sul piano prettamente economico, come le valutazioni connesse ad un eventuale atto di accertamento dell’amministrazione finanziaria siano molteplici.

Si è dimostrato che è necessario analizzare la fattibilità del ricorso con un professionista di fiducia, ma do per se ciò è insufficiente poiché è indispensabile anche vagliare tutte le altre soluzioni possibili e i rischi connessi, ipotizzando vie d’uscita alternative per poter giungere ad un contenimento del costo complessivo di una lite con il fisco.

È il caso allora di completare il ragionamento già avviato dando uno sguardo alle possibilità deflattive che si offrono, analizzando le diverse alternative e anche le principali problematiche che l’attuale ordinamento tributario presenta.

 

Gli istituti deflattivi del contenzioso

L’esempio numerico contenuto nel contributo del mese precedente, basato sui costi del contenzioso e sui vantaggi di eventuali definizioni, ha consentito di comprendere quali benefici sono ottenibili a seguito della procedura di adesione all’accertamento.

Con riguardo alle casistiche più diffuse di contestazioni in ambito reddituali/IVA, a dover essere preso in considerazione è l’articolo 6, secondo comma, del D. Lgs. n. 218/97, posto che prevede in capo al contribuente e in assenza di analoga iniziativa dell’Ufficio, la possibilità di proporre, successivamente alla notifica di un avviso di accertamento o rettifica, l’istanza di accertamento con adesione, chiedendo l’instaurazione del contraddittorio con l’Ufficio.

L’obiettivo è quello di giungere ad una rideterminazione della pretesa erariale evitando il contenzioso tributario, tant’è che il legislatore prevede anche la sospensione per 90 giorni in riferimento alla tempistica di produzione del ricorso tributario.

Una volta raggiunto (auspicabilmente) l’accordo, l’incentivo ulteriore è rappresentato dalla rideterminazione delle sanzioni, che come illustrato in precedenza sono irrogate nella misura di 1/3 del minimo previsto.

L’importo dovuto complessivamente è poi rateizzabile (per perfezionare la procedura è necessario quantomeno il pagamento della prima rata), in un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo o in un massimo di 16 rate trimestrali se le somme dovute superano i 50.000 euro. 

È bene sottolineare, comunque, che il mancato accordo non pregiudica le ulteriori scelte del contribuente, il quale può sia decidere di ricorrere avverso l’avviso di accertamento, sia procedere per la definizione dello stesso, accogliendo in toto i rilievi nello stesso contenuti ma portando comunque a casa l’importante effetto di ridurre le sanzioni nella misura di 1/3 del minimo.

 

L’atto di irrogazione sanzioni

Quanto illustrato nella prima parte del presente contributo in riferimento all’accertamento con adesione è sicuramente valido per gli accertamenti, ma non è applicabile nell’ipotesi in cui al contribuente sia notificato un atto di irrogazioni sanzioni.

Il caso oggi più diffuso riguarda le sanzioni per l’omesso monitoraggio fiscale dei capitali detenuti all’estero (omessa compilazione del quadro RW).  Andando al cuore della problematica ed evitando inutili tecnicismi, è importante evidenziare che a fronte di simili atti il legislatore ha previsto una procedura del tutto difforme, con implicazioni diverse:

  • In primo luogo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il contribuente può definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad 1/3 della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo;
  • In alternativa, entro lo stesso termine il contribuente può produrre deduzioni difensive.

 

Le complicazioni sorgono proprio nell’ipotesi delle predette deduzioni difensive e la casistica merita molta attenzione da parte del contribuente. A fronte delle deduzioni, l’ufficio, nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione, irroga se del caso nuove sanzioni rideterminate con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime. In questo caso le sanzioni sono definibili con il pagamento nella misura di 1/3, se il contribuente aderisce al nuovo atto. Il rischio però emerge laddove l’ufficio non dovesse accogliere le deduzioni difensive, posto che le sanzioni saranno irrogate in misura intera, non sono più definibili e nemmeno sono rateizzabili. Tradotto in termini pratici, se con un atto di irrogazione sanzioni sono contestate sanzioni per 90, le alternative sono:

  1. Definire le stesse, pagando 30 (1/3) entro il termine di proposizione del ricorso, senza non solo ricorrere ma anche produrre deduzioni;
  2. Produrre deduzioni per ridurre le sanzioni (per ipotesi, a 60) e confidare nell’accoglimento da parte dell’ufficio delle proprie valutazioni. Se l’ufficio emette un nuovo atto di irrogazione sanzioni con l’importo rideterminato di 60, le stesse possono essere definite entro i nuovi termini di proposizione del ricorso, con il pagamento di 20 (1/3);
  3. Ritrovarsi con le proprie deduzioni non accolte e con le sanzioni ferme a 90, senza possibilità di riduzioni e pagamenti rateali. In questa ipotesi non resta che la strada del ricorso per perorare le proprie motivazioni esposte con le deduzioni non accolte, esplorando eventualmente le soluzioni conciliative presenti nel contenzioso.

 

È chiara però la differenza di fondo in presenza di:

  • avviso di accertamento: il contribuente si trova in una situazione totalmente diversa rispetto a quanto accade con atto di contestazione sanzioni. Nel primo caso abbiamo visto che i ragionamenti di convenienza transitano per la possibilità di esplorare la procedura di adesione, con riduzione delle sanzioni nella misura di 1/3 e con il vantaggio interessante di dialogare in via preventiva con l’ufficio competente.
  • atto di contestazione sanzioni: il contribuente deve essere pronto a fare un “salto nel buio” se decide di presentare delle deduzioni difensive. Non ha dialogo preventivo con l’ufficio e in caso di esito negativo non ha altre soluzioni che produrre ricorso, altrimenti le sanzioni non sono più riducibili nella misura di un terzo. Trattasi chiaramente di una discrasia normativa, ma salvo interventi del legislatore, al momento non esiste rimedio.


 

La mediazione tributaria 

L’attenzione del legislatore agli istituti deflattivi è però comprovata anche dalle ulteriori possibilità che si offrono al contribuente per evitare il prosieguo del contenzioso. In particolare è possibile procedere mediante la mediazione tributaria, attualmente prevista per le controversie di valore non superiore a € 20.000, soglia che dal 1° gennaio 2018 è innalzata a 50.000 euro. Senza voler essere molto tecnici, sia sufficiente sapere che tale istituto è attivato dopo la presentazione del ricorso presso l’ufficio competente ma prima del deposito dello stesso in Commissione Tributaria (quindi la parcella del difensore è quella per la predisposizione del ricorso). La finalità però è la medesima, ossia rideterminare gli importi dovuti raggiungendo un accordo ed evitando i costi e i rischi del contenzioso, oltre ad ottenere la riduzione delle sanzioni, che nel caso sono pari al 35% del minimo. Resta ferma la modalità di pagamento rateale;

 

La conciliazione giudiziaria

In ultima analisi, quando il contenzioso è già incardinato presso la Commissione tributaria, è possibile proporre la conciliazione giudiziale (che può trovare applicazione a prescindere dal valore della lite), oggi attivabile anche nel corso del secondo grado di giudizio, con riduzioni diversificate delle sanzioni:

  • 40% del minimo in caso di definizione nel corso del primo grado di giudizio
  • 50% per le definizioni successive e mantenimento della possibilità di pagamento rateizzato.

 

Il contribuente deve essere consapevole di poter avviare diverse soluzioni se intende “chiudere la vicenda”, evitando il rischio di incappare in un esito negativo del contenzioso. Anzi, addirittura pur in presenza di un contenzioso perdente nel primo grado di giudizio, residuano comunque delle possibilità di rideterminazione degli importi dovuti in conciliazione e prima della discussione innanzi alla commissione regionale, al fine non solo di abbattere un minimo gli importi dovuti, ma soprattutto di portare a casa un ottimo risultato in termini di riduzione delle sanzioni (oltre al pagamento rateizzato degli importi).

 

Osservazioni conclusive

L’ospitalità che è stata offerta ai due contributi che sono stati pubblicati su questo sito (il primo il mese scorso) riferiti alle liti con il fisco e alle opzioni deflattive offerte dal legislatore, hanno un obiettivo ben preciso: offrire, ai non addetti ai lavori, dei parametri valutativi “atecnici” concreti, in modo da mettere sul piatto della bilancia tutti gli elementi utili alla migliore scelta possibile.

È evidente che il primo “passo” concerne l’analisi della pretesa che scaturisce dalla verifica fiscale, in quanto se la stessa è ritenuta “ingiusta”, difficilmente si potrà poi accettare una qualsiasi definizione successiva.

Ma è altrettanto evidente che nell’affrontare un contenzioso tributario bisogna avere ben chiaro a cosa si va incontro:

  • trattasi anzitutto di un processo “documentale”, ossia basato sui carteggi, laddove non sono ammesse prove testimoniali. Questo implica che purtroppo ciò che emerge dalla documentazione presente agli atti ha un impatto dirimente, pur se magari la stessa potrebbe avere un significato diametralmente opposto ove fosse possibile condurre in aula una serie di testimoni a discolpa del contribuente accertato. Con questo si vuole sottolineare che “carta canta” e spesso e volentieri l’apparenza del documento non può essere mutata con il semplice ragionamento. Giusto per fare un esempio, scambi epistolari commerciali molto stretti con un operatore straniero potrebbero far sorgere, in capo a chi controlla, l’idea che trattasi di un soggetto estero alle dirette dipendenze del soggetto italiano, con relativa “esterovestizione” dell’attività (in pratica, il sospetto è che il contribuente italiano “faccia finta” di lavorare con un soggetto straniero, avendo invece “spostato” parte della sua attività all’estero per fruire di maggiori benefici fiscali). In queste ipotesi non sarà possibile ricorrere a prove testimoniali, ma soltanto a prove documentali per convincere il giudice che invero il soggetto estero è indipendente. Ma è chiara la differenza: con la prova documentale, al più possono essere prodotte delle autocertificazioni da parte di diverse persone che possono asserire che il soggetto estero è indipendente, ma dette autocertificazioni non hanno valenza di prova, essendo solo di supporto al convincimento del giudice. Di contro, poter usare le testimonianze sarebbe oltremodo utile per dare contezza di una miriade di particolari in grado di convincere, senza timore di smentita, che il soggetto estero sia realmente indipendente;
  • l’accertamento tributario può fondarsi su ragionamenti presuntivi, sia semplici (al ricorrere di determinate previsioni normative, come nel caso della totale inattendibilità del contribuente in quanto privo di contabilità), sia c.d. “qualificati”, vale a dire gravi, precisi e concordanti nell’individuare una ben precisa conclusione (ossia quando le presunzioni individuate sono tali da far presumere con ragionevole certezza che sia avvenuta evasione). È chiaro che l’utilizzo delle presunzioni, se rafforzate sul piano documentale, può rendere molto incerto l’esito del contenzioso e pertanto il rischio di “sconfitta” anche in presenza di ipotesi che sembrano irragionevoli sul piano accertativo è comunque presente.

 

Da quanto sopra deriva il messaggio che si è voluto offrire: è il caso di analizzare con dovizia di particolari tutte le alternative possibili. Magari un piccolo sacrificio, seppur fastidioso, può evitare conseguenze di gran lunga spiacevoli, che si concluderebbero con un senso frustrante di aver subito una palese ingiustizia, non consolabile.

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi